giovedì 30 ottobre 2014

I BASTARDI DI SARAJEVO

Una città in balìa della corruzione, un Paese senza speranze di futuro, il fantasma del passato che torna dall’Italia
Il nuovo libro di Luca Leone, con prefazione di Riccardo Noury, introduzione di Silvio Ziliotto e postfazione di Eldina Pleho

“Io e te siamo musulmani per convenienza, corrotti per scelta, scaltri per divertimento, potenti per vocazione, Nihad… perché tu non sei migliore di me, rassegnati… sei il servo perfetto per il perfetto padrone…!”.

“La scrittura acre e tosta di Leone manda di morte e polvere da sparo e ci indirizza verso un’Ade balcanica senza ritorno e senza via d’uscita, ove la cartolina ridente della Bosnia Erzegovina e della pittoresca Sarajevo si scolora, accartoccia, annerisce, come buttata nelle braci ardenti del camino della Storia recente, per poi divenire velina nera e negativo evanescente che scompare in cenere”. (Silvio Ziliotto)

I bastardi di Sarajevo ringhiano forte, sia nel presente che nei ricordi del passato dei protagonisti del libro. C’è la crudeltà e la spregiudicatezza dei carnefici e la sofferenza taciuta delle vittime, soprattutto donne. La voglia di rivoluzione dei giovani e la saggezza rassegnata e ironica di un Professore. La brama sanguinaria di certi turisti e la ricerca di redenzione da parte di chi – come molti di noi – ha guardato da spettatore la guerra e non ha fatto ciò che doveva. I personaggi sfilano davanti al lettore sul palcoscenico decadente di una Sarajevo dai mille angoli bui, con l’autore che tesse una trama perfetta e avvincente fatta di soli dialoghi. Il teatro dei bastardi di Sarajevo non ha ancora calato il sipario.

“Non è un giallo, quello di Luca Leone. Il colore dominante de I bastardi di Sarajevo è il nero: non solo come genere letterario noir, quanto soprattutto come colore dell’umore del presente e prospettiva del futuro. La Sarajevo che Leone descrive è una Sarajevo ancora sotto assedio”. (Riccardo Noury)

“Al termine della lettura di questo libro, resta ancora uno spiraglio di luce per la disgraziata umanità bosniaca che, comunque, continua a resistere”. (Eldina Pleho)


LUCA LEONE (Albano Laziale, 1970), giornalista professionista e saggista, è laureato in Scienze politiche. È direttore editoriale e co-fondatore della casa editrice Infinito edizioni. Ha scritto e scrive per molte testate. Ha firmato, tra gli altri, per Infinito edizioni: Srebrenica. I giorni della vergogna, (2005-2011); Bosnia Express, Infinito edizioni (2010); Saluti da Sarajevo, 2011; Mister sei miliardi (2012); Fare editoria (2013).
Il suo blog: lucaleone.blogspot.com; Facebook: Luca Leone; Twitter: @LeoneBiH

mercoledì 29 ottobre 2014

SOLO NOI STESSI POSSIAMO RENDERCI EUROPEI O NON EUROPEI

Qui di seguito il testo del discorso che il premier albanese Edi Rama ha pronunciato la scorsa settimana ad una conferenza tenutasi presso l'Ambasciata italiana di Tirana. Si tratta di una serie di riflessioni sull'Europa di oggi, sui Balcani e sull'integrazione europea, dopo la conquista dello status di Paese candidato all'adesione da parte dell'Albania e anche attraverso quanto accaduto recentemente tra Serbia e Albania dopo la partita di calcio tra le due nazionali sospesa a causa degli incidenti scoppiati a causa del drone che ha portato in volo sullo stadio di Belgrado uno striscione nazionalista albanese.
Il testo è quello pubblicato sul sito di Osservatorio Balcani e Caucaso.

Voglio cominciare il mio discorso citando un grande europeista e amico degli albanesi, nonché amico mio. Si chiama Romano Prodi ed è un grande onore averlo qui con noi oggi: “Il fondamento dell’Europa era mettere insieme diversi Paesi per costruire qualcosa di nuovo, chiudere con la tragedia del passato, lavorare insieme, mettere le risorse in comune per costruire un futuro prospero e in pace. Oggi, il presente assorbe il senso del futuro e l’Europa della speranza è diventata l’Europa della paura”.
Credo che l’Europa della paura abbia molte sfaccettature e gran parte di queste ho potuto osservarle in prima persona. Come albanese e come balcanico mi sono sentito in dovere di difendere con grande vigore europeista l’Europa della speranza, davanti ad europei olandesi, inglesi, che l’Europa della paura faceva apparire scettici sull’allargamento stesso.
Ovviamente non ho niente contro olandesi e inglesi, perché di europei impauriti ve ne sono fino ai vertici politici di molti altri paesi membri dell’Unione europea. Invece, albanesi e balcanici disillusi dell’Europa unita, difficilmente li trovi, anche a cercarli nei caffè delle provincie più sperdute, dove bolle il caffè della politica albanese o balcanica, simili tra di loro.

martedì 28 ottobre 2014

COSA C’È SU RASSEGNA EST





Il voto ai tempi della guerra
Tutti i nostri articoli sulle elezioni politiche in Ucraina. Prospettive, analisi, ritratti dei protagonisti. Uno speciale

La Serbia slitta in recessione
La ripresa si allontana. Il paese torna a decrescere e il governo si prepara a tagliare, cercando al contempo l’ancora russa. 

Da qui al 2019Sono online i nostri grafici sulle previsioni macro da qui al 2019. Li abbiamo elaborati sulla base della banca dati del Fmi. Crescita, redditi individuali, debito e deficit, disoccupazione. Vai alla sezione

Basta austerity?
Che le recenti fatiche economiche inducano la Germania a puntare su consumi e spesa pubblica? Una riflessione di Matteo Ferrazzi per il periodico di Confindustria Bergamo.   

Obama vs Orban
Su Pagina 99 raccontiamo lo scontro diplomatico in corso tra Ungheria e Stati Uniti. Sullo sfondo i controversi rapporti Budapest-Mosca.   

Sechin e gli altri 
Al Forum eurasiatico di Verona, con Banca Intesa San Paolo tra i registi, invitato il numero uno di Rosneft. Le sanzioni europee hanno colpito sia lui che l’azienda. Era opportuno

Bulgaria.it
Cosa fanno gli imprenditori italiani a Sofia e dintorni? Da cosa sono attratti? Siamo andati a vederlo con i nostri occhi. Reportage

… 

APPUNTI 

Ungheria: la tassa sul web
La propone il governo ungherese. Fioccano le proteste. Lo racconta il Wall Street Journal.   

Est: il freno dei mutui 
Quelli non performanti, spiega Friedl News, sono uno degli ostacoli alla crescita di Europa centrale e Balcani. 

Slovacchia: l’acqua non si esporta
Vietato costituzionalmente l’export di acqua potabile. La notizia sull’Ansa

Polonia: la guerra del carbone 
L’Economist riporta di come l’Europa centrale, Polonia in testa, voglia a tutti i costi respingere il pacchetto comunitario volto a tagliare le emissioni di carbone. 

Serbia: addio Russia
La Serbia, quando entrerà in Europa, dovrà sulla carta rinunciare agli accordi doganali privilegiati con Mosca. Lo riporta Serbian Monitor.  

Bulgaria: il nuovo governo (a termine?)
Si va verso una coalizione di centrodestra, ma non senza problemi. Possibile il ritorno alle urne tra due anni, segnala il Wall Street Journal

Rep. Ceca: il tycoon sbanca ancora 
Il partito di Andrej Babis, l’uomo più ricco della Repubblica ceca, attuale ministro delle finanze, è il vincitore delle amministrative in Repubblica ceca. Un definitivo sdoganamento – si chiede East Journal – per un politico ritenuto fino a oggi un outsider? 

lunedì 27 ottobre 2014

CROAZIA: LA BOMBA DELL'ARRESTO DI BANDIC, L'UOMO PIU' POTENTE DI ZAGABRIA

Milan Bandic, il tuo uomo al lavoro per la Croazia
di Marina Szikora
E' esplosa come una bomba la notizia dell'arresto di Milan Bandic, uno dei politici piu' potenti della Croazia, per ben dodici anni sindaco della capitale Zagabria e principale sfidante dell'attuale presidente Ivo Josipovic alle scorse elezioni presidenziali. Contro il sindaco di Zagabria sono in corso le indagini per un gran numero di azioni corruttive che risalgono alla lontananza di diversi anni del suo incarico prestigioso e potenza politica intoccabile per cosi' lungo tempo. Ma la notizia dell'arresto del sindaco e poi tutto quello che adesso, di ora in ora viene alla luce del giorno cioe' appare sulle prime pagine di tutti i media croati non finisce soltanto come notizie spettacolari nazionali ma oltrepassa i confini come una realta' politica quasi senza precedenti.

Il giornale austriaco 'Tiroler Tageszeittung' ha scritto che l'Ufficio statale per la soppressione della corruzione (USKOK) conduce indagini contro il sindaco di Zagabria “a causa di un gran numero di azioni corruttive, abuso di ufficio e trattamento con potere”. Gli investigatori non volevano rivelare oltre ma la direzione delle indagini si puo' supporre. Oltre a Bandic sono stati arrestati anche il presidente della direzione Zagreb holding che unisce diverse ditte comunali, il capo di una ditta privata per i rifiuti e altre 16 persone. Il sindaco di Zagabria e' il politico di piu' alto rango arrestato finora perche' ancora al potere, scrive il quotidiano austriaco giustamente poiche' l'ex premier croato Ivo Sanader e' stato arrestato, incriminato e condannato a carcere da ex premier.

I media stranieri scrivono che nell'azione nominata “Agram” sono state arrestate tra 15 e 19 persone, manager e impiegati nelle principali aziende della capitale. Domenica scorsa sono state perseguite le case degli indagati mentre lunedi' gli uffici dell'amministrazione della citta' e il Zagreb holding. La giustizia croata, dopo l'arresto e la sentenza definitiva all'ex premier Ivo Sanader, con le indagini contro un altro politico di spicco ha nuovamente portato a titoli positivi. Al piu' giovane stato membro dell'Ue ha portato rispetto nei paesi vicini, BiH e Serbia dove, dopo l'arresto di Bandic nelle reti sociali e nei media tradizionali e' stato salutato l'avanzamento della Croazia nella lotta alla corruzione.

L'arresto del sindaco di Zagabria non e' stata una sorpresa per i collaboratori politici come nemmeno per i suoi oppositori, cio' nonostante sono stati in pochi a commentare e dare dichiarazioni sulla vicenda. L'organizzazione non governativa “Transparency international” ha dichiarato che l'arresto di Bandic e' “un epilogo di scandali che da anni si collegano con il suo nome”. E' da anni che Milan Bandic polarizza l'opinione pubblica croata. Attualmente politico indipendente, dal 2000, con una breve pausa, si trova a capo della capitale croata. Quasi dallo stesso periodo si continuava a parlare delle sue azioni e comportamenti illeciti. E lui li ha sempre rigettati come intrighi dei suoi avversari.

L'ascesa politica di Milan Bandic, 58 anni, e' iniziata una quindicina di anni fa. All'epoca membro del Partito socialdemocratico del defunto Ivica Racan, con degli accordi politici abili con l'HDZ conservativa e' riuscito a “dipingerne la capitale in rosso”, scrivono i media internazionali. Dopo che nel 2009 ha deciso da solo di candidarsi alle elezioni presidenziali, quando invece i socialdemocratici avevano deciso che il loro candidato sarebbe stato Ivo Josipovic, Bandic viene espulso dal Partito Socialdemocratico e da allora e' indipendente. Come noto, alle elezioni presidenziali di circa 5 anni fa, ha vinto l'attuale presidente Ivo Josipovic e da allora, il sindaco di Zagabria, a livello nazionale non ha avuto come candidato indipendente nessun successo. Ma nella capitale si': nel 2013 e' stato rieletto sindaco. La guida della capitale, dopo l'arresto di Bandic, è stata assunta dall'attuale vicesindaco Sandra Svaljek. Si tratta di una prestigiosa economista che non fa parte di nessun partito e che Bandic ha portato nella sua squadra alle ultime elezioni vinte. Per i media, Svaljek ha dichiarato che “in questo momento il piu' importante e' che la citta' continui a funzionare”.

Il giornale austriaco 'Der Standard', alla notizia dell'arresto, ha scritto che e' stato arrestato il maratoneta instancabile per sospetta corruzione. E ha precisato che la sua inquietudine e' leggendaria. Quando Miland Bandic non puo' dormire, allora la gente dei giornali gia' dalle sette di mattina deve essere pronta perche' lui vuole ad esempio aprire una nuova strada o qualcosa di simile a Zagabria.... e cosi' ogni giorno. Soltanto questo lunedi' era diverso. Il sindaco della capitale croata si e' svegliato questa vola nella procura statale per la lotta contro la corruzione...Adesso molti dicono che era soltanto una questione di tempo. Contro Bandic pendono centinaia di denunce, informa il giornale austriaco e aggiunge che molto su Bandic si puo' comprendere soltanto se si conoscono le sue origini.

Bandic proviene da un comune della Erzegovina, la regione della Bosnia Erzegovina dove in maggioranza vivono i croati. All'eta di 19 anni, nel 1974 e'arrivato a Zagabria per studiare, e' rimasto l'uomo della provincia che poi aveva condotto la politica della capitale come un'azienda di famiglia erzegovese riunendo intorno a se il suo clan ordinando, delegando e offrendo. Il suo successo lo poteva ringraziare agli altri della stessa parte della Bosnia Erzegovina che si sono trasferiti a Zagabria, soprattutto veterani dell'ultima guerra e profughi dai villaggi che attualmente vivono nelle periferie della capitale e si riconoscono nei suoi discorsi. Nel mondo di Bandic, scrive il giornale di Vienna, non vi e' trasparenza, soltanto dipendenza. Ma sono in molti a trarne vantaggio.

I zagabresi hanno perdonato al patrono perfino il fatto che dopo un incidente stradale a causa di ubriachezza era scappato dal luogo dell'indicente. Perche' anche se dimettendosi dall'incarico per questo motivo, soltanto tre anni dopo, e' stato rieletto sindaco. Il giornale aggiunge che anche la Chiesa cattolica croata era con lui in ogni caso. Bandic aveva corso perfino “la maratona della Madre di Cristo” dal suo villaggio nativo fino a Medjugorje, luogo conosciuto come luogo di pellegrinaggio religioso in BiH e questa maratona Bandic l'aveva dedicata “a tutte le madri” tra le quali c'erano soprattutto la sua ma anche sua moglie Vera dalla quale divorzio' nel 1996 per poi risposarla nel 2003. Molti credono che l'abbia fatto per procurarsi in modo piu' economico la loro casa.

Il testo è la trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in ondail 26 ottobre a Radio Radicale.

IL RINVIO DELLA VISITA DI EDI RAMA A BELGRADO

Edi Rama e Aleksandar Vucic
di Marina Szikora
Sara' dunque il 10 novembre invece del 22 ottobre il giorno della visita ufficiale del premier albanese a Belgrado. Allo stato attuale, e' stato superato cosi' il momento di massima tensione relativa ai disordini e provocazioni nella recente partita di calcio tra Serbia e Albania. La data della visita e' stata concordata dagli stessi due premier, Aleksandar Vucic e Edi Rama. Per il quotidiano serbo 'Blic', il premier serbo Vucic ha detto di essere soddisfatto con i suoi colloqui sul tema con Edi Rama. “Dobbiamo risolvere tutti i problemi attraverso colloqui, ma dall'altra parte il governo della Serbia doveva dimostrare di non permettere a nessuno di umiliare lo stato e il popolo” ha detto Vucic. Si dice, questo almeno i media serbi, che un grande ruolo nel raggiungere l'accordo ha svolto la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Il fatto del rinvio della visita del premier albanese a Belgrado, secondo fonti del governo serbo, scrive 'Blic', e' dovuto ad una posizione dura del governo serbo di non permettere alcun tipo di umiliazione della Serbia. Continuano ad esserci dissonanze per quanto riguarda i fatti che hanno causato l'incidente ovvero la provocazione con la bandiera della grande Albania allo stadio di Belgrado. Ma i due premier, Vucic e Rama hanno rilevato che non possono e non vogliono mancare all'occasione di incontrarsi e di lavorare sulla sostenibilita' della stabilita' regionale. I due premier hanno sottolineato che “e' arrivato il momento di girare una nuova pagina nelle relazioni politiche ed economiche tra la Serbia e l'Albania. Gli analisti, scrive sempre il quotidiano serbo 'Blic', ritengono che nonostante l'incidente, questa visita storica deve realizzarsi. Secondo gli analisti albanesi questa sarebbe l'occasione di alzare le relazioni tra i due paesi ad un livello piu' alto in tutte le sfere della vita, mentre gli esperti di Belgrado ritengono che una cancellazione definitiva della visita rappresenterebbe una totale sconfitta della diplomazia tedesca ed americana nel tentativo di controllare le vicende nei Balcani. Vucic e Rama hanno sottolineato che e' indispensabile proseguire il dialogo e il processo iniziato a Berlino lo scorso 28 agosto, durante la conferenza sui Balcani Occidentali perche' esso acconsentira' il miglioramento delle relazioni tra i due paesi, la regione ma anche l'intera Europa.

In Serbia l'incidente con la bandiere della Grande Albania viene vissuto come un alibi per tifare con tanto di razzismo e attacchi contro gli edifici di proprieta' non serba, afferma per la DW Aleksandar Sekulic dell'organizzazione Iniziativa dei giovani per i diritti umani in cui e' attivo dal 2005: negli ultimi giorni ha visitato una decina di edifici albanesi in Voivodina che sono stati incendiati e vandalizzati. Sekulic afferma che la visita di Edi Rama puo' contribuire al ridimensionamento delle tensioni anche se le relazioni tra Serbia ed Albania sono tali che difficilmente si puo' aspettare una svolta copernicana. Questa visita contribuira' sicuramente alle autorita' dei due stati di ottenere un voto positivo della Commissione europea, e' dell'opinione il rappresentante dell'organizzazione non governativa ma aggiunge che le dissonanze tra i funzionari ed i ministeri, i batti e ribatti sulle reti sociali lasciano una sensazione molto amara, persino con la visita di Rama. Il modo in cui il premier Aleksandar Vucic decide se ospitare il premier albanese o meno e annuncia la sua decisione, come sempre, il che rappresenta uno spettacolo consueto per il pubblico nazionale, manda un messaggio molto brutto – che un comportamento cosi' infantile e irresponsabile sia del tutto normale e accettabile, afferma Sekulic e osserva che l'opinione pubblica albanese maggiormente ignora il fatto che la mappa della Grande Albania non dovrebbe volare irrealmente sopra un campo di calcio come anche che i simboli della Grande Albania sono simboli che vanno vietati. 



Dall'altra parte in Serbia l'incidente con la bandiera viene vissuto come un alibi o giustificazione per tifare in modo razzista, per irrompere sul campo e per attaccare gli edifici di proprieta' non serba. La condanna ufficiale degli attacchi contro i panifici albanesi in Serbia e' arrivata tardi e il premier l'aveva relativizzata con il suo discorso sulla “brutale provocazione” rappresentata dalla bandiera, precisa Sekulic e aggiunge che un ruolo inevitabile a riaccendere l'atmosfera l'avevano un'altra volta i media. E i rapporti tra serbi e albanesi, afferma questo rappresentante della societa' civile, continuano ad essere sotto il piu' basso livello di normalita'. “Pare che Bruxelles sia estremamente soddisfatta proprio con la semplice firma delle carte e si fa ceca di fronte ai crescenti nazionalismi e tutto quello che lo accompagna (l'inesistenza dello stato di diritto, censura, capitalismo selvatico...) in Serbia e mi pare anche nei due stati albanesi”, e' dell'opinione Sekulic. Secondo lui, e' necessario costruire la fiducia in modo tale che gli albanesi smettano di vedere i serbi come loro colonizzatori, mentre i serbi devono smettere di considerare gli albanesi come dei violenti selvatici. A fin di questo bisogna lavorare con i media e riformare i sistemi di educazione. Sbagliano tutti quelli che ritengono si possa arrivare alla riconciliazione senza un riconoscimento formale dell'indipendenza del Kosovo e per poter farlo e' indispensabile il sostegno dei cittadini della Serbia alla modifica della Costituzione. Per molti aspetti delle relazioni serbo-albanesi oggi ci troviamo sul punto zero oppure siamo addirittura nel negativo, afferma Sekulic e per questo, rileva lui, e' necessario attuare tutto quello che e' stato concordato a Bruxelles tra la Serbia e il Kosovo, continuare il dialogo e allargare la lista di temi di cui discutere. Sekulic precisa che in Serbia, negli ultimi due anni, sono al potere senza ostacoli i partiti che hanno una vera leggittimita' nazionalista, cosi' anche il comportamento del premier della Serbia: un buon nazionalismo standard che appoggia l'adesione all'Ue e la collaborazione con i vicini ma che mantiene il diritto di infuriarsi e di sfogarsi se solo ci sono un po' di provocazioni. Il nazionalismo albanese, a differenza di quello serbo, non ha avuto una condanna universale e non ha subito una serie di sconfitte militari negli ultimi vent'anni e per questo e' cosi' forte l'euforia dei simboli con sfumature della Grande Albania in Kosovo, Albania e Macedonia.

Il ministro degli esteri della Serbia, Ivica Dacic, ha valutato come buono il fatto che e' stata rimandata la visita del premier albanese Edi Rama a Belgrado, scrive il quotidiano serbo 'Blic'. Secondo Dacic e' necessario placare le tensioni dopo gli incidenti della partita di calcio e bisogna superare questa situazione ma per superarla e' necessaria la volonta' politica che in Serbia c'e', afferma Dacic.

Il testo è basato sulla trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata inonda il 26 ottobre a Radio Radicale.

"QUI TIRANA"

Gli argomenti della corrispondenza di Artur Nura per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda a Radio Radicale il 26 ottobre


La prima parte della corrispondenza torna sulla crisi politica-diplomatica tra Serbia e Albania dopo gli incidenti scoppiati in occasione della partita di calcio tra le due nazionali a Belgrado a causa del drone fatto volare sullo stadio con una bandiera inneggiante alla "Grande Albania" e sull'evoluzione delle relazioni bilaterali dopo la decisione congiunta di rinviare la visita del premier albanese nella capitale serba. 

Nella seconda parte la situazione politicain Kosovo: il perdurare dello stallo tra le forze politiche, dopo le elezioni anticipate di giugno, che impedisce la formazione di un nuovo governo, i riflessi negativi sulla situazione economica e sul processo delle riforme, la pressioni di Bruxelles e Washington per superare l'impasse.

PASSAGGIO IN ONDA

E' on-line la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 26 ottobre 2014.
La trasmissione e' ascoltabile direttamente qui di seguito oppure sul sito di Radio Radicale.



Sommario della trasmissione


Croazia: la "bomba" politica dell'arresto di Milan Bandic, uno dei politici più potenti del paese, per 12 anni sindaco di Zagabria, già candidato alle ultime presidenziali dove fu sconfitto da Ivo Josipovic.

Serbia e Albania: gli sviluppi della crisi politica dopo gli incidenti in occasione della partita di calcio fra le due nazionali a Belgrado; il rinvio della storica visita del premier albanese Edi Rama nella capitale serba; le prospettive delle relazioni bilaterali.

Kosovo: il permanere dello stallo politico ha spinto Unione Europea e Usa a fare pressione sulle forze politiche del Paese per uscire dalla crisi che impedisce la formazione di un governo a 4 mesi e mezzo dalle elezioni.

Nell'ultima parte del programma, con Matteo Tacconi, giornalista e coordinatore del portale Rassegna Est, parliamo di"Verde cortina", il viaggio da lui compiuto la scorsa promavera con il fotografo Ignacio Maria Coccia lungo la ex cortina di ferro 25 anni dopo la caduta del muro di Berlino e che ora è diventato un libro.

In apertura un un breve profilo della situazione politica in Ucraina alla vigilia del voto, in attesa dei risultati delle elezioni parlamentari.

La trasmissione, realizzata con la collaborazione dei corrispondenti Marina Szikora e Artur Nura, è ascoltabile direttamente qui


sabato 25 ottobre 2014

L'UCRAINA DOMANI AL VOTO: POCHE CERTEZZE E MOLTI RISCHI

Le elezioni parlamentari anticipate di domani in Ucraina sono il primo test per il presidente Petro Poroshenko, che si presenta con il Blocco che porta il suo nome, un'alleanza costituita dal suo partito
"Solidarietà" e da "Udar" di Vitaly Klitschko. Dopo il trionfo alle presidenziali di maggio, i sondaggi attribuiscono al capo dello Stato un risultato tra il 30-40%, a seconda degli istituti. Se, dunque, non ci dovrebbero essere sorprese sul vincitore, molta più incertezza c'è su quali partiti riusciranno a passare la soglia di sbarramento del 5% per entrare nella Rada e su quale panorama politico si presenterà dopo il voto. La formazione di una nuova maggioranza governativa potrebbe inoltre rivelarsi complicata e Poroshenko potrebbe essere costretto ad affidarsi a vecchi o nuovi partner. Anche per il premier Arseni Yatseniuk la tornata elettorale di domani è un banco di prova cruciale dopo quasi otto mesi di governo. Yatseniuk, che è arrivato alla guida del governo alla fine dello scorso febbraio sull'onda della rivolta di Maidan ma senza la legittimazione del voto popolare, si presenta agli elettori con una nuova formazione, il Fronte popolare (dato al 6-7%), nata dalla scissione di Patria, il partito di Yulia Tymoshenko (a sua volta accreditata dai sondaggi di un risultato tra il 6 e l'8%).

In questi mesi, le strade di Poroshenko e di Yatseniuk si sono via via allontanate soprattutto per quanto riguarda la politica estera e le relazioni con Mosca. Il presidente ha cercato, pur con molti stop&go, l'accordo diretto con Putin per risolvere la situazione nel Donbass; Yatseniuk ha invece spinto sul sentimento antirusso e, di fronte ad un elettorato moderato che guarda a Poroshenko, ha cercato di pescare voti nell'area nazionalista dove però hanno peso altri personaggi, a partire da Oleg Lyashko (la cui formazione è data dai sondaggi tra l'8 e il 12%). Il grande interrogativo riguarda dunque l'orientamento del prossimo governo e il nome del nuovo primo ministro, che non sarà necessariamente Arseni Yatseniuk. I conti saranno fatti dopo il voto, ma il rischio è che si ripresentino gli stessi problemi che caratterizzano il sistema politico ucraino dalla rivoluzione arancione di 10 anni fa. Con il potere esecutivo diviso tra presidente e premier, in base alla Costituzione adottata a marzo di quest'anno sul modello di quella del 2004, se dalle elezioni non emergesse una chiara maggioranza di governo, il rischio di uno stallo istituzionale è quanto mai concreto.

Dopo la rivoluzione che ha spazzato via Viktor Yanukovich il sistema oligarchico che controlla la politica e l'economia dell'Ucraina è rimasto sostanzialmente intatto. La campagna elettorale, condizionata inevitabilmente dal conflitto nel sud-est del Paese, ha approfondito le fratture tra i partiti di governo che, quand'anche fossero ricucite dopo il voto, corrono il rischio di riaprirsi in ogni momento a causa della situazione del Donbass. Le elezioni politiche anticipate di domani, del resto, sono state determinate la scorsa estate proprio dall'abbandono della maggioranza da parte dei nazionalisti di Oleg Tiahnybok e del partito "Udar" di Vitaly Klitschko che hanno tolto il sostegno al governo Yatseniuk. Il sistema elettorale, con la distribuzione maggioritaria di metà dei seggi, consentirà l'ingresso in parlamento di un gran numero di deputati per così dire indipendenti, legati spesso e volentieri ai poteri forti, che alla luce dei numeri andranno poi a sostenere uno schieramento piuttosto che l'altro. La sfida per Poroshenko sarà dunque quella di riuscire a formare una maggioranza omogenea e solida per realizzare le indispensabili riforme politiche ed economiche di cui il paese ha assoluto bisogno.

giovedì 23 ottobre 2014

BOSNIA: TRE ANALISI SUL VOTO DEL 12 OTTOBRE

Le elezioni del 12 ottobre in Bosnia Erzegovina hanno toccato praticamente tutte le istituzioni elettive del Paese. I 3.278.908 cittadini aventi diritto al voto (2.037.076 nella Federacija BiH, l'entità croato-bosgnacca, e 1.241.832 nella Republika Srpska, l'entità a maggioranza serba) erano chiamati a eleggere i 3 presidenti della presidenza nazionale tripartita, il presidente e 2 vicepresidenti della Republika Srpska, 42 parlamentari del parlamento nazionale, 83 parlamentari della RS, 98 membri del parlamentari e 289 rappresentanti cantonali della Federacija. In tutto 518 posti per i quali i candidati in lizza erano 7.748 (3.276 donne; 4.472 uomini) riuniti in 98 tra partiti, coalizioni e candidati indipendenti. Questo diluvio di numeri è il frutto dell'assetto istituzionale determinato dagli accordi di pace di Dayton che nel 1995 posero fine al conflitto fotografando la situazione sul terreno. E sono proprio quegli accordi che hanno determinato una situazione politico-istituzionale che appare ormai senza via d'uscita e che sta allontanando sempre più il Paese dalla prospettiva dell'integrazione in quella Unione Europea che ha essa stessa responsabilità nella situazione.

Qui di seguito tre interessanti commenti usciti nei giorni scorsi sull'esito del voto in Bosnia del 12 ottobre

La Bosnia di ieri
Andrea Oskari Rossini, Osservatorio Balcani e Caucaso, 13 ottobre 2014

Così la Bosnia torna al 1990
Rodolfo Toè, Il Foglio, 14 ottobre 2014

Il pantano politico bosniaco
Matteo Tacconi, Rassegna Est, 20 ottobre 2014

"VERDECORTINA": IL VIAGGIO LUNGO LA EX CORTINA DI FERRO RACCONTATO ANCHE IN UN LIBRO

"Verdecortina" è il racconto di un viaggio lungo la ex "cortina di ferro" compiuto da Matteo Tacconi, giornalista, saggista e coordinatore del portale Rassegnaest.com, insieme al fotografo Ignacio Maria Coccia, per raccontare come è cambiato quello che per quasi mezzo secolo fu il confine tra due Europe e i due sistemi politici e ideologici che facevano riferimento da una parte agli Usa e dall'altra all'Urss. Quella linea di confine che correva dal Baltico all'Adriatico, da Lubecca a Trieste, e che avrebbe potuto diventare la linea del fronte in caso di conflitto aperto tra i due blocchi, era segnata da reticolati e torrette di sorveglianza e vigilata da guardie armate e divideva profondamente l'Europa uscita a pezzi dalla seconda guerra mondiale: di quella divisione il muro di Berlino fu il simbolo più forte e drammatico.
Il viaggio di Tacconi e Coccia, realizzato venticinque anni dopo la caduta del muro, racconta come oggi la "cortina di ferro", per una serie di fortunate circostanze, si sia trasformata in una "cortina verde" di parchi e aree protette e di come la frontiera sia diventata più labile grazie alla riunificazione tedesca e all'allargamento dell'Unione Europea a est. Ed è lungo questa "cortina verde" che oggi si intrecciano memorie e ricordi, dimenticanze e rimozioni, nuove realtà e nostalgie.
Ora quel viaggio, dopo essere stato raccontato su Verdecortina.com e anche a Radio Radicale, è diventato un libro pubblicato grazie ad una campagna di fund raising e distribuito online.

L'intervista a Matteo Tacconi per Radio Radicale




Il sito ufficiale di Verdecortina

La pagina speciale realizzata da Radio Radicale con il racconto del viaggio

Lo Speciale di Passaggio a Sud Est dedicato al viaggio


mercoledì 22 ottobre 2014

MILIARDARIO GRECO SI PRENDE L'OROLOGIO DEL BIG BEN

Un miliardario greco ha asportato l'orologio del Big Ben per portarlo in salvo e preservarlo dallo smog londinese. Di restituirlo per farlo tornare al suo posto non se ne parla proprio: al massimo è disponibile a prestarlo "per alcuni giorni". E' l'ultima trovata della campagna "Bring them back" che sostiene la restituzione delle sculture del Partenone portate a Londra oltre due secoli fa e custodite al British Museum.
Dopo un finto telegiornale in cui viene data la notizia della scomparsa dell'orologio dal Big Ben e intervistato il magnate greco che lo tiene nel giardino della sua villa, il video diventa serio e chiede agli spettatori: "Avete trovato questa storia divertente ma assurda? In realtà è esattamente ciò che la Grecia ha subito. Circa 200 anni fa l'ambasciatore inglese Lord Elgin, ha fatto tagliare e rimuovere un numero significativo di sculture di inestimabile valore storico e archeologico dal Partenone. La maggior parte di queste sono ora custodite al British Museum che si rifiuta di restituirle".

 
Lo scopo della campagna è chiaro e molto preciso: "Migliaia di pezzi di antichità greche sono ospitati al British Museum - è spiegato sul sito - La nostra campagna non chiede la restituzione di quelli. Chiediamo il ritorno delle sculture del Partenone in Grecia e la riunificazione del monumento. Noi utenti di Internet possiamo mobilitare l'opinione pubblica internazionale. Il nostro obiettivo può essere raggiunto in questo modo. Credi che questo sia giusto? Se sì, contribuisci perché questo obiettivo diventi realtà. la tua: "Riportiamoli indietro!".

lunedì 20 ottobre 2014

LA VISITA DI VLADIMIR PUTIN A BELGRADO

Nazionalisti serbi festeggiano Putin a Belgrado (Foto Afp)
Di Marina Szikora
Lo abbiamo anticipato in diverse occasioni, questo evento cosi' atteso e preparato nel minimo dei dettagli - niente ha potuto guastare le sei ore quasi divine della presenza di Vladimir Putin a Belgrado. Nemmeno le vicende piu' che sconvolgenti con conseguenze ancora incerte della recentissima partita di calcio tra la Serbia e l'Abania a Belgrado, a praticamente soltanto un giorno dall'arrivo dell'ospite preferito della Serbia. Il presidente russo, Vladimir Putin e' arrivato a Belgrado per partecipare alla parata militare “Un passo del vincitore” in occasione del 70ennario della liberazione di Belgrado dal fascismo. Sulle strade di Belgrado cerano circa 100.000 cittadini e l'evento e' stato trasmesso dalla TV statale. Ad accompagnare Putin c'era una vasta delegazione russa di circa 150 persone. “La Serbia e la Russia hanno molto in comune nel passato, e davanti a loro vi e' un buon futuro” ha detto Putin durante il suo incontro pubblico con il suo collega serbo, Tomislav Nikolic. Parlando, inevitabilmente, del Kosovo, la cui indipendenza la Russia continua a non riconoscerla, Putin ha sottolineato che sul Kosovo Mosca ha una posizione di principio che si basa non soltanto sulle relazioni di amicizia tra i due paesi, Serbia e Russia, bensi' sul diritto internazionale. “Appoggiamo la Serbia ed e' nostra intenzione di continuare a farlo” ha rassicurato Putin i suoi ospiti.

Il presidente serbo Tomislav Nikolic da parte sua ha detto che la Serbia vede in Russia il suo grande alleato, collaboratore e partner e che non mettera' a repentaglio la sua morale con nessun tipo di mal comportamento nei confronti della Russia. Nikolic ha valutato che la Serbia oggi non ha nemici, bensi' amici piccoli e grandi mentre la Russia la vede come un grande amico. Il presidente serbo ha indicato anche la comune radice slava che collega i due stati, la lingua, religione ortodossa, tradizione e cultura come anche il fatto che i due paesi erano sempre dalla stessa parte. Durante l'incontro con il premier serbo, Aleksandar Vucic, si e' detto che la Serbia non dimentichera' mai la partecipazione delle truppe russe nella liberazione della capitale serba nonche' il grande numero di vittime cadute per la liberta' di Belgrado e della Serbia. Va detto che nella parata militare svoltasi davanti a Putin e tutte le massime cariche dello stato serbo e davanti ai numerosi cittadini, partecipavano circa 4.500 membri di tutte le forze dell'Esercito della Serbia nonche' i 29 MIG del gruppo russo “Strizi”. Si e' trattato della prima parata militare organizzata a Belgrado dopo il lontano 1985.

L'opposizione serba ha insistito molo sul rendere pubblico i dettagli delle spese di questa visita, ma finora non ci sono state risposte da parte delle autorita' del paese. I critici concordano che l'organizzazone di una parata militare di questo tipo e in onore di Putin in questo momento e' inutile, soprattutto se si ha in mente la grave situazione economica in cui si trova la Serbia, ha scritto in vista della visita l'agenzia di stampa austriaca APA sottolineando il fatto che da novembre prossimo i salari dei dipendenti nel settore pubblico saranno ridimensionati del dieci per cento ma anche le pensioni perche' il governo serbo non puo' fare altro che continuare con le misure di risparmio. Non la pensa cosi' il premier serbo Vucic quando ha informato i suoi cittadini che il presidente Putin ha accettato la sua richiesta che la Serbia esporti una certa quota delle Fiat alla Federazione Russa. Vucic ha aggiunto che e' stata accordata inoltre l'esportazione dei prodotti di latte e formaggio dalla Serbia alla Russia il che, ha detto il premier serbo, e' molto importante per l'agricoltura serba. Questo, ha aggiunto Vucic, fara' aumentare lo scambio commerciale e il presidente Putin, durante i colloqui, ha avuto comprensione per gli operai serbi.

Vucic ha ribadito che la Serbia “si trova sul cammino verso l'Ue” e che non rinuncia a questo cammino ma la Serbia, al tempo stesso, e' grata alla Russia perche' essa comprende questa via della Serbia e rispetta anche la sua integrita' territoriale. Secondo le parole di Vucic, la Serbia ha dimostrato di essere amica della Russia anche quando non e' facile esserlo e che non ha introdotto le sanzione quando invece l'Ue lo ha fatto. Queste sanzioni, ha ribadito Vucic, le puo' introdurre un altro governo, ma questo governo della Serbia non lo fara'. Il premier serbo ha osservato che nel 2015 la Serbia assumera' la presidenza all'OSCE ed e' importante fino a quel momento dimostrare di essere in grado ad operare “a fin di risolvere i problemi nel mondo”. Il culmine dei ringraziamenti a Vladimir Putin a Belgrado e' stata la consegna delle onorificenze serbe. In questa occasione il presidente della Serbia Nikolic ha detto che la comune storia gloriosa della Serbia e Russia e' permanente e un legame insolvibile di fratellanza, amicizia che c'era da sempre, c'e' e ci sara' come orgoglio dei due stati e popoli e “per il benessere di ogni uomo di buona volona' nel mondo”. E' stato annunciato inoltre che la Serbia rivelera' a Belgrado un monumento all'imperatore russo Nikolaj Secondo Romanov il quale aveva salvato dalla distruzione l'esercito serbo e il popolo profugo, ha precisato Nikolic. Ha ricordato anche che durante il primo anno della Grande guerra i russi avevano mandato le navi militari e i suoi soldati a difendere la Belgrado sul fiume Sava e Danubio come se lottassero sulla Volga e sul Don. “La terra bagnata dal sangue comune e' un terra molto comune, la terra bagnata dal comune sangue dei difensori, e' una cosa sacra per i suoi eredi”, ha detto Nikolic. Ha aggiunto che anche 70 anni fa, spalla a spalla, partigiani e rosso armei aveano liberato ogni strada, ogni edificio di Belgrado lasciando il mitico segno “Min njet”.

Cosi' il presidente Putin ha ricevuto dal suo omologo serbo la piu' alta onorificenza dello stato. Rivolgendosi al presidente russo, Nikolic ha detto che questa onorificenza “e' sparso di sangue e lacrime del nostro popolo sofferente, colpito dalle armi che il soldato serbo portava nelle guerre”. E ornando l'ospite russo, il presidente della Serbia ha detto: “Portatelo come segno di ringraziamento del mio paese per ogni soldato del vostro paese che dalla Prima e Seconda guerra e' tornato dalla Serbia in Russia oppure, purtroppo, e' rimasto per sempre da noi. Portatelo come segno di ringraziamento per tutto quello che avete fatto e ancora oggi state facendo voi e il vostro popolo affinche' la Serbia in pace e liberta' possa salvaguardare la sua sovranita' e integrita' territoriale e possa progredire in tutti i segmenti della vita”.

Per quanto riguarda Bruxelles, cosi' i media serbi, il commissario europeo per l'allargamento uscente, Stefan Füle ha detto ancora in vista dell'arrivo di Putin a Belgrado che questa visita non dovrebbe preoccupare nessuno in Europa e che la Serbia ha dimostrato chiaramente e a piu' riprese il suo orientamento europeo. Esso non puo' essere messo a repentaglio o cambiato a causa di una visita, ha detto Füle. Il suo successore, Johannes Han ha affermato invece che se la Serbia vuole diventare stato membro dell'Ue, deve esaminare attentamente la sua decisione di non appoggiare le sanzioni dell'Unione contro la Russia e con lo stesso messaggio si e' fatto vivo anche il capo della delegazione UE a Belgrado, Michael Dewenport. Il quotidiano serbo 'Blic' scrive che secondo le parole di un funzionario Ue che voleva rimanere anonimo, Bruxelles con sempre maggiore preoccupazione segue l'avanzamento della Russia nei Balcani Occidentali il che viene vissuto come una minaccia alla stabilita' e alle integrazioni europee di questa regione. La stessa fonte ha dichiarato per il giornale serbo che “l'aiuto russo ha sempre un suo prezzo” e ha avvertito che bisogna ricordarsi i casi della Bielorussia e del Kazakhistan che con la Russia sono entrati a far parte della zona dello libero scambio.

Giorni fa, con il premier Vucic ha parlato anche il vicepresidente americano, Josepf Biden sul tema dell'appoggio di Washington alle riforme che si trovano davanti alla Serbia. La stampa serba afferma che il tema della visita di Putin a Belgrado non e' stata sul tappeto ma ci sono state le osservazioni dell'ex stretta collaboratrice del presidente americano, Karen Donfried che nella visita non c'e nulla di contestabile, ma che la comunita' internazionale seguira' con grande attenzione i messaggi che vi saranno espressi. L'ambasciatore americano in Serbia, Michael Kirby si e' occupato altrettanto di questa visita chiedendo sul perche' dell'arrivo di Putin a Belgrado quando si sa che la capitale serba e' stata liberata dalla Terza armata ucraina come parte dell'Armata rossa e entrando cosi' in polemica con l'ambasciatore russo a Belgrado, Cepurin.

Tutto sommato, gli analisti serbi considerano la visita del presidente russo come utile, soprattutto a causa degli accordi firmati. Il professore delle scienze politiche di Belgrado e commentatore politico, Predrag Simic ha valutato che la visita di Vladimir Putin ha un carattere “altamente simbolico” e ha rilevato che il livello delle relazioni tra Belgrado e Mosca sono in questo momento ad uno dei suoi culmini storici. Secondo questo ben noto esperto politico serbo, i messaggi di Putin a Belgrado sono molto importanti e oltrepassano la cornice delle relazioni bilaterali perche' riguardano l'intera regione e soprattutto l'Occidente. Questi, ha detto Simic, sono i primi messaggi che Putin manda al mondo, all'Ue e agli Stati Uniti dopo l'introduzione delle sanzioni e sempre secondo Simic saranno oggetto di molta attenzione. Tuttavia, e' stato notato che alla parata militare non c'erano molti diplomatici occidentali, soprattutto quelli piu' alti e questo in un certo modo parla della posizione degli Stati Uniti e della maggior parte dei paesi membri dell'Ue, ha constatato il professor Simic. Secondo gli analisti, quello che pero' non e' stata una buona notizia per la Serbia e' il fatto che Putin ha detto esplicitamente che per il South Stream ci deve essere una volonta' di tutte le parti.

Putin ha detto che paesi come la Serbia possono e devono occupare un posto sul mercato russo e ha annunciato che se verranno realizzati gli accordi firmati giovedi' a Belgrado, lo scambio commerciale tra la Russia e la Serbia potra' ben presto essere quello di 500 milioni di dollari. Sul gasdotto South Stream, Putin ha detto che e' come nell'amore: puo' essere felice soltanto se entrambi i protagonisti di questo processo meraviglioso continuino i loro rapporti. “Non possiamo costruire il gasdotto di un valore di oltre miliardi di dollari da soli se i nostri partner questo non lo vogliono” ha detto Putin ricordando che circostanze simili ci sono state anche all'inizio della costruzione dl Nord Stream mentre adesso tutti ne sono interessati.

Il testo è tratto dalla trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 19 ottobre a Radio Radicale

LA BOSNIA ERZEGOVINA DOPO LE ELEZIONI: MOLTA DELUSIONE, NESSUN PASSO AVANTI

Di Marina Szikora
Il risultato delle elezioni del 12 ottobre in Bosnia Erzegovina desta poca speranza nella possibilita' di miglioramento della situazione economica e politica in Paese. Cosi' aveva prospettato nel suo commento Benjamin Pargan, redattore della edizione della Deutsche Welle in lingua bosniaca in vista delle elezioni politiche. Ed era tra i molti a pensarlo cosi'. I risultati post elettorali non hanno dato i numeri per contestarlo.

Le elezioni dello scorso 12 ottobre hanno riguardato tutti livelli del potere: la presidenza tripartita a rotazione della Bosnia Erzegovina, il Parlamento centrale, il Parlamento della Federazione di Bosnia Erzegovina (l' entita' a maggioranza bosgnacca e croata), il presidente e il vicepresidente della Republika Srpska (l'entita' a maggioranza serba), il Parlamento popolare della Republika Srpska e il Parlamento dei Cantoni della Federazione. Alle elezioni hanno partecipato in tutto 98 soggetti politici, vale a dire 50 partiti, 24 coalizioni e 24 candidati indipendenti. Sono stati precedentemente registrati 3.278.908 aventi voto e secondo i dati della Commissione elettorale centrale elettorale (Cik), sono stati accreditati circa 50.000 rappresentanti di lista dei soggetti politici concorrenti e 5.760 osservatori internazionali e di organizzazioni non governative. Secondo la CIK, tra le irregolarita' rilevate c'è stata, tra l'altro, la presenza nei registri degli aventi diritto al voto di persone morte prima della chiusura delle liste. Su questo fatto la Cik chiedera' un rapporto all'Agenzia nazionale per l'identificazione dei documenti e lo scambio di dati.

“Una collezione assurda delle anomalie politiche in combinazione con una lunga lista di fenomeni sociologici ben lontani da ogni logica e ragione. Cosi' in parole povere il resoconto delle elezioni nel paese con una sistema politico complicatissimo e assolutamente inefficace in tutta l'Europa”, commenta la Deutsche Welle tedesca e indica che ad esempio i classici temi economici durante la campagna elettorale avevano un ruolo secondario. Anche se i piu' importanti parametri dello sviluppo economico sono catastrofici. Va detto che il numero di disoccupati e' tra gli allucinanti 50 e 70 per cento, dipendentemente dalle fonti statistiche. Investimenti diretti dall'estero sono da anni ad un livello molto basso e gli investitori potenziali sono maggiormente preoccupati a causa del governo inefficace e corrotto, mentre l'infrastruttura non e' per niente sviluppata. La DW precisa che nonostante queste emergenze reali del paese, i politici di tutti i gruppi etnici durante la campagna elettorale avevano giocato sulla solita carta etnopolitica riuscendo cosi' a girare l'attenzione dei cittadini sui temi che anche alle precedenti elezioni si sono dimostrati soltanto come un'arma letale della retorica nazionalista. In effetti, si commenta, si tratta di lotte insensate ed inutili tra i gruppi etnici.

Purtroppo, un'altra volta cosi'. E la DW si giustifica affermando che proprio per questi motivi, i cittadini aventi voto della Bosnia devono accettare certe critiche. L'ingenuita' politica, un nazionalismo accecato, insufficiente comprensione dei processi democratici sono soltanto alcune di queste critiche e sono del tutto giustificate. Dopo queste elezioni, si afferma, la maggior parte degli elettori sono diventati complici di una tale casta politica. Perche' in sostanza, le elezioni sono trascorse liberamente, la popolazione aveva l'occasione di informarsi sufficientemente e di scegliere liberamente. Tuttavia non sarebbe giusto addossare la colpa soltanto agli elettori per la stagnazione che adesso e' stata confermata anche ufficialmente e democraticamente, conclude la DW.

Il commento del 'Tageszeitung' di Berlino e' invece che l'Unione Europea e' stata sconfitta nel suo stesso protettorato. In una delle analisi molto dure della stampa tedesca sulle elezioni in Bosnia Erzegovina si afferma che e' l'UE, e non il corpo elettorale, colpevole per il fatto che non vi e' progresso. 'Tageszeitung' scrive che la Bosnia adesso e' piu' lontana dall'Europa come mai prima. Non ci sono le riforme politiche ed economiche necessarie e aggiunge che la realta' bosniaca e' triste:  nel paese ci sono piu' politici che in qualsiasi altro paese dell'Europa. Si osserva che l'amministrazione statale e' corrotta e funziona minimamente, e siccome vi e' una quasi totale disindustrializzazione, non si puo' parlare nemmeno di economia in termini veri e propri. L'UE non e' soltanto un partner commerciale della Bosnia Erzegovina, anche la politica della Bosnia si decide a Bruxelles, afferma il 'Tageszeitung'.

Il giornale svizzero 'Neue Züricher Zeitung' osserva che i rappresentanti di tre gruppi etnici seguono gli obbiettivi che sono diametralmente opposti: mentre i bosgnacchi si impegnano per il rafforzamento delle istituzioni statali, i serbi non cedono al diritto all'autonomia. I croati tendono invece alla formazione di una terza entita'. Paragonata con la Croazia che dal luglio 2013 e' stato membro dell'UE e con la Serbia che a gennaio di quest'anno ha iniziato i negoziati di adesione, la Bosnia sta sempre di piu' indietro. Il Fondo monetario internazionale a causa della mancanza di riforme nel sanare il bilancio ha sospeso il suo programma di aiuti. L'isolamento della Bosnia in tutti i settori continua” conclude 'Neue Züricher Zeitung'.

Il testo è tratto dalla trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 19 ottobre a Radio Radicale

"QUI TIRANA": LA CORRISPONDENZA DI ARTUR NURA

Gli argomenti della corrispondenza di Artur Nura per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda a Radio Radicale il 19 ottobre


La corrispondenza è stata interamente dedicata al crisi politica-diplomatica tra Serbia e Albania dopo gli incidenti scoppiati in occasione della partita di calcio tra le due nazionali, valevole per le qualificazioni a Euro 2016, a causa del drone fatto volare sullo stadio Partizan di Belgrado con una bandiera inneggiante alla "Grande Albania". Le accuse delle autorità serbe e le reazioni di quelle albanesi, i rischi per la storica visita a Belgrado del premier albanese Edi Rama, i rimandi alla storia dei Balcani.


PASSAGGIO IN ONDA

E' on-line la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 19 ottobre 2014.
La trasmissione e' ascoltabile direttamente qui di seguito oppure sul sito di Radio Radicale.



Sommario della trasmissione


Grecia: intervista a Dimitri Deliolanes, corrispondente dall'Italia, il crollo della borsa, la situazione politica con le possibilità di elezioni anticipate a breve, Syriza primo partito, differenze e analogie con la situazione italiana;. 
Serbia: la visita ufficiale del presidente russo Vladimir Putin a Belgrado per le celebrazioni del 70° della liberazione dall'occupazione nazista, reazioni, commenti e analisi. 
Energia: in un rapporto della Commisione Europea le preoccupazioni per le debolezze dei Paesi balcanici in caso di diminuzione o chiusura delle forniture russe all'Europa. 
Albania: rimane alta la tensione con la Serbia dopo i gravi incidenti in occasione della partita tra le due nazionali provocati dal volo di un drone con la bandiera della "Grande Albania". 
Bosnia Erzegovina: i commenti e le analisi in Europa sulle elezioni del 12 ottobre che hanno confermato la situazione di stallo politico e istituzionale del Paese. 

Il ricordo di Antonio Russo, assassinato 14 anni fa in Georgia mentre seguiva la guerra in Cecenia, e di Sergio Stanzani ad un anno dalla scompars.

La trasmissione, realizzata con la collaborazione di Marina Szikora e Artur Nura, è ascoltabile direttamente qui