giovedì 11 aprile 2013

LA SERBIA DICE 'NO' ALLA SOLUZIONE DI BRUXELLES PER IL KOSOVO


Di Marina Szikora [*]
Il governo serbo, dopo l'attesa durata praticamente dal momento in cui e' stato terminato l'ultimo, ottavo giro di negoziati tra Belgrado e Priština a Bruxelles, ha respinto all'unanimita' la soluzione proposta per il Kosovo e ha subito riproposto un proseguimento urgente del dialogo con Priptina, sempre con la mediazione dell'Ue.
"Il governo della Serbia non puo' accettare i principi proposti che sono stati presentati a Bruxelles in forma orale al team negoziale di Belgrado poiche' non garantiscono la piena sicurezza, sopravvivenza e protezione dei diritti umani dei serbi in Kosovo. L'accordo basato su questi principi non e' attuabile e la sua accettazione non porterebbe ad una soluzione definitiva e sostenibile come nemmeno al superamento dell'attuale situazione in Kosovo ha detto il premier serbo Ivica Dačić alla riunione del suo governo che e' stata aperta ai media. Nella conclusione si indica che il Governo conferma l'impegno di arrivare attraverso il dialogo, in via pacifica, ad una soluzione sostenibile che rappresentera' una base solida per costruire la pace duratura e sicurezza per tutta la gente che vive in Kosovo. Alla riunione del governo serbo hanno partecipato tutti i vicepresidenti del governo e ministri. Altrettanto presenti i direttori degli uffici del Governo per il Kosovo e le integrazioni europee, Aleksandar Vulin e Milan Pajević nonche' il governatore della banca centrale, Jorgovanka Tabaković. Va detto che la proposta al governo di non firmare l'accordo sul Kosovo offerto a Bruxelles e' stata sollevata da parte del maggiore partito della coalizione governativa, il Partito Serbo del Progresso di cui il vicepremier Aleksandar Vučić e' il leader.

I rappresentanti politici dei serbi del nord del Kosovo hanno dato altrettanto pieno appoggio all'unanimita' ai vertici della Serbia esprimendo le loro aspettative che i prossimi negoziati sul Kosovo, che loro ritengono regione, diano risultati non contrari agli interessi dei serbi in Kosovo e che non minaccino gli interessi statali.
Ad una conferenza stampa congiunta a Kosovska Mitrovica, i rappresentanti dei partiti politici del nord del Kosovo hanno salutato la decisione del Governo della Serbia a chiedere il proseguimento del dialogo e di cercare un soluzione sostenibile per il Kosovo. Hanno sottolineato che non c'e' bisogno di creare nessun tipo di panico tra i cittadini al nord del Kosovo rilevando che e' compito dei politici ad abbassare le tensioni e che tutti devono continuare il loro consueto lavoro. Nel caso di eventuali violenze bisogna attingersi ad una pacifica soluzione di tutti i problemi. Si spera che la Kfor non permettera' escalation di violenze. Secondo i rappresentanti dei serbi al nord del Kosovo la decisione del governo serbo e' stata un atto responsabile e un "no" dei vertici serbi "ai ricatti, condizionamenti e minacce da parte di Bruxelles" ha detto il rappresentante del Partito Democratico il quale ha aggiunto che la posizione dei vertici di Belgrado e' al tempo stesso un incorraggiamento ai serbi in Kosovo che resteranno cittadini della Serbia.

La deputata serba al parlamento kosovaro, Rada Trajković ha valutato che il rifiuto da parte di Belgrado a firmare l'accordo con Priština sembra una vittoria di Piro dei serbi al nord del Kosovo. Pero', Trajković ha sottolineato in una trasmissione della TV B92, per mancanza di accordo tutti i serbi in Kosovo diventeranno grandi perdenti. Dall'altra parte, i serbi in Kosovo, soprattutto quelli al sud del fiume Ibar, secondo la Trajković non sanno di che cosa si e' negoziato a Bruxelles, che cosa e' stato offerto come nemmeno quale e' stata l'agenda di questi negoziati poiche' non erano trasparenti. Secondo le parole di questa deputata, la vita dei serbi al sud del fiume Ibar, che si trovano nelle enclave, e' molto diversa rispetto a quella dei serbi al nord del Kosovo. "Noi siamo circondati dagli albanesi che hanno i loro interessi, principi, questioni che realizzano attraverso le istituzioni del Kosovo e noi serbi siamo all'interno di questa realta'. Possiamo non riconoscerla nella nostra mente e nei nostri cuori, ma appena usciamo fuori noi ci dobbiamo adeguare" afferma Trajković. I serbi al nord, prosegue lei, hanno l'appoggio non soltanto di Belgrado bensi' anche da parte di Priština e della comunita' internazionale, molto probabilmente affinche' il Kosovo si possa dimostrare come multietnico e i serbi nelle enclavi quasi non ci sono. Proprio adesso, rileva la deputata Trajković, e' arrivato il tempo di risolvere veramente questa questione, vale a dire quali istituzioni avra' questa multietnicita' ed e' proprio questo il piu' grande problema. In piu', i 60.000 serbi in Kosovo lavorano per le istituzioni serbe mentre appena 3.000 lavorano per i datori di lavoro di Priština.

Quindi, afferma Trajković, nemmeno lo stesso Kosovo non e' attualmente pronto ad integrare un cosi' grande numero di persone nel suo sistema il che un giorno puo' risultare con l'esodo dei serbi dal Kosovo. Secondo la rappresentante dei serbi in Kosovo, i politici della Serbia non sanno qual'e' la situazione reale in Kosovo, vale a dire quali sono i problemi vitali poiche' sono chiusi per la comunicazione. La deputata serba al Parlamento kosovaro indica un suo problema personale in quanto esempio di comportamenti discriminatori da parte di Priština nei confronti dei serbi. Spesso, per motivi di salute, questa deputata deve essere accompagnata in macchina fino all'entrata del Parlamento. Questo pero' non le e' permesso a causa delle targhe belgradesi della macchina mentre al tempo stesso cio' e' acconsentito a macchine con targhe bosniache, montenegrine o diverse altre. Le autorita' di Priština, afferma, non hanno fatto nulla a proposito di discriminazioni di serbi anche se questa e' stata una delle condizioni del Piano Ahtisaari.

Secondo un articolo del giornale serbo 'Novosti', il rapporto della Commissione europea e dell'alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Cathrine Ashton che verra' presentanto il prossimo 16 aprile, consistera' in una descrizione dettagliata di quello che il Governo serbo ha fatto finora e Ashton sollecitera' Belgrado e Priština a continuare la normalizzazione mentre la "bacchetta Kosovo" verra' consegnata al commissario all'allargamento Stefan Feule. Anche se ci sarebbe un accordo tra Belgrado e Priština sul nord del Kosovo, e allo stato attule le possibilita' sono quasi inesistenti, afferma il giornale serbo, la Commissione europea presentera' un rapporto praticamente "generico" in cui sara' illustrato tassativamente tutto quello che e' stato fatto sul piano delle riforme, nel dialogo con Priština e quali sono le aspettative per quanto riguarda la Serbia nel prossimo periodo. Il riferimento ad un prossimo passo per quanto riguarda le eurointegrazioni, ovvero una raccomandazione sulla data di inizio dei negoziati al prossimo Consiglio europeo di giugno, secondo 'Novosti' non ci sara'. Da Belgrado si richiedera' di investire sforzi aggiuntivi per correggere gli errori nella formazione dell'attuale rete di corti e nomina di giudici e pubblici ministeri. Verra' constatato che deve proseguire la lotta alla corruzione e che essa non si deve fermare sugli scandali bensi' a sentenze definitive. Catherine Ashton nel suo rapporto che presentera' ai capi di diplomazie il prossimo 22 aprile trattera' il Kosovo, proseguono 'Novosti'.

Nella conclusione del documento, Ashton invitera' ed incorraggera' le due parti a continuare la normalizzazione delle relazioni per la prospettiva europea di Belgrado e di Priština. La decisione spettera' quindi i capi di stato e di governo dell'Ue. Ma e' anche possibile, affermano 'Novosti', che essi il prossimo 28 giugno, alla riunione dedicata all'allargamento arrivino solo a constatare che sono giunti i rapporti della Commissione e dell'alto rappresentante e che quindi non ci sara' nemmeno un dibattito sulla data per l'inizio dei negoziati della Serbia. Si conclude che il dialogo molto probabilmente continuera', ma sotto un formato diverso e senza il ruolo mediatorio di Cathrine Ashton. Non si esclude la possibilita' di un dialogo diretto tra Belgrado e Priština con la mediazione di quei paesi che anche finora sono stati i piu' influenti, in primo luogo la Germania e gli Stati Uniti, afferma per 'Novosti' Laszlo Varga, il vicepresidente della Commissione parlamentare per le integrazioni europee del Parlamento serbo.



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