venerdì 23 aprile 2010

LA DIPLOMAZIA TURCA PUNTA AI BALCANI

Gli ultimi mesi hanno rivelato l'interesse crescente della Turchia per i Balcani. Che la politica estera turca sia profondamente cambiata negli ultimi anni non è più una novità ed è anzi oggetto di studi e analisi per capire le sue dinamiche e i suoi obiettivi. Il governo islamico-moderato dell'Akp del premier Recep Tayyp Erdogan ha fatto della "profondità strategica" teorizzata dall'attuale ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu la dottrina a cui ispira la propria azione internazionale all'insegna dello slogan "Nessun problema con i nostri vicini". In questi mesi l'attenzione degli analisti e delle cancellerie è stata attratta dalle soprattutto dalle iniziative turche in un'area rovente come il Medio Oriente, con le tensioni con Israele e le aperture fin troppo affettuose all'Iran di Ahmadinejad. Meno curiosità ha suscitato invece l'interesse di Ankara per i Balcani e invece la cosa meriterebbe molta attenzione proprio nel momento in cui il negoziato per l'adesione della Turchia all'Unione Europea versa in uno stato quasi comatoso.

Il caso ha voluto, tra l'altro, che le iniziative di Ankara nei Balcani coincidano, anno più anno meno, con il centenario della fine del predominio ottomano sulla regione. Da questo punto di vista è interessante notare che mentre la Turchia odierna è un paese con un suo peso politico e diplomatico non indifferente, sostanzialmente democratico e con notevoli potenzialità economiche, importante membro della Nato e fedele alleato degli Stati Uniti, la realtà geopolitica dei Balcani assomiglia a quella determinatasi circa cento anni fa, dopo la fine dei grandi imperi, con la (ri)nascita di piccoli Stati, alcuni dei quali sottoposto al protettorato internazionale, e con i quali la Turchia condivide il progetto di integrazione nell'Unione Europea. E guarda caso, questi Stati, a parte la Croazia, il cui ingresso nell'UE è questione di un anno o due, sono proprio quelli appartenenti al cosiddetto "gruppo ottomano", ovvero Macedonia, Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Albania e Kosovo. Si tratta dei Paesi che per secoli hanno fatto parte dell’impero ottomano ed è naturale che proprio qui la Turchia stia portando avanti un’attività diplomatica piuttosto dinamica.

Al di là dei legami storici, la Turchia è impegnata soprattutto in iniziative concrete per contribuire alla stabilizzazione della regione. L'ingresso della diplomazia turca sulla scena balcanica avviene dopo il fallimento del vertice di Butmir, in Bosnia, dove il 9 ottobre scorso si è svolto un incontro organizzato da Unione Europea e Stati Uniti che avrebbe dovuto dare contribuire a sbloccare l'impasse politico-istituzionale e riavviare il processo delle riforme necessarie per l'integrazione europea in vista anche del superamento della rigida situazione disegnata dagli accordi di pace di Dayton del 1995. Questa coincidenza porta molti a domandarsi se dietro l’iniziativa turca non ci sia anche la sollecitazione di Washington. In ogni caso due cose sono da notare: la prima è che con la sua iniziativa balcanica Ankara, dopo Caucaso e Medio Oriente, si propone come attore geopolitico nel cuore stesso dell'Europa; la seconda è che la Turchia intende giocare una parte da protagonista nella partita in corso nei Balcani.

Di tutte queste questioni che qui ho cercato di sintetizzare parla un articolo pubblicato qualche tempo fa dalla rivista on-line Affari Internazionali, firmato da Miodrag Lekic, ex ambasciatore della Jugoslavia a Roma, attualmente docente presso le università "La Sapienza" e "Luiss - Guido Carli" di Roma.

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