venerdì 23 aprile 2010

I BALCANI VERSO L'EUROPA PASSANDO PER SARAJEVO - 2

Di Marina Szikora (*)

Per la prossima conferenza ministeriale sui Balcani occidentali che si terra’ il 2 giugno a Sarajevo, diventa una delle questioni centrali assicurare la partecipazione di tutti i protagonisti della regione ad attendere questo importante appuntamento che vuole essere anche una specie di proseguimento delle due precedenti conferenze relative a quest’area tutt’ora cosi’ delicata - il vertice di Zagabria del 2000 e quello di Salonicco svoltosi nel 2003. Ricordiamolo, al vertice di Zagabria, nel novembre del 2000, la Commissione europea ha gettato le basi di una visione piu’ ambiziosa dello sviluppo della regione con il processo di associazione e di stabilizzazione. Nel giugno 2003, il vertice di Salonicco ha ulteriormente arricchito il PAS di elementi attinenti al processo di allargamento, in modo da rispondere con piu’ efficacia alle nuove sfide. Da qui, tra l’altro, i cosidetti ‘partenariati europei’ che traggono spunto dai partenariati di adesione che dovrebbero aiutare i paesi dei Blacani occidentali nel loro processo di riforme e nei preparativi per la futura adesione. Da sottolineare che al Consiglio europeo di Salonicco e’ stato roconfermato che tutti i paesi dei Balcani occidentali hanno una prospettiva di adesione all’Ue.

Il nocciolo duro da risolvere in vista della conferenza di Sarajevo e’ soprattutto la questione della modalita’ di partecipazione del Kosovo, vista la ferma posizone della Serbia relativa al suo rifiuto di riconoscere l’indipendenza di Pristina e in questo senso di opporsi fermamente alla partecipazione dei suoi rappresentanti ad ogni tipo di forum regionale in quanto rappresentanti di un paese indipendente. Secondo il segretario di Stato del Ministero per il Kosovo e Metohija, Oliver Ivanovic gli organizzatori della conferenza dovrebbero trovare una opzione accettabile per tutti i partecipanti. “Il nostro principio e’ che il Kosovo puo’ liberamente partecipare alle riunioni a condizione che la presenza dei rappresentanti kosovari non implichi il loro status autoproclamato” ha detto Ivanovic per l’emittente B92 aggiungendo che sorprendono le reazioni di fattori internazionali perche’ non si puo’ pretendere che la Serbia accetti la separazione e l’indipendenza del Kosovo. “Nessuno accetterebbe la violazione della propria costituzione e la nostra Costituzione definisce il Kosovo come territorio della Serbia” ha precisato Ivanovic. Secondo la sua opinione non e’ da sottovalutare il fatto che molti paesi non hanno riconosciuto l’autoproclamata indipendenza del Kosovo e che l’opinione pubblica in Kosovo deve arrivare al punto di capire che lo status non e’ risolto.

La scelta di Sarajevo come il luogo dove si svoglera’ la conferenza che sara’ organizzata dalla presidenza spagnola all’Ue, pone l’accento anche sulla BiH che di sicuro rappresenta la questione forse ancora piu’ delicata della regione balcanica, dovuto alla sua instabile situazione politica interna le cui coseguenze sono il persistente blocco delle riforme costituzionali e la mancanza di consenso dei leader politici locali. Da sottolineare anche che la BiH si avvicina alle elezioni politiche che si terranno il prossimo ottobre. Trovare una formula di convivenza e soprattutto di riconciliazione nella regione mutilata dalle guerre degli anni novanta e’ senza dubbio il requisito indispensabile per raggiungere l’obiettivo di tutti questi paesi – le integrazioni euroatlantiche ma soprattutto per garantire il progresso, pace e stabilita’ sia della regione che dell’Europa nel suo insieme. Proprio per questo motivo, l’avanzamento di venti nuovi che modestamente ma visibilmente soffiano recentemente nella regione, destano ottimismo e speranza di tempi nuovi e politiche diverse. Ne sono la conferma le ultime vicende che vedono protagonisti in primo piano di questi possibili cambiamenti i pesidenti di Croazia e Serbia, Ivo Josipovic e Boris Tadic.

Anche se incompleta nella condanna, poiche’ non fa alcun riferimento al crimine di genocidio, e’ tuttavia un passo significativo in avanti la recente approvazione in Parlamento serbo della Risoluzione su Srebrenica, una iniziativa portata avanti dalla coalizione governativa guidata dal Partito democratico (DS) dello stesso presidente della Serbia Boris Tadic.

D’altra parte, settimana scorsa, per la prima volta, un presidente croato ha pronunciato il suo discorso nel Parlamento della BiH e con questa oportunita’, il nuovo capo dello Stato croato Ivo Josipovic ha aperto una pagina nuova e perfino storica nei rapporti tra Croazia e BiH. Ma non solo l’intervento in cui sono stati esplicitamente condannati gli errori della politica croata degli anni novanta in BiH che avevano contribuito alle vicende tragiche e alle sofferenze dei cittadini della BiH, bensi’ anche il gesto senza precedenti di Josipovic, che accompagnato dal capo della chiesa cattolica in BiH, l’arcivescovo di Sarajevo Vinko Puljic e quello della comunita’ islamica, Mustafa Ceric, si e’ recato ad Ahmici e Krizancevo Selo, per rendere omaggio ai 116 civili musulmani uccisi ad Ahmici dalle forze dell’esercito croato in BiH e ai civili croati di Krizancevo Selo, uccisi invece dalle forze musulmane. La condanna da parte del Presidente Josipovic della politica croata in BiH pronunciata nel suo discorso al Parlamento bosniaco, come abbiamo gia’ riportato sabato scorso, ha suscitato pero’ durissime critiche in Croazia nell’ambito del partito governativo, l’HDZ e della stessa premier Jadranka Kosor. Ma questa nuova svolta nella politica del neoeletto presidente croato e’ stata salutata da tutta la comunita’ internazionale, Stati Unitie ed Unione europea come un cambiamento nella direzione giusta e un impegno coraggioso verso relazioni migliori e stabili tra i Paesi della regione.

I rapporti raffredati e compromessi tra Croazia e Serbia, sempre grazie all’apertura di Josipovic e Tadic hanno assunto nell’arco di un solo mese prospettive del tutto diverse. Il primo, inaspettato e sorprendente e’ stato il cosidetto “incontro senza cravatta” tra i due presidenti ad Opatija, in Croazia, un incontro trascorso in un clima molto positivo di lunghi colloqui, contiunuato poi ai margini del Brussels forum a Bruxelles e infine l’incontro venerdi’ scorso in Ungheria, nella citta’ di Pecs, su invito del presidente ungherese Laszlo Solyom. Al centro dei discorsi le prospettive europee della Croazia che si appresta a concludere entro l’anno i negoaziati di adesione e della Serbia che durante la presidenza ungherese all’Ue dal prossimo 1 gennaio 2011, si prospetta possa ottenere lo status di candidato ufficiale all’adesione.

Nientemeno importante la questione che da anni appesantisce i rapporti tra Slovenia e Croazia a causa della disputa sul confine terrestre e marittimo e che sin dall’indipendenza delle due ex Repubbliche jugoslave e’ rimasta irrisolta. Grazie all’impegno dei governi croato e sloveno di Jadranka Kosor e Borut Pahor, lo scorso novembre e’ stato raggiunto l’accrdo sull’arbitrariato per risolvere la questione aperta. Il Parlamento croato ha gia’ ratificato l’accordo, mentre quello sloveno ha atteso il recente pronunciamento della Corte costituzionale slovena sulla legittimita’ dell’Accordo. Dopo il sengale verde della Corte costituzionale, il parlamento di Ljubljana ha ratificato l’accordo questa settimana con 48 voti a favore, vale a dire con l’approvazione dell’intera coalizione governativa, mentre l’opposizione guidata dall’ex premier Janez Jansa ha rinunciato al voto qualificando il dibattito parlamentare come tradimento della Slovenia. Ma il ministero degli esteri sloveno in un comunicato ha affermato di “appoggiare la ratifica dell’accordo di arbitrato che dopo 18 anni di negoziati rappresenta un passo significativo verso la soluzione della questione sul confine e il miglioramento delle relazioni tra i due Paesi che inserisce nella regione un modello di soluzione costruttiva delle questioni aperte”. Tuttavia, l’ultima parola tocca ai cittadini i quali saranno invitati a pronunciarsi sull’accordo in un referendum. A tal proposito il premier sloveno Borut Pahor ha dichiarato che “Infine i cittadini decideranno al referendum se l’accordo di arbitrariato e’ un modo buono per definire il confine” Ha promesso di impegnarsi affinche’ il referendum abbia sucesso e da quelli che sono contrari all’accordo di aspettarsi che nella campagna referendaria dicano qual’e’ l’alternativa all’arbitrariato, come e quando raggiungerebbero di piu’. La decisione sulla ratifica dell’accordo in Parlamento e’ stata appoggiata anche dal presidente della Slovenia Danilo Tuerk il quel si e’ detto credulo che i cittadini sloveni al referendum confermeranno la ratifica dimostrando cosi’ di prendere decisioni “razionali”.

Secondo la stampa slovena, la vera battaglia politica sull’accordo sta appena per iniziare poiche’ si attende il referendum al quale l’accordo verra’ accolto o rigettato dai cittadini, ma in effetti – scrivono i media sloveni – tutto potrebbe terminare con un referendum pro o contro il governo di Borut Pahor. “La campagna referendaria sara’ dura e spietata, mentre il governo dovra’ impegnarsi molto per vincerla. Deve convincere gli elettori che l’oggetto del referendum del prossimo giugno non e’ il misuramento del sostegno al governo o al premier Pahor e alle sue riforme, bensi’ la soluzione del problema di confine con la Croazia” scrivono i giornali sloveni.

(*) Corrispondente di Radio Radicale.Il testo è la trascrizione della corrispondenza andata in onda nella puntata dello Speciale di Passaggio a Sud Est del 21 aprile.

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