martedì 30 novembre 2010

LA VISITA DEL PRESIDENTE SERBO BORIS TADIC IN CROAZIA

Una settimana fa il presidente serbo Boris Tadic ha compiuto una visita ufficiale di due giorni in Croazia, la prima dall'insediamento del presidente Ivo Josipovic a cui tadic non aveva partecipato in reazione alla contemporanea presenza dell'allora presidente kosovaro Seidju. Archiviate le tensioni con il predecessore Josipovic, Stipe Mesic, la vista di Tadic suggella la nuova stagione delle relazioni tra Serbia e Croazia dopo la recente visita dello stesso Tadic alla città martire croata di Vukovar e l'omaggio alle vittime dell'assedio di 19 anni fa: una visita formalmente privata, ma a cui la stessa presidenza serba, in una nota, ha voluto dare i crismi dell'ufficialità. La visita di Tadic in Croazia non ha avuto però sulla stampa italiana l'attenzione che avrebbe meritato.
Qui di seguito la trascrizione della corrispondenza di Marina Szikora per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda sabato 27 novembre a Radio Radicale.

Boris Tadic e Ivo Josipovic (Foto Tanjug)

TADIC IN CROAZIA: "LA JUGOSLAVIA NON ESISTE PIU', MA ABBIAMO UN CIELO IN COMUNE: L'UNIONE EUROPEA"
di Marina Szikora

La notizia della settimana nella nostra regione e' senza dubbio la visita ufficiale del presidente della Serbia Boris Tadic in Croazia. E' la sua prima visita ufficiale a Zagabria dall'insediamento del presidente Ivo Josipovic, poiche' Tadic ha visitato Zagabria anche nel 2006, durante il governo di Ivo Sanader e la presidenza di Stjepan Mesic. Le relazioni di partenariato tra i due stati peggiorarono notevolmente dopo alcune dichiarazioni di Mesic relative alle minaccie di secessione provenienti dalla Republika Srpska per voce del suo premier Milorad Dodik e poi sopratutto dopo le repliche rigidissime da parte del ministro degli esteri serbo, Vuk Jeremic nei confronti della Croazia. L'atmosfera di tensione sembrava continuare con il rifiuto da parte del presidente Tadic di partecipare all'inaugurazione del nuovo presidente croato Ivo Josipovic a causa della presenza del presidente del Kosovo a questo evento. Ma poi, grazie alla buona volonta' ed intesa tra i due presidenti, Josipovic e Tadic, e' iniziata la fasa di notevole cambiamento di umore nelle relazioni tra Croazia e Serbia. Josipovic e Tadic si incontrarono per la prima volta lo scorso marzo ad Opatija, un incontro all'improvviso e senza essere annunciato precedentemente, «l'incontro senza cravatta» come lo qualificarono i due capi dello stato, rompendo cosi' il ghiaccio nei rapporti tra i loro paesi. Solo pochi giorni dopo, si incontrarono nuovamente a Bruxelles dove avevano espresso fermezza di collaborare nello spirito europeo per risolvere le tante questioni aperte nella regione. L'incontro successivo e' stata la riunione trilaterale con il presidente ungherese in Ungheria, nella citta' di Pecs dove e' stato ribadito il particolare impegno per la tutela delle minoranze etniche. Lo scorso luglio e' seguita poi la prima visita ufficiale di Josipovic in Serbia, mentre solo tre settimane fa, Tadic aveva visitato Vukovar e Ovcara dove ha reso omaggio alle vittime dei crimini serbi contro i difensori e civili croati. Mercoledi' e giovedi' quindi una due giorni ufficiale in Croazia, la prima giornata a Zagabria il giorno seguente anche in visita in alcune regioni croate, Kordun e Lika, abitate dalla minoranza serba.

Alla conferenza stampa congiunta nell'Ufficio del Presidente, l'ospite croato, Ivo Josipovic ha detto che «nelle relazioni tra i due paesi e' stato compiuto grande progresso» come anche un passo avanti relativo alla questione della restituzione del patrimonio culturale croato. «Sono rimaste ancora alcune questioni difficili. Una di queste, prioritaria per la Croazia, e' la soluzione del destino delle persone scomparse» ha sottolineato il presidente croato. Alla riunione delle delegazioni serba e croata si e' parlato anche del miglioramento delle relazioni economiche. «Entrambi i paesi hanno una prospettiva europea forte e abbiamo concluso che l'Europa e' il nostro destino comune. La Croazia si impegnera' fortemente per l'adesione della Serbia all'Ue» ha detto Josipovic. Da parte sua, il presidente serbo Boris Tadic ha detto che la questione delle persone scomparse e' la questione piu' importante e che fara' di tutto affinche' questo problema sia risolto. «In questo modo dimostreremo che siamo in grado a considerare le gravi vittime della guerra. Abbiamo prestato grande attenzione nei nostri colloqui alle minoranze etniche. Grande progresso e' stato fatto sulla questione del ritorno dei profughi e la loro sistemazione» ha aggiunto Tadic dicendosi convinto che la prossima conferenza di donatori risolvera' piu' facilmente questi problemi. E' stato detto che a livello dei due governi e' stato accordato che ai profughi serbi che vogliono tornare in Croazia, le spese della ristrutturazione delle case e della sistemazione nelle abitazioni verranno sostenute dallo stato croato mentre i soldi per sistemare quelli che non vogliono piu' tornare in Croazia, si cerchera' di raccoglierli alla conferenza internazionale di donatori che Croazia e Serbia intendono organizzare insieme nella prima meta' del prossimo anno.

Per quanto riguarda le reciproche accuse davanti alla Corte internazionale di Giustizia, Tadic ha detto che la Serbia non insiste sul ritiro delle accuse ma ritiene che la questione sarebbe meglio risolverla attraverso accordi e colloqui bilaterali. Ha aggiunto che le istituzioni serbe conducono indagini relative ai campi di concentramento Stajicevo e Begejci. Tadic ha chiamato questi due lager come luoghi di detenzione e ha aggiunto che ci sono diverse definizioni di questi, come ha detto, posti tragici – «alcuni li chiamano campi di concentramento, alcuni carceri, altri penitenziari. «Dobbiamo avere una posizione comune, ma non che si tratti di batti e ribatti politici. E' importante definirli, indagarci, trovare tutti i colpevoli e punirli, ha detto Tadic. Il presidente serbo ha ribadito che la Serbia fa tutto il possibile per arrestare e consegnare al Tpi dell'Aja i due imputati per crimini di guerra – Ratko Mladic e Goran Hadzic e questo lo fa non per il Tribunale dell'Aja bensi' per se stessa poiche' lo impongono le norme umane e civili. La Serbia appoggia fotemente l'adesione della Croazia all'Ue, ha sottolineato Tadic negando cosi' certe affermazioni che la Serbia sarebbe contraria ad un ingresso veloce ed individuale della Croazia nell'Ue. Tadic si e' detto invece fiducioso che la Croazia appoggera' anche l'avvicinamento della Serbia all'Ue. «Abbiamo avuto una storia comune difficile, abbiamo espresso parole di scusa come presidenti degli stati e abbiamo compiuto un grande passo avanti quando si tratta di questioni della politica regionale. Relazioni stabili nella regione non ci sono senza buone relazioni tra i nostri due paesi» ha detto Tadic.

Il presidente della Serbia ha incontrato anche il capo del governo croato, Jadranka Kosor. Nel corso dell'incontro in un'atmosfera molto amichevole, Tadic ha ribadito di dare pieno sostegno all'ingresso veloce della Croazia nell'Ue poiche' questo e' anche nell'interesse vitale e nazionale della Serbia. «Oggi voglio rispondere cosi' anche alle voci che la Serbia ha interesse bloccare il processo di integrazione della Croazia» ha detto Tadic. La premier Kosor, da parte sua, ha rilevato che la Croazia appoggia fortemente la via europea della Serbia valutando che questo e' molto importante per la stabilita' della regione e per la prosperita' di entrambi gli stati. Il presidente serbo ha ammesso che ci sono ancora molte questioni aperte quali quelle del confine, secessione e reciproche accuse davanti alla CIG. I due paesi, per quanto riguarda questi problemi, devono naturalmente tener conto dei loro interessi nazionali, ma devono anche cercare le occasioni per trovare soluzioni comuni, ha detto Tadic. Kosor ha annunciato che durante i colloqui e' stato raggiunto un accordo politico sui principi in base ai quali verra' risolta definitivamente la questione dei profughi. Durante l'incontro con il presidente del Parlamento croato, Luka Bebic, al quale ha partecipato anche la presidente della Commisione nazionale per seguire i negoziati di adesione con l'Ue, Vesna Pusic, il presidente serbo ha ricevuto dalla Pusic la documentazione relativa al capitolo 23, Giustizia e diritti fondamentali. Si tratta di un resoconto di quello che la Croazia ha fatto in questo delicatissimo capitolo. «Questa visita del presidente della Serbia la vedo come un nuovo importante passo, uno dei molti che bisogna ancora compiere. Noi ne siamo pronti» ha detto Ivo Josipovic al ricevimento in onore del suo ospite. «Sta' a noi a convincere i nostri popoli, i nostri stati che questi passi sono buoni e che il bene deve vincere contro il male che c'era ieri» ha aggiunto Josipovic. Tadic ha risposto che ritiene le relazioni croato-serbe «fondamentalmente importanti per le relazioni nella regione in cui viviamo insieme. Nel passato, queste relazioni furono la base di stabilita' dell'intera area politica e culturale, noi diciamo dei Balcani Occidentali, a Zagabria dicono Europa sudorientale» ha detto Tadic

Come ospite del telegiornale centrale della TV di stato croata, HTV, Boris Tadic ha detto di essere per molte ragioni vicino a Josipovic. «Sono convinto che lo stesso aproccio alla politica come attivita' umana ha anche il presidente Josipovic. Noi siamo grandi amici personali, apparteniamo alla stessa generazione, siamo gente che ha un sistema di valori simile, osserviamo similmente il complesso delle relazioni serbo-croate» ha detto il presidente serbo. Fino all'arrivo di Ivo Josipovic, Tadic dice di aversi sentito «solo» in politica. «Solo nelle mie intenzioni di condurre la politica in un modo diverso, di compiere il passo fuori dal circolo magico in cui ci troviamo tutti insieme e che aveva determinato il ventesimo secolo. Adesso non sono piu' solo e questo e' molto buono per me ed e' una cosa grande anche per le nostre relazioni. Dobbiamo cercare interlocutori tra tutti gli altri popoli dei Balcani Occidenatali per dare pieno contributo alla stabilita' dell'intera regione» ha detto Tadic. Ha aggiunto che «La Jugoslavia non esiste piu' e non esistera' mai piu', su questo nessuno deve avere delle illusioni, ma sono convinto che abbiamo un cielo politico comune, che e' l'Ue. In questo modo, in senso politico, saremo nuovamente in un certo senso insieme, ma anche abbastanza separatati perche' nessuno minacci nessuno».

Al centro della seconda giornata della visita ufficiale di Tadic in Croazia sono state le zone nelle vicinanze di Zagabria, Lika e Kordun, abitate anche dalla minoranza serba, zone di profughi, sia quelli che sono tornati dopo la guerra dalla BiH oppure villaggi dai quali i profughi serbi sono fuggiti in Serbia. Nei pressi della citta' di Karlovac, i due presidenti hanno visitato il villaggio di Krnjak dove vivono due mila e mezzo di abitanti. Il sessanta percento della popolazione sono piu' anziani di 60 anni, praticamente non c'e' coltivazione e produzione e molti vivono dagli aiuti sociali. Circa 70 percento sono serbi, mentre il 30 percento sono croati trasferiti. Il presidente Josipovic ha detto che Krnjak e' una testimonianza di sforzi comuni per la coabitazione. Ha espresso rammarico che in questa zona non ritornano famiglie giovani. «Il nostro messaggio da Krnjak e' che siamo venuti a rompere i pregiudizi, le paure e di cercare a riavvicinare la gente rispettando pero' le diversita'» ha detto Tadic. Per quanto riguarda quello che la Serbia fara' per rendere piu' facile la vita dei croati in Vojvodina, la regione multinetnica in Serbia, il presidente serbo ha detto che gli sforzi principali che bisogna fare sono stabilire lo stato di diritto e la restituzione delle proprieta'. Ha invitato personalmente i croati di inserirsi in tutte le istituzioni della Serbia per rendere possibile la loro piena tutela. Ha invitato inoltre i croati in Serbia ad iscriversi nelle liste elettorali speciali.

Recandosi nella regione di Lika, Tadic ha rilevato il valore sentimentale che lo lega a questa zona, poiche' nel villaggio vicino viveva sua nonna. Assaggiando il vino particolare si e' ricordato dei succhi che sua nonna preparava nei tempi della sua giovinezza. Nel comune di Gracac la rinnovazione e' maggiormente completata. Secondo gli abitanti le difficolta' principali del ritorno degli sfollati sono le scarse attivita' economiche. I due presidenti hanno visitato anche una famiglia di profughi ritornati. Nella loro casa ristrutturata che fu bruciata durante l'operazione Tempesta, Tadic e Josipovic hanno preso il caffe' fermandosi a parlare con gli inquillini, una famiglia con due figli. Davanti alla casa sono stati accolti da una decina di paesani che i primi giorni della 'Tempesta' erano fuggiti in Serbia. Hanno raccontato che con la popolazione croata non hanno nessun problema e che la politica non vieta a nessuno di tornare nelle loro case. Infine, nel monastero di Krupa, i due presidenti hanno aperto il rinnovato tesoro in cui si trovano 26 icone che i serbi hanno restituito alla Croazia. La restituzione di questo patrimonio culturale parla in modo migliore delle buone intenzioni e della prontezza alla coabitazione. Questi pezzi d'arte sono soltanto una piccola parte del patrimonio culturale che cercano i monasteri, le chiese, i conventi e gli individui in Croazia poiche' il numero totale di tali oggetti sequestrati e' oltre tre mila.

Per quanto rigurda le reazioni in Serbia relative a questa visita, c'e' da dire che i commenti sono stati di approvazione tranne, naturalmente quelli dell'opposizione, soprattutto quella dei radicali ultranazionalisti. In piu', va detto che i circa 7000 profughi serbi che hanno lasciato la Croazia trasferendosi in Serbia, oggi affermano di non voler piu' tornare in Croazia bensi' continuare a vivere in Serbia aspettandosi una sistemazione corrispondente, magari grazie al sostegno della prossima conferenza di donatori. Va aggiunto che all'inizio della seconda giornata, Boris Tadic e il suo ospitante Ivo Josipovic hanno aperto un forum economico. Con la delegazione serba, a Zagabria sono arrivati 70 imprenditori che sono interessati ad un miglioramento della collaborazione. Uno dei settori di cooperazione potrebbe essere un ingresso comune ai mercati terzi e' stato rilevato al forum. Gli imprenditori hanno sottolineato che la collaborazione tra Croazia e Serbia non ha alternative. Una riunione di ottimismo senza ostacoli politici alla cooperazione economica, ha detto Ivo Josipovic. Secondo Tadic non e' possibile maggiore crescita economica finche' non cambiera' il modo di ragionare. I due presidenti concordano che la politica ha aperto le porte mentre ora tocca agli imprenditori di raggiungere migliori risultati commerciali. I ministri dell'economia dei due paesi hanno concluso che i potenziali di collaborazione tra le aziente croate e quelle serbe sono grandi, soprattutto nel settore energetico, agrario, meccanica, produzione tessile e industria di legno nonche' nelle infrastrutture.

La visita di Tadic in Croazia sulla stampa della Bosnia Erzegovina
di M. Sz.
La visita del presidente della Serbia Boris Tadic in Croazia e il rafforzamento della collaborazione e della fiducia tra i due stati sono la notizia che giovedi' si e' trovata alle prime pagine anche del maggior numero dei quotiadiani della BiH. La valutazione e' che si tratta di un altro contributo significativo al miglioramento della situazione generale nella regione. I media in BiH sottolineano soprattutto che i due presidenti concordano che bisogna scoprire il destino di tutte le persone scomparse durante la guerra. «Ivo Josipovic comunica a Boris Tadic a Zagabria: senza rilevare il destino dei scomparsi non c'e' riconciliazione» e' il titolo con grande foto in prima pagina del quotidiano 'Oslobodjenje'. Informando lungamente sulla prima giornata della visita di Tadic in Croazia, il giornale individua come curiosita' la dichiarazione del presidente serbo che il successo definitivo nella normalizzazione delle relazioni tra i due stati potrebbe forse essere un manuale di storia comune anche se avrebbe dei capitoli diversi. 'Oslobodjenje' valuta come importante l'annuncio della conferenza di donatori che potrebbe assicurare i mezzi per risolvere durevolmente la questione dei profughi e risolvere definitivamente il problema del ritorno. Anche il giornale di Banja Luka 'Nezavisne novine' riporta in modo praticamente identico le notizie sulla visita di Tadic e lo stesso fa il quotidiano di Sarajevo. Il giornale individua il messaggio del presidente Josipovic che la Croazia si impegnera' fortemente affinche' la Serbia aderisca all'Ue nonche' il desiderio di Tadic che questa visita diventi una nuova pagina della comune storia. A differenza di questi giornali, il principale quotidiano bosgnacco 'Dnevni avaz' solo alla pagina 21 informa della visita di Tadic a Zagabria non riportando alcuna dichiarazione.
                                 

lunedì 29 novembre 2010

PASSAGGIO IN ONDA

La puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda sabato 27 novembre a Radio Radicale

La puntata si apre con la Turchia, il cui premier Recep Tayyip Erdogan nel corso della vista ufficiale compiuta in Libano, per consolidare il ruolo turco in Medio Oriente, è tornato ad attaccare Israele. Intanto, la situazione politica interna comincia a risentire sempre del clima elettorale in vista delle elezioni politiche previsate per il 2011 che, secondo alcuni analisti politici, potrebbero anche causare un peggioramento dei rapporti con l'UE.

Di seguito l'importante visita compiuta dal presidente serbo Boris Tadic in Croazia, la seconda nel giro di un mese dopo quella compiuta a Vukovar durante la quale ha reso omaggio alle vittime croate dell'assedio del 1991.

Nelle stesse ore in cui il presidente Tadic si trovava in Croazia, il commissario europeo all'Alargamento, Stefan Fuele, era a Belgrado per consegnare alle autorità serbe il questionario per l'adesione all'UE.

Intanto, si avvicinano le elezioni politiche del 12 dicembre in Kosovo e il movimento "Autodeterminazione" di Albin Kurti diventato partito e si candida al Parlamento di Pristina tornando a parlare di "Grande Albania", un'ipotesi che sembra essere gradita alla maggioranza degli albanesi dei Balcani, almeno secondo le rilevazioni del Balkan Monitor 2010.

In Albania non accenna ad allentarsi la tensione tra il governo di centro-destra e l'opposizione guidata dal Partito socialista che ha presentato una mozione di sfiducia contro la presidente del parlamento. Lo scontro sta bloccando la situazione politica e suscita molte preoccupazioni nell'Unione Europea che recentemente, proprio a causa di ciò, ha rinviato la concessione all'Albania dello status di paese candidato all'adesione.

Infine le elezioni politiche di domani in Moldavia, che dovrebbero sbloccare la situazione politica che fino ad ora ha impedito l'elezione del presidente della repubblica in parlamento, provocando la convocazione delle urne per la terza volta in un anno e mezzo. Il rischio è quello di un'astensione ancora più elevata di quella già massiccia registrata a settembre quando, per il referendum sulla riforma della costituzione, si astenne il 70% degli elettori.

La puntata di Passaggio a Sud Est è stata realizzata con la collaborazione dei corrispondenti Marina Szikora e Artur Nura ed è riascoltabile qui



oppure sul sito di Radio Radicale nella sezione delle Rubriche.
                                                

ELEZIONI MOLDAVIA: I COMUNISTI PRIMO PARTITO, MA VINCONO GLI EUROPEISTI

Ma il quadro politico resta incerto: nessuno in Parlamento ha i numeri per eleggere il presidente della repubblica

Stando a quanto riportavano le agenzie di stampa poco fa, con il 90 per cento dei voti scrutinati per le elezioni politiche che si sono tenute ieri, il Partito comunista si conferma la prima formazione politica della Moldova, mentre l'Alleanza per l'integrazione europea, la coalizione di partiti liberali e liberaldemocratici che sostiene il governo del premier Vlad Filat, mantiene nel suo complesso la maggioranza.
Secondo gli ultimi dati diffusi dalle autorità ai comunisti andrebbe il 41,2% dei voti, pari a 44 seggi sui 101 di cui si compone il Parlamento di Chisinau. I tre partiti della coalizione pro-europea, invece, otterrebbero rispettivamente: Partito liberaldemocratico 28,1%, Partito democratico 13,3%, Partito liberale 8,6%. Nessun altro partito ha superato lo sbarramento del 4 per cento.
Se questi numeri verranno confermati, ai 44 seggi dei comunisti corrisponderebbero 57 seggi dei filo-europeisti (tra i quali però eventuali candidati indipendenti). Quindi, né la maggioranza, né l'opposizione raggiungono la fatidica soglia dei 61 voti necessari in Parlamento per eleggere il presidente della repubblica. Il quadro politico complessivo resta cioè incerto e si ripropone la stessa situazione che ha portato il Paese al voto nel giro di un anno e mezzo.

NATO: LA PRIMA VOLTA DI JOSIPOVIC

Il 19 e 20 novembre il presidente croato Ivo Josipovic ha partecipato al vertice nato di Lisbona che ha dato il via libera al nuovo "strategic concept" dell'Alleanza. Al vertice è stato dedicato lo Speciale di Passaggio a Sud Est andato in onda mercoledì 24 novembre a Radio Radicale. Qui di seguito il resoconto della parecipazione del presidente croato nella corrispondenza di Marina Szikora.


“Preparandosi per le nuove sfide alla sicurezza, aprendosi verso i nuovi partner e a nuove zone di collaborazione, affermando al tempo stesso la devozione ai principi e valori sui quali e’ stata fondata, la NATO anche nei prossimi anni sara’ ugualmente importante come lo e’ stata nei sei decenni precedenti” ha detto venerdi’ scorso il presidente croato Ivo Josipovic nel suo intervento davanti ai capi di stato e governo dei 28 paesi membri della NATO riunitisi al vertice, ormai considerato storico, di Lisbona. Il capo dello stato croato ha ricordato che la Croazia, insieme ad altri alleati, ha contribuito attivamente al consistente dibattito sul nuovo concetto strategico e ha espresso soddisfazione peche’ le piu’ importanti posizioni politiche e di sicurezza croate sono state prese in cosiderazione ed inserite nel testo del nuovo documento. “Quando la Croazia e’ entrata nell’Alleanza, la NATO aveva gia’ 60 anni. E’ un tempo lungo, ma una cosa non e’ cambiata – la nostra devozione alla sicurezza comune garantita da un collegamento forte e costante transatlantico e dalla solidarieta’ degli alleati” ha sottolineato il presidente croato. “Nel nostro mondo sottoposto a cambiamenti costanti, la NATO e’ e deve rimanere una fonte permanente di stabilita’” ha aggiunto Josipovic e ha rilevato che “L’Alleanza dovrebbe in ogni modo collaborare con l’Ue, nostro alleato piu’ naturale con il quale condividiamo valori e stati membri” e dovrebbe includere, quando lo e’ possibile, anche altri stati partner ed organizzazioni. Josipovic non ha mancato di menzionare i paesi vicini della Croazia, affermando che le porte della NATO dovrebbero rimanere aperte a tutti i paesi europei che vogliono e sono capaci di aderire all’Alleanza. “E’ chiaro che in questo senso penso innanzitutto ai paesi dell’Europa sudorientale. Il Governo croato ed io personalmente facciamo tutto per rafforzare la collaborazione con i vicini e con l’intera regione. L’esempio piu’ recente, ha ricordato Josipovic, e’ stata la visita del presidente serbo Boris Tadic alla citta’ croata di Vukovar dove a nome della Serbia ha espresso le scuse per i gravi crimini commessi e dove insieme i due presidenti hanno reso omaggio ai morti ed ai scompars. La Croazia continua a lavorare per la stabilizzazione dell’Europa sudorientale - ha ribadito Josipovic - convinta fortemente che la via verso le integrazioni euroatlantiche e’ la soluzione migliore per questa regione.

Per quanto riguarda uno dei temi principali al vertice, la presenza della NATO in Afghanistan, Ivo Josipovic ha annunciato che la Croazia rafforzera’ il suo ruolo nell’istruzione delle forze di sicurezza locali in questo paese e che il contigente croato aumentera’ dagli attuali 320 soldati a 350. “L’Afghanistan e’ un test della democrazia mondiale e della prontezza di aiutare un popolo che lotta per la democrazia e liberta’, contro l’estremismo. E’ anche chiaro il concetto che la comunita’ internazionale vuole, al piu’ presto, in base alle possibilita’, trasferire la responsabilita’ per la sicurezza e per lo sviluppo di democrazia al governo locale” ha detto Josipovic. “Questo non accadra’ domani, ma le attivita’ verranno indirizzate sempre di piu’ a quello che la Croazia aveva fatto al meglio, l’addestramento delle forze di sicurezza locali”. Secondo le parole del suo Presidente, la Croazia avra’ un nuovo ruolo di leadership nella parte del processo istruttorio in Afghanistan. “Per la Croazia questo e’ un nuovo obbligo ma anche un riconoscimento e un’occasione di affermazione, sia dei suoi rappresentanti ma anche per quanto riguarda la collaborazione, pure quella economica” ha detto Josipovic. Quando sara’ giunto il momento in cui l’impegno militare in Afghanistan verra’ sotituito da quello civile, si aprira’ lo spazion per iniziative civili quali l’educazione della popolazione, progetti collegati con lo sviluppo democratico del paese, come ad esempio il rafforzamento dei diritti umani o la posizione delle donne nella societa’. Tutti i paesi membri della NATO, quindi anche la Croazia, avranno allora la possibilita’ di essere presenti in Afghanistan in una maniera diversa, appoggiandosi innanzitutto sulla componente civile, incluso l’aspetto economico quale il commercio e gli investimenti.

Parlando della politica di porte aperte della NATO, Josipovic ha sottolineato che la Croazia appoggia pienamente questa posizione, soprattutto quando si tratta dei suoi paesi vicini. Quando nella NATO aderiranno tutti i paesi della regione che lo vogliono e possono, sara’ un grande contributo alla pace, ha valutato il presidente croato. Ha ricordato che la Croazia appoggia fortemente la BiH nei suoi sforzi di adesione alla NATO e che spera che la Macedonia risolvera’ presto il problema del nome con la Grecia. Sara’ anche suo impegno personale ad aiutare a trovare una soluzione di compromesso per questa lunga disputa che ostacola l’ingresso della Macedonia nell’Alleanza, ha promesso Josipovic. Ha aggiunto che “secondo la Croazia, anche la Serbia e’ benvenuta nella NATO” precisando pero’ che la decisione spetta alla stessa Serbia. Il suo ingresso, ha rilevato il capo dello stato croato, sarebbe un contributo importante alla stabilita’ della regione balcanica. Josipovic ha valutato particolarmente importante la collaborazione della NATO con la Russia. Ha precisato che ci sono alcuni paesi che forse per ragioni storiche sono piu’ attenti quando si tratta della collaborazione dell’Alleanza con la Russia, ma si e’ detto convinto che questo non sara’ un ostacolo. Le principali linee di guida del novo concetto strategico firmato a Lisbona prevedono anche la collaborazione con l’Ue, con le Nazioni Unite ed con altre organizzazioni internazionali.

Come annunciato dal presidente americano Barack Obama, il prossimo vertice della NATO si svolgera’ negli Stati Uniti nel 2012 e acconsentira’ all’Alleanza di continuare quanto avviato in Portogallo, soprattutto per quanto riguarda le riforme della NATO e il processo di transizione in Afghanistan. Tutti i presenti hanno concordato il transito civile della NATO attraverso la Russia verso l’Afghanistan. Ma il presidente russo Medvedev ha individuato anche le differenze rimaste tra NATO e Russia, soprattutto relative ai due nuovi stati nel Caucaso creati nel 2008, l’Ossetia meridionale e l’Abkhazia. Medvedev spera che il Senato americano approvera’ il nuovo accordo START. “La Russia rispondera’ in base a quello che verra’ decisio negli Stati Uniti, ma speriamo che vincera’ la ragione” ha detto Medvedev. Per quanto riguarda l’Iran e possibili minacce alla sicurezza provenienti da questo paese, il presidente russo ha detto che l’Iran e’ uno stato sovrano che ha il diritto di utilizzare l’energia nucleare per ragioni pacifiche, mentre lo scudo antimissile e le minacce verso la NATO sono questioni dell’Alleanza nella quale il presidente Medvedev non vuole interferire.

Annunciando che si rechera’ personalmente in Afghanistan per visitare i soldati croati in missione in questo paese, a ritorno da Lisbona, il presidente Josipovic ha scritto un articolo per il quotidiano croato ‘Vecernji list’. Secondo Josipovic, il nuovo concetto strategico approvato a Lisbona potrebbe chiamarsi anche “NATO – un contributo alla pace e sicurezza del 21-esimo secolo”. Questo titolo sarebbe sicuramente piu’ attraente e illustrativo per i cittadini, e’ dell’opinione il presidente croato. “Ho l’impressione che la NATO si sta aprendo e che vuole rimuovere al massimo alcuni ostacloli che vi esistono, in particolare quelli che vedono l’Alleanza come un reliquia della guerra fredda che nel mondo contemporaneo non dovrebbe piu’ esistere. Nel futuro, la NATO vuole impegnarsi maggiormente ad ostacolare i conflitti piuttosto che cercare le loro soluzioni. Al tempo stesso, l’Alleanza e’ pronta a collaborare con un cerchio piu’ vasto di stati, piu’ vasto del territorio euroatlantico che e’ stata la zona tradizionale della collaborazione, scrive Josipovic. Considerando la situazione in Afghanista, la NATO ribadisce il suo impegno di garantire pace e sviluppo democratico. “Anche se in Afghanistan ci sono stati successi e cadute, oggi si e’ arrivati al punto in cui possiamo prendere la decisione di iniziare il trasferimento della responsabilita’ per la sicurezza all’esercito e alla polizia afghani. Se non ci saranno maggiori sorprese, fino alla fine del 2014, l’intero paese dovrebbe essere nelle mani delle forze afghane e in questo senso, considerando le nostre possibilita’, la Croazia ha contribuito molto” sottolinea nel suo articolo il presidente croato. “Possiamo essere orgogliosi dei nostri rappresentanti militari e di polizia che hanno partecipato in questo processo. In un breve colloquio con il presidente Karzai, e’ stato rilevato il nostro contributo all’avanzamento del processo di pace” ha precisato il presidente croato. In coclusione, Josipovic afferma che sara’ interessante seguire fino al prossimo vertice negli Stati Uniti come si sviluperanno le singole questioni sollevate alla riunione di Lisbona. Se il segretario generale Rasmussen riuscira’ ad attuare le riforme della NATO nel modo in cui sono state iniziate? Se NATO e Russia sapranno utilizzare il momentum positivo ed alzare le loro relazioni ad un livello ancora piu’ alto? Come proseguira’ la transizione in Afghanistan e se la Croazia iniziera’ a preparare il ritiro dei suoi soldati a casa? Quanto riusciranno i singoli paesi della regione balcanica ad avvincinarsi all’inegresso nella NATO? “Se continueremo a lavorare nello spirito e nell’atmosfera di Lisbona, allora non ho nessun dubbio che le risposte a queste e moltre altre domande saranno positive” ha concluso il presidente della Croazia Ivo Josipovic.
                                                 

venerdì 26 novembre 2010

PASSAGGIO SPECIALE

Il sud est europeo e il nuovo "Concetto strategico" della Nato

Lo Speciale di Passaggio a Sud Est andato in onda mercoledì 24 novembre a Radio Radicale è stato dedicato alle conclusioni del vertice Nato tenutosi il 19 e 20 novembre a Lisbona: il nuovo "concetto strategico" dell'Alleanza atlantica, lo scudo antimissile, il ruolo della Turchia, l'integrazione dei Balcani occidentali.

Lo Speciale, realizzato come sempre con la collaborazione di Marina Sikora e Artur Nura, è riascoltabile qui



oppure, insieme a tutti quelli precedenti, sul sito di Radio Radicale nella sezione delle Rubriche.
                                  

mercoledì 24 novembre 2010

NATO: LA MACEDONIA RESTA ALLA PORTA

Di solito si dice "nessuna notizia, buona notizia", ma per l'adesione della Macedonia alla NATO da Lisbona non è vanuta nessuna buona notizia. La storia è lunga: senza andare indetro nei secoli basta ricordare che dalla sua indipendenza, nel 1991, la Macedonia si vede bloccare l'apertura dei negoziati per l'adesione all'UE e alla NATO dalla Grecia che non vuole che l'ex repubblica jugoslava si chiami semplicemente Macedonia. Una soluzione temporanea fu trovata nel 1993 con il nome provvisorio di "Ex-repubblica jugoslava di Macedonia" (il cui acronimo anglofono suona come FYROM). In questo modo Skopje potè entrare alle Nazioni Unite e ad avviare i colloqui di pre-adesione con l'Unione Europea e la NATO. Tuttavia, diciannove anni dopo la sua indipendenza, la Macedonia rimane in attesa.
Potrebbe sembrare una questione di poco conto ma la contesa tra Skopje e Atene potrebbe mettere a rischio la stabilità del Paese e di tutti i Balcani. L'assenza di una soluzione duratura ha un impatto negativo sulla percezione esterna del Paese e sulla fiducia degli investitori esteri. Come il resto della regione, la Macedonia è stata colpita duramente dalla crisi economica. La ripresa economica resta fragile e il perdurare della crisi potrebbe compromettere l'attuazione delle riforme politiche necessarie per soddisfare i criteri di Copenaghen richiesti per l'ngresso nell'UE.
La situazione incoraggia anche il nazionalismo etnico e pregiudica la stabilità politica del Paese che conta una grande minoranza albanese, pari al 25% della popolazione totale (si ricordi che nel 2001 una insurrezione armata degli albanesi, bloccata rapidamente dalla comunità internazionale minacciò seriamente l'integrità della Macedonia e rischiò di far riesplodere i conflitti nella regione).
Solo la prospettiva di integrazione nell'Alleanza atlantica e nell'Unione Europea può tenere insieme le due comunità, mentre la mancanza di una data certa per l'apertura dei negoziati di adesione alla NATO e all'UE, potrebbe a lungo andare spingere i dirigenti albanesi a irrigidire la propria posizione con la richiesta di una maggiore autonomia o di una confederazione con i macedoni slavi o in ultima istanza, con la secessione dell'etnia albanese che avrebbe effetti incontrollabili sul resto delle aree a maggioranza albanese.
Il veto che la Grecia continua ad esercitare contro la Macedonia rischia quindi di far deragliare tutta la strategia della NATO e dell'Unione Europea per stabilizzare i Balcani. Il processo di allargamento e di integrazione è stato finora il principale strumento per assicurare la sostenibilità dell'integrazione della regione in Europa. Dopo l'indipendenza, la Macedonia ha fatto dell'adesione alla NATO e all'UE una priorità della sua politica internazionale. Dopo l'apertura di relazioni dirette tra Skopje e Bruxelles nel dicembre 1995, è venuto l'accordo di stabilizzazione ed associazione firmato nel 2001 e lo status di "paese candidato" concesso nel 2005. Allo stesso modo, la Macedonia è stata - dopo l'Albania - il primo paese della regione ad aderire al "Partenariato per la pace" nel 1995 e il Piano d'azione per l'integrazione nella NATO nel 1999. Tuttavia, a causa della regola dell'unanimità in materia di adesione, alla Macedonia non è stato permesso di avanzare nel processo di adesione auroatlantica. L'intransigenza greca ha finito per rimettere in discussione la credibilità delle strutture euro-atlantiche.
Una possibilità si è aperta con l'arrivo ad Atene del governo socialista di George Papandreou (che si è mostrato subito più disponibile del precedente esecutivo di centro-destra) e soprattutto con l'esplosione della crisi del debito del greco. L'assistenza finanziaria fornita dagli Stati membri dell'Unione Europea, offre l'opportunità di fare pressioni sul governo greco perché faccia alcune concessioni verso un compromesso accettabile dalle due parti. Ma nello stesso tempo, il raffreddamento del processo di allargamento e il resplodere della crisi a causa della situazione irlandese potrebbe costringere Bruxelles a tenere la questione in stand-by, così come la NATO ha al momento altre priorità sul tavolo da risolvere piuttosto che occuparsi del piccolo Paese balcanico.


Sull'argomento segnalo l'interessante articolo (in francese) di Loïc Poulain sul portale del Courrier des Balkans da cui ho tratto questo post e (sempre in francese) il dossier Macedonia/Grecia: l'interminabile conflitto del nome
                                                           
                               

lunedì 22 novembre 2010

DIECI ANNI DI OSSERVATORIO


"Il miglior sito web in lingua italiana su Balcani e Caucaso, dai contenuti appassionanti". E' il lusinghiero giudizio espresso da Tim Judah sulle pagine Internet dell'Economist a proposito di Osservatorio Balcani e Caucaso che compie dieci anni di attività. In effetti in questi anni Osservatorio è diventato un punto di riferimento di fondamentale importanza per tutti coloro che si interessano alla situazione politica, sociale, culturale, umana di queste aree. E a testimoniare questa importanza ci sono anche i molti riconoscimenti e premi ricevuti da Osservatorio in questi anni, ultimo dei quali, in ordine di tempo, il Premio Antonio Russo.

Personalmente ho un particolare legame con Osservatorio perché per me è stata una delle prime fonti di informazione, trovata un po' per caso, quando, altrettanto per caso, cominciai ad occuparmi di Balcani. Gli amici di OBC mi hanno aiutato a cominciare ad aggirarmi nella complessità del sud est europeo senza l'impressione di perdermi in una realtà che spesso appare incomprensibile. Da allora la loro grande disponibilità a fornire informazioni, contatti e indicazioni, ma anche a proporre analisi e riflessioni non è mai venuta meno. Anzi si è arricchita e approfondita, man mano che si è arricchito e approfondito il loro lavoro che, credete, non è affatto facile.

Come ho già scritto poco tempo fa in occasione dell'assegnazione del Premio Antonio Russo, OBC non è solo una fonte preziosa di informazioni per chi si occupa di certe aree del mondo, ma anche la prova che si può pensare e fare un giornalismo che non sia solo gossip, ricatto politico o ricerca dell'audience costi quello che costi.

In occasione del decennale per Radio Radicale ho intervistato Luka Zanoni, direttore della testata giornalistica di OBC, per fare un sintetico bilancio della loro attività, dalla nascita di Osservatorio, quando si chiamava semplicemente Osservatorio sui Balcani, ai progetti attualmente in cantiere.
L'intervista la potete ascoltare direttamente qui



oppure sul sito di Radio Radicale.

Per festeggiare i suoi primi dieci anni di attività Osservatorio Balcani e Caucaso ha organizzato una festa che si terrà sabato 27 novembre a Rovereto. Si comincia alle 17 con un incontro pubblico presso la sala del Consiglio comunale al Palazzo Pretorio di Piazza Podestà 11 e dopo il brindisi di rigore si prosegue alle 21,30 con la festa vera e propria alla caffetteria "Le Arti" del Mart in corso Bettini 42 con la Maxmaber Orkestar, DJ Boris, i corrispondenti dai Balcani e dal Caucaso, i i sostenitori, i lettori e gli amici di Osservatorio.
Qui il programma completo.

     

I BALCANI DA VUKOVAR A BRUXELLES


La definitiva pacificazione dei Balcani occidentali, premessa indispensabile per la loro integrazione nell'Unione Europea, passa inevitabilmente dal difficile, lungo e complesso cammino di riconciliazione dopo le tragedie delle guerre jugoslave degli anni '90. Croazia e Serbia, per merito dei rispettivi presidenti Ivo Josipovic e Boris Tadic, hanno compiuto recentemente passi importanti, ma molta strada resta ancora da fare, soprattutto per la Serbia che deve al più presto assicurare alla giustizia internazionale i due ultimi super latitanti Ratko Mladic e Goran Hadzic.
Qui di seguito la trascrizione della parte dedicata al tema della corrispondenza di Marina Szikora per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 20 novembre a Radio Radicale.

Il presidente serbo BorisTadic e quello croato Ivo Josipovic
in occasione del loro primo incontro il 24 marzo 2010

19 anni dopo la caduta di Vukovar
Quando si parla di collaborazione regionale e dell'impegno per la stabilita' nella regione, il maggiore passo ultimamente e' stato compiuto dalla Croazia e dalla Serbia per superare tutte le ferite ancora fortemente presenti come conseguenza della guerra di occupazione serba contro la Croazia. Ma giovedi', 18 novembre, tutta la Croazia si e' fermata in ricordo della piu' atroce vicenda di questa guerra, la caduta della citta' martire Vukovar. E proprio Vukovar e la fattoria Ovcara, nelle sue vicinanze sono stati i luoghi del recente incontro tra i due presidenti, Boris Tadic ed Ivo Josipovic per rendere omaggio alle vittime che ad Ovcara furono brutalmente uccise dalle forze serbe. E' stata la prima volta che un presidente della Serbia si e' inchinato davanti alle vittime porgendo scuse a nome del suo popolo che ha compiuto questi pesanti crimini di guerra e contro l'umanita'. Ma Vukovar e' tutt'ora una realta' in cui le conseguenze delle sofferenze sono ancora ben impresse nella memoria dei suoi cittadini e l'attesa convivenza e' ancora molto molto difficile. Mancano all'appello oltre mille persone scomparse e molti crimini aspettano ancora il giudizio contro gli esecutori. «Non c'e' pace senza giustizia» ha detto il presidente croato Ivo Josipovic che insieme alla premier Jadranka Kosor ha visitato nel giorno dell'anniversario della caduta di Vukovar anche Skabrnja, altro luogo di un massacro dei civili croati. Giovedi', in ogni canto della Croazia c'erano candele accese e rose rosse in memoria di Vukovar, della citta' e dei suoi abitanti che 19 anni fa subirono crimini inimmaginabili per mano degli agressori serbi. Quest'anno l'omaggio alla citta' ed agli eroi di Vukovar hanno reso circa 20 mila persone arrivate da tutta la Croazia. Nella tradizionale marcia hanno camminato 5,5 chilometri fino al Cimitero memoriale delle vittime della Guerra per la Patria. Nella marcia hanno preso parte anche il capo dello stato Ivo Josipovic, il presidente del Parlamento Luka Bebic, la premier Jadranka Kosor, il presidente della Conferenza episcopale croata Marin Srakic, nonche' ministri e deputati del Sabor mentre la marcia e' stata capeggiata dai membri della Societa' croata di prigionieri dei campi di concentramento serbi. Marciando, il presidente Josipovic ha detto che «Vukover e' stata grande nella sua vittima ma anche nella sua capacita' di perdonare». Ha sottolineato che il sacrificio di Vukovar e' qualcosa che il popolo croato custodira' per sempre nella sua memoria. «Ci ricordiamo con rispetto e ammirazione, ma al tempo stesso dobbiamo guardare al futuro per vedere come vivranno i giovani che vogliono rimanere in questa citta' – questo e' il messaggio odierno di Vukovar» ha detto il president del Parlamento Luka Bebic. La premier Jadranka Kosor ha ricordato che si rende omaggio a circa 1700 difensori croati e civili uccisi nella difesa di Vukovar nel 1991. «Ci ricordiamo di loro ma anche di circa 4000 feriti e circa 500 di coloro che si trovano ancora sulla lista di persone scomparse e tenute prigionieri» ha detto Kosor. L'ultimo comandante della difesa della citta' e della brigata di Vukovar, Branko Borkovic ha detto che dopo 19 anni dalla guerra «pare che sia arrivato finalmente il tempo in cui l'opinione pubblica croata pone le giuste domande sulla difesa di Vukovar». Ha valutato che ci si arrivera' di sicuro alla riconciliazione in Vukovar ma ne' piu' velocemente ne' piu' lentamente della riconciliazione tra, ad esempio, i francesi ed i tedeschi dopo la Seconda guerra mondiale.
Da ricordare che la lotta per Vukovar inizio' il 25 agosto 1991 quando l'ex esercito jugoslavo, JNA e le forze paramilitari serbe iniziarono l'attacco contro la citta'. La Vukovar assediata fu difesa da circa 1800 membri della guardia popolare croata e dalle forze di polizia nonche' da volontari arruolati nella brigata 204. dell'esercito croato. La difesa della citta' fu sconfitta il 18 novembre1991. La difesa di Vukovar contro le forze armat serbe durata sorprendentemente tre lunghi mesi e' la vicenda chiave della storia contemporanea croata poiche' i dati militari, politici ed internazionali testimoniano che senza Vukovar del 1991 non ci sarebbe stato lo stato attuale croato. Secondo le stime dell'ospedale di Vukovar, durante l'agressione e l'occupazione di Vukovar furono uccini o morirono circa 3600 difensori e civili. Circa 7000 difensori e civili croati furono portati nei campi di concentramento serbi mentre dalla citta' furono cacciati via circa 22.000 croati e altri non serbi. Sulla lista dei prigionieri e scomparsi nella Guerra per la Patria ci sono 310 persone della regione di Vukovar.

Skabrnja: un crimine senza giustizia
E sempre 19 anni fa, i membri dell'esercito jugoslavo e le forze paramilitari serbe, aiutate dall'aviazione, dai carri armati e dall'artiglieria del cosidetto corpo di Knin sconfissero la resistenza di difensori debolmente armati. Fu occupata cosi' Skabrnja. In questo luogo vennero uccise donne, bambini ed anziani. Durante l'occupazione durata diversi anni fino alla liberazione con l'operazione militare 'Tempesta' nel 1995 il numero delle vittime di Skabrnja aumento' ad 86. Altri sei abitanti di questo luogo morirono dopo la guerra a seguito di esplosioni di mine. Quest'anno per la prima volta alla commemorazione delle vittime di Skabrnja c'erano il presidente Ivo Josipovic e la premier Jadranka Kosor. Le rappresentanti dell'Associazione delle donne della guerra davanti alla chiesta di Santa Maria Vergine hanno collocato 86 sacchi neri con scritte di nomi delle vittime. Con questo gesto volevano avvisare i vertici dello Stato che per i crimini in questo piccolo luogo solo una persona, Zorana Banic, aveva scontato una perna carceraria di 6 anni. Nessuno di quelli che avevano ordinato questo crimine non sono stati portati mai davanti alla giustizia. I diciasette perpetratori di crimini sono stati invece accusati in contumacia ma nessuno di loro non e' ancora stato consegnato alla giustizia croata. Per questo motivo, in occasione della commemorazione, il presidente Josipovic ha detto ai tanti presenti che «non vi e' pace senza giustizia e che non basta che i crimini siano condannati in contumacia». «E' obbligo di tutti noi in Croazia che il crimine non sia dimenticato e la vittoria qui ottenuta e' la colonnna sulla quale bisogna costruire la pace» ha detto Josipovic. «Da Vukovar fino a Skabrnja, in 143 luoghi di fosse comuni stiamo ancora cercando 1024 difensori e civili», ha ricordato a Skabrnja la premier Jadranka Kosor.

Tribunale internazionale, Brammertz: Mladic molto probabilmente e' in Serbia
A proposito di crimini di guerra in ex Jugoslavia, il procuratore generale dell'Aja, Serge Brammertz ha dichiarato giovedi' all'Aja che il principale accusato del Tpi, Ratko Mladic o si nasconde con successo grazie ad una buona rete di sostenitori oppure la ricerca non e' abbastanza efficace, informa l'agenzia di stampa serba Beta. Brammertz ha detto ai giornalisti all'Aja di non pensare che oggi ci sono informazioni assolutamente affidabili sul luogo dove si trova Mladic e su chi e' quello che lo sostiene. «Se si nasconde, e' chiaro che non lo puo' fare da solo e che ci sia qualcuno ad aiutarlo. La domanda e' se si nasconde dalle mani della giustizia con successo e se ha una rete di sostenitori oppure la caccia al ricercato non e' sufficiente» ha detto il procuratore dell'Aja. Brammertz ha sottolineato che non c'e' dubbio che la chiave della soluzione e l'arresto dei super ricercati, Mladic e Hadzic, si trovi a Belgrado, che molto probabilmente loro si trovano in Serbia ma che c'e' sempre anche la possibilita' che Mladic e Hadzic non siano in Serbia. Considerando il fatto che Mladic e' un generale, Brammertz ha affermato che c'e' senso indagare sul possibile sostegno da parte delle strutture militari e di sicurezza, ma che non ci sono dati concreti a confermarlo. Il procuratore generale dell'Aja ha sottolineato che si e' mancato all'occasione di catturare Mladic nel 2006 e che in base alle informazioni disponibili si e' fallito in questa occasione volutamente. Secondo Brammertz e' molto importante che contro la rete di sostenitori ci sia un processo penale che servira' a rafforzare la pressione sugli ultimi due latitanti dell'Aja. Il procuratore capo ha aggiunto che rimarrebbe «una macchia scura» nell'eredita' del Tribunale dell'Aja se Mladic e Hadzic non saranno catturati e portati davanti alla giustizia.
Mercoledi', Brammertz ha inviato al Consiglio di Sicurezza dell'Onu il suo rapporto sulla collaborazione della Serbia con il Tribunale dell'Aja, scrive il quotidiano di Belgrado 'Blic'. L'informazione arriva dallo stesso Brammertz che presentera' il rapporto ufficialmente il prossimo 6 dicembre. Il procuratore generale ha precisato che il suo rapporto e' la continuazione di quanto elaborato lo scorso giugno con in piu' le raccomandazioni su come migliorare le azioni di ricerca dei fuggitivi. Brammertz ha spiegato inoltre che il rapporto inviato al Consiglio di sicurezza e' stato finalizzato a seguito della sua visita lunedi' a Belgrado ma non specifica nessun detaglio relativo al documento. Il capo dell'Ufficio del governo serbo per la collaborazione del Tribunale dell'Aja, Dusan Ignatovic ha detto per l'agenzia Tanjug, che anche se non ha avuto modo di leggere il rapporto, non si aspetta che questo documento sara' notevolmente diverso rispetto a quello precedente.
Nella sua valutazione sulla situazione relativa a Mladic, Brammertz ha sottolineato che tutti si aspettavano che dopo l'arresto di Radovan Karadzic, anche l'ex generale serbo bosniaco Mladic sarebbe stato arrestato presto. Ma da allora sono passati due anni e mezzo e ci deve essere una ragione perche' cio' non e' ancora avvenuto ha detto Brammertz aggiungendo che Mladic e' stato rivisto per l'utima volta in Serbia nel 2006.
                                                   

PASSAGGIO IN ONDA

La puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda sabato 20 novembre a Radio Radicale

Gli argomenti della trasmissione:
- l'integrazione europea dei Balcani;
- le elezioni anticipate in Kosovo e i possibili colloqui con la Serbia;
- l'anniversario della caduta di Vukovar mentre Croazia e Serbia cercano la riconciliazione;
- la collaborazione della Serbia con il Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia;
- l'integrazione euroatlantica della Macedonia ancora in sospeso a causa della disputa sul nome con la Grecia;
- gli investimenti per infrastrutture e vie di comunicazione in Albania.

L'ultima parte del programma è dedicato al decennale di Osservatorio Balcani e Caucaso con un'intervista al direttore della testata giornalistica Luka Zanoni.

La trasmissione è stata realizzata come sempre con la collaborazione di Marina Szikora e Artur Nura ed è riascoltabile direttamente qui



oppure al sito di Radio Radicale nella sezione delle Rubriche.
                                       

venerdì 19 novembre 2010

PASSAGGIO SPECIALE

La crisi economica nei Balcani: i casi di Croazia e Albania

Lo Speciale di Passaggio a Sud Est andato in onda mercoledì 17 novembre a Radio Radicale è tornato a parlare di economia e della situazione nei Balcani in questo periodo in cui governi e parlamenti sono alle prese con le leggi di bilancio.

La trasmissione parte dai dati emersi dal sondaggio "Balkan Monitor 2010" pubblicato il 13 novembre da Gallup, per poi prendere in esame la situazione in due paesi importanti per la stabilità dell'area: Croazia e Albania. La prima si avvia a chiudere il negoziato di adesione all'Ue per poi prepararsi all'ingresso effettivo nel (si pensa, date certe per ora non ce ne sono) 2012 o 2013. La seconda, invece, la scorsa settimana si è visto negare dalla Commissione europea la concessione dello status di "candidato" all'adesione a causa dello stallo politico interno dovuto allo scontro tra governo e opposizione dic entro-sinistra che si trascina dalle elezioni politiche del giugno 2009.

Lo Speciale, realizzato con la collaborazione di Marina Szikora e Artur Nura, è ascoltabile qui



oppure sul sito di Radio Radicale nello spazio delle Rubriche.
                           

mercoledì 17 novembre 2010

I BALCANI NEL 2010: LA GUERRA NON FA PIU' PAURA, LA CRISI SI'


La guerra non fa più paura, la crisi invece sì. Con questo slogan si può sintetizzare il sentimento prevalente fra i popoli balcanici almeno stando al "Balkan monitor 2010" realizzato da Gallup in collaborazione con European Policy Centre (Epc) e European Fund for the Balkans (Efd), pubblicato sabato 13 novembre e giunto alla sua quarta edizione. "Una strada rocciosa verso la normalità" ("The rocky road to normality! Public opinion in the Balkans") è il titolo che riassume le conclusioni a cui giunge l'indagine condotta nel luglio di quest'anno in Albania, Bosnia, Croazia, Macedonia, Montenegro, Kosovo, Serbia, su un campione di 1000 persone intervistate per ogni paese considerato.

Dallo studio emerge che i popoli balcanici credono nell'Ue, persino nella Nato, ma non nei loro governi, temono sempre più di non arrivare a fine mese e sempre meno che scoppi un'altra guerra e guardano positivamente alla prospettiva dell'integrazione europea, ma senza illudersi che rappresenti la soluzione di ogni problema. Sono dunque la crisi economica ed i suoi effetti sulle condizioni di vita delle famiglie ed essere in testa alle preoccupazioni di tutti i Paesi considerati: le punte massime si registrano in Croazia (54%) e in Serbia (78%), ma ovunque il dato è in crescita rispetto al 2009, compreso il fino ad oggi ottimista Kosovo dove aumenta del 19%, toccando quota 51%. E se serbi e macedoni sono i più fiduciosi che troveranno lavoro nei prossimi 12 mesi, ben il 74% dei disoccupati bosniaci non condivide questo ottimismo.

Interessante il dato sulla fiducia nell'Ue, che sembra diminuire man mano che ci si avvicini al traguardo dell'adesione. E' il caso della Croazia, il cui ingresso è atteso per il 2012 o 2013 (anche se Bruxelles non ha ancora fissato una data certa), dove il 48% degli intervistati voterebbe no in un eventuale referendum sull'adesione, contro un 38% di sì. Voterebbero favorevolmente, invece, oltre i due terzi del campione in tutti gli altri Paesi considerati nell'indagine. I popoli balcanici hanno dunque fiducia nell'Ue, nelle forze armate (di cui si fida per esempio il 73% dei croati) e addirittura nella Nato, ma non ne rispettivi governi nazionali, con la curiosa eccezione dell'Albania, nonostante il parlamento bloccato da oltre un anno dall'ostruzionismo dell'opposizione di centro-sinistra che accusa la maggiioranza di brogli nelle elezioni politiche del giugno 2009. La fiducia nell'esecutivo di Tirana è cresciuta infatti del 17% dal 2006 ad oggi, toccando quota 48%, con il 60% dei cittadini albanesi che si sente politicamente rappresentato rispetto al 33% del 2006 (il che fa supporre che le elezioni amministrative del prossimo anno potrebbero vedere un'affermazione del centro-destra guidato dal Partito democratico del premier Berisha).

Diminuisce ovunque la paura di un nuovo conflitto: anche in Bosnia, dove sono cresciuti del 29% in un anno coloro che si dicono certi che non ci sarà un'altra guerra. Allo stesso modo, è incoraggiante il dato sulla percezione della corruzione: quella "ad alti livelli" resta estesa, ma diminuiscono diffusamente quanti dichiarano di aver dovuto pagare tangenti e bustarelle nell'ultimo anno: in Macedonia per esempio si passa dal 20 al 13%. Certo, a dieci anni dall'ultima guerra nella regione "i Balcani ancora rappresentano un insieme di protettorati frustati e stati deboli", osserva il Balkan monitor 2010 di Gallup e Efb che descrive Albania, Montenegro e Macedonia come "piccole e claustrofobiche repubbliche modellate sull'Italia di Berlusconi, dove i governi sono populisti e godono di ampia popolarità e dove l'opposizione è scoraggiata e scoraggiante allo stesso tempo". Bosnia e Kosovo, da parte loro, "sono imbrigliate nel labirinto delle politiche di semi indipendenza", mentre la Serbia "è scioccata" in primis, ma non solo, dalla perdita del Kosovo e la Croazia appare "divisa" tra quanti si dichiarano pro e quanti si esprimono contro l'adesione all'Unione europea.

Qui il testo completo del Balkan Monitor (in inglese)
                            

martedì 16 novembre 2010

PASSAGGIO SPECIALE

Il rapporto annuale della Commissione Europea sull'allargamento dell'Ue

Lo Speciale di Passaggio a Sud Est andato in onda mercoledì 10 novembre a Radio Radicale è stato dedicato ai rapporti annuali della Cammissione Europea sui Paesi in marcia sul cammino per l'adesione all'Ue. Nel complesso, ad esclusione della Croazia, il cui ingresso dovrebbe concretizzarsi entro un paio di anni, nessuno dei Paesi del sud est europeo in lista d'attesa dovrebbe riuscire a centrare il traguardo prima del 2020. E per la Turchia, l'unico paese dell'elenco che con la Croazia ha in corso i negoziati di adesione veri e propri, il cammino sarà quasi certamente ancora lungo e, al momento, senza la certezza del risultato. Ma il vero problema, a fronte dei documenti su ogni Paese pubblicati il 9 novembre dalla Commissione Europea, c'è la realtà di un'Europa che, ormai lontata dagli entusiasmi del 2004, appare sempre meno desiderosa di allargarsi ulteriormente, presa com'è da problemi interni come la crisi economico-finanziaria che rischia seriamente di dare un colpo mortale al progetto di unione politica.

La trasmissione, realizzata con la collaborazione di Marina Szikora e Artur Nura, è disponibile direttamente qui



oppure sul sito di Radio Radicale nella sezione delle Rubriche.
                          

NOTIZIE DALLA BOSNIA

di Marina Szikora (corrispondente di Radio Radicale)

La presidenza tripartita ha prestato giuramento
La presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, composta dal rappresentante bosgnacco, Bakir Izetbegović, da quello croato, Željko Komšić, e dal serbo Nebojša Radmanović, è la prima istituzione ad entrare in carica dopo le elezioni dello scorso 3 ottobre 2010. L'istituzione della nuova presidenza è stata resa pubblica mercoledi' a Sarajevo in base ai risultati delle elezioni.
Il primo a rivolgersi ai colleghi e ai molti ospiti, e' stato Bakir Izetbegović, il nuovo esponente bosgnacco, mentre i rappresentanti croato e serbo sono gli stessi della precedente presidenza. In un intervento molto emotivo, Bakir Izetbegović si e' ricordato del suo defunto padre Alija e del tempo in cui fu lui ad avere questo incarico. "Questo non e' un incrocio, perche' gli incroci offrono diverse vie. Noi ne abbiamo una sola, tutto il resto sono percorsi fuori strada. L'unica via giusta e' quella delle integrazioni, dell'unificazione, della riconciliazione, della collaborazione e del dialogo, in altre parole, la via europea", ha detto il rappresentante bosgnacco. L'attuale presidenza di turno sara' tenuta dal serbo Nebojša Radmanović succeduto all'ultimo presidente della precedente presidenza tripartita, Haris Silajdžić. La neo presidenza ha sottolineato che una delle priorita' nel prossimo periodo sara' la collaborazione con i paesi vicini, Croazia, Serbia e Montenegro. C'e' da osservare che alla sessione inaugurale non ha partecipato il leader del PDP, Mladen Ivanić il quale ha perso per pochi voti la corsa alla presidenza della BiH nella Republika Srpska. La ragione del boicottaggio, secondo Ivanić, e' che non riconosce i risultati elettorali a causa di manipolazioni durante il processo elettorale.
L'attuale presidente a rotazione, che svolgera' questo incarico nei prossimi otto mesi, Nebojša Radmanović ha sottolineato che nel suo lavoro si impegnera' per lo sviluppo della collaborazione di buon vicinato con i paesi confinanti nonche' con altri stati dell'ex Jugoslavia per una piu' accelerata integrazione della BiH nell'Ue. "Dobbiamo assumerci la responsabilita' politica e soddisfare le promesse date. Il tempo che sta' davanti a noi sara' decisivo per il futuro della BiH e dei Balcani occidentali. Tutti noi in BiH dobbiamo dimostrare pazienza politica", ha detto Radmanović sottolineando che la BiH nel futuro ha bisogno di nuovi orientamenti e direzioni. Secondo le sue parole, si aspetta dall'Ue l'orientamento e l'aiuto consultativo invece dell'arbitrato e soluzioni gia' pronte. Bakir Izetbegović che siedera' nell'ufficio del suo defunto padre, ex presidente della Presidenza dell'allora Repubblica BiH, ha sottolineato nel suo intervento che e' arrivato il tempo per soluzioni positive e che e' necessario adottare le riforme in cui la presidenza della BiH deve dare un contributo particolare. Il membro croato della Presidenza tripartita, Željko Komšić sulla cui rielezione si e' alzata molta polvere, ha valutato che le attuali condizioni politiche in BiH sono piu' complesse rispetto al periodo precedente. Nel suo intervento ha sottolineato che si impegnera' per l'ugaglianza e pari diritti del popolo croato in BiH. Uno dei primi compiti della neo Presidenza sara' la nomina del mandatario per la costituzione del nuovo Consiglio dei ministri della BiH. Cio' dovrebbe accadere dopo il consolidamento delle due camere parlamentari e dopo l'accordo dei partiti sul come sara' composto il governo in BiH, sempre in base ai risultati delle elezioni di ottobre.

I membri della nuova presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina:
Bakir Izetbegovic, Zeliko Komsic, Nebojsa Radmanovic
(Foto Reuters)
Il rapporto di Valentin Inzko al Consiglio di sicurezza dell'Onu
Il giorno dopo l'insediamento della nuova presidenza tripartita, l'Alto rappresentante internazionale per la BiH, Valentin Inzko, ha presentato il suo rapporto periodico al Consiglio di sicurezza dell'Onu in cui ha valutato che, dopo un lungo periodo di stallo, le ultime elezioni dello scorso ottobre e lo sviluppo positivo delle relazioni nella regione hanno risvegliato la speranza nel proseguimento delle riforme e un avanzamento verso la piena integrazione nella NATO e nell'Ue. Inzko ha sottolineato che le visite dei presidenti croato e serbo sono state "una svolta" poiche' hanno mostrato la necessita' di riconciliazione e collaborazione regionale. Inzko ha rilevato anche che le recenti scuse espresse dal presidente serbo Boris Tadić per i crimini serbi commessi a Vukovar nonche' le scuse del membro bosgnacco della Presidenza della BiH, Bakir Izetbegović per i crimini di bosgnacchi sono stati dei passi che hanno avuto un effetto positivo nella regione e in BiH.
Secondo l'Alto rappresentante internazionale, la situazione politica in BiH resta complessa con "insufficiente dialogo e compromessi" in particolare a causa della politica nazionalista. Inzko ha avvertito che "i leader politici della Republika Srpska parlano spesso della futura indipendenza di questa entita' e dell'insostenibilita' della BiH. I leader serbi altrettanto spesso negano le sentenze dei tribunali dell'Onu, l'ICTY e ICJ sul genocidio di Srebrenica, il che aumenta le tensioni". La BiH ha un futuro nella NATO e nell'Ue, ha detto l'Alto rappresentante, ma soltanto come paese unico e ha sottolineato che "la retorica sull'insostenibilita' della BiH deve cessare". Per quanto riguarda il maggiore partito croato in BiH, l'HDZ BiH che invita alla creazione di una entita' croata separata, Inzko ha valutato che questo "forse non e' reale" e aumenta inutilmente le tensioni nel Paese. Ha sottolineato inoltre che le attivita' del potere legislativo ed esecutivo della RS crea costanti sfide relative al funzionamento della BiH e che il mancato avanzamento nella soluzione della questione del patrimonio militare ostacola l'attuazione del Piano di azione della BiH per l'adesione alla NATO (MAP). "Per raggiungere una piena sostenibilita' e per avanzare verso le integrazioni euroatlantiche, la BiH ha bisogno di leader politici pronti a cambiare l'attuale politica. Politici che invece di una politica di tolleranza zero sia pronta a compromessi", ha avvertito Valentin Inzko davanti al Consiglio di sicurezza. Ha invitato la comunita' internazionale a continuare il suo forte impegno in BiH, mentre al Consiglio di sicurezza ha chiesto di prolungare il mandato alle forze EUFOR in BiH.
L'attuale presidente della Presidenza tripartita della BiH, l'esponente serbo Nebojša Radmanović nel suo intervento ha affermato che la BiH rappresenta un esempio positivo dell'impegno della comunita' internazione nella costruzione di pace e che il blocco delle riforme e' dovuto alle elezioni. Ha sottolineato che dalla fine della guerra, la BiH ha effettuato gli elementi chiave dell'Accordo di pace di Dayton, incluso il ritorno di molti profughi. Come incorraggiante ha individuato l'adempimento delle 174 condizioni di Bruxelles per l'abolizione del regime di visti nonche' le riforme amministrative, giuridiche e nel settore di educazione universitaria. Il rappresentante croato all'Onu, Ranko Vilović ha detto che la Croazia appoggia gli emendamenti costituzionali che garantiscono piena uguaglianza a tutti i tre popoli della BiH e per tutti i suoi cittadini. Vilović ha sottolineato che i croati in BiH, in quanto il gruppo piu' piccolo e piu' vulnerabile in BiH, devono partecipare con pieno diritto nelle decisioni, in particolare nella Federazione BiH, l'entita' a maggioranza croato -musulmana.
L'ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vitalij Čurkin, da parte sua invece, ha valutato che mantenere l'Ufficio dell'alto rappresentante ha "perso la sua ragione di essere ed e' diventato controproducente" poiche' i cittadini della BiH sono capaci di decidere da soli sul loro futuro, mentre la comunita' internazionale deve collaborare con i leader eletti, inclusi quelli di Banja Luka, capoluogo della RS.
                                                 

lunedì 15 novembre 2010

UN MOMENTO DI STORIA

Ovvero, quando i Radicali (quelli italiani e transnazionali) si mobilitavano per l'ingresso della Jugoslavia in quella che allora non era ancora l'Unione, ma solo la Comunità Economica Europea. Era il 1988. Un anno dopo Slobodan Milosevic sarebbe andato alla Piana dei Merli a fare il suo celebre e sinistro discorso. Quello che è successo nel decennio successivo lo sappiamo.

Dall'archivio storico radicale la manifestazione dei Radicali a favore dell’entrata della Jugoslavia nella CEE davanti al consolato jugoslavo di Trieste il 30 dicembre del 1988 nel servizio per il Tg regionale della RAI Friuli Venezia Giulia.

mercoledì 10 novembre 2010

TURCHIA: IL MAXI-PROCESSO DI DIYARBAKIR

Lo scorso 18 ottobre è iniziato in Turchia il processo a 151 dei 1925 esponenti della società civile curda e turca arrestati nell'aprile del 2009 nell'ambito dell'operazione di polizia scattata dopo l'affermazione del Partito della Società Democratica (DTP, il partito curdo poi sciolto dalla Corte Costituzionale) alle elezioni amministrative. Alla sbarra sono finiti amministratori locali (tra cui acuni sindaci), sindacalisti, attivisti, donne e anche dei minorenni. Una delegazione italiana, composta da esponenti delle organizzazioni filo-curde, si è recata in quei giorni a Diyarbakir per cercare di verificare il corretto svolgimento del processo.

Qui potete ascoltare l'intervista per Radio Radicale a Antonio Olivieri dell'associazione "Verso il Kurdistan" di Alessandria



             

PASSAGGIO IN ONDA

La puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda sabato 6 novembre a Radio Radicale

In questo numero: la storica visita del presidente serbo Boris Tadic alla città martire croata di Vukovar; Bosnia Erzegovina, il rapporto all'Onu dell'Alto rappresentante internazionale Valentin Inzko; Kosovo, le elezioni anticipate del 12 dicembre e la visita a Pristina del premier turco Recep Tayyip Erdogan; Croazia, il punto sul negoziato di adesione all'Ue; Si torna a parlare di "Grande Albania"; Turchia, il maxi-processo agli attivisti curdi e turchi accusati di terrorismo, intervista a Antonio Olivieri dell'associazione "Verso il Kurdistan".

La trasmissione è stata realizzata con la collaborazione di Marina Szikora e Artur Nura ed è riascolatabile qui



oppure al sito di Radio Radicale nella sezione delle Rubriche

                                                 

sabato 6 novembre 2010

VUKOVAR: 19 ANNI DOPO LA SERBIA CHIEDE SCUSA

Il presidente serbo Boris Tadic (a sinistra), rende omaggio
alle vittime del massacro di Ovcara. Accanto a lui il presidente
croato Ivo Josipovic (Foto Reuters)

di Marina Szikora [*]
Diciannove anni dalla tragedia di Vukovar e dal massacro di Ovčara, che dopo il genocidio di Srebrenica vengono considerate come le maggiori atrocita' delle guerre degli anni Novanta, Boris Tadić e' stato il primo presidente serbo a recarsi nella citta' martire croata e a rendere omaggio alle vittime pronunciando profonde parole di scusa e di rammarico per i crimini che sono stati commessi. Come annunciato, arrivato a Vukovar con il traghetto che collega le due sponde del Danubio, quella croata e quella serba, ad accoglierlo e' stato il presidente della Croazia Ivo Josipović. Ai due presidenti si e' riunita poi anche la premier croata Jadranka Kosor. Questo indubbiamente e' stato il maggiore evento in Europa sudorientale, una vicenda seguita con attenzione da tutti i media della regione ma anche dalle principali agenzie internazionali. Oltre 40 testate e 200 gironalisti e camerman hanno seguito la piu' iimportante vicenda politica degli ultimi anni. Dopo l'omaggio e i discorsi molto emozionanti alla fattoria di Ovčara dove furono uccisi oltre 200 soldati, civili e feriti dell'ospedale di Vukovar, i due presidenti hanno incontrato le associazioni delle vittime della Guerra per la patria di minoranza serba. Successivamente, Tadić e Josipović hanno depositato corone anche a Paulin Dvor, nei pressi di Osijek, dove sempre nel 1991 furono uccisi 19 serbi civili. Da Belgrado, il presidente Tadić ha portato 25 documenti sequestrati nel 1991 dall'ospedale di Vukovar che potrebbero aiutare nella ricerca degli oltre 1000 scomparsi croati di cui non si ha avuto da allora nessuna informazione.

"Sono venuto qui per inchinarmi davanti alle vittime ed e' mia intenzione rendere loro omaggio. Sono qui, perche' inchinandomi davanti alle vittime, voglio ancora una volta esprimere parole di scusa e di rammarico e creare la possibilita' affinche' Serbia e Croazia girino una nuova pagina della storia“ ha detto il presidente serbo Tadić ad Ovčara, simbolo delle sofferenze del popolo croato nella Guerra per la Patria. „E' mio desiderio di creare la possibilita' affinche' i nostri figli siano sollevati dal peso del passato e si realizzi una politica di buon vicinato e di collaborazione che apre le possibilita' alla gente – una politica che e' del tutto contraria a quella degli anni novanta“ ha aggiunto Tadić. "Siamo venuti a Vukovar e ad Ovčara per rendere omaggio alle vittime e per porre le condoglianze alle famiglie, ma anche per dimostrare che ogni crimine sara' punito“ ha detto il presidente croato Ivo Josipović. "Siamo venuti qui per dimostrare che e' possibile una politica diversa – una politica di pace“ ha sottolineato il capo dello stato croato rilevando che e' suo desiderio affinche' questo evento sia un nuovo stimolo per trovare il destino delle persone scomparse, il rispetto di tutte le vittime e l'apertura di una nuova pagina nelle relazioni tra i due paesi. Le due corone depositate ad Ovčara – il luogo dove i membri dell'esercito jugoslavo e delle forze paramilitari serbe avevano liquidato il 20 novembre 1991, 200 civili e soldati, maggiormente pazienti dell'ospedale di Vukovar – portano la stessa semplice ma importatne scritta: „Alle vittime innocenti“.

Questo evento, pero' ha suscitato ovviamente anche delle critiche e protesta. Cosi' ad Ovčara una 50-tina di persone hanno manifestato con candele accese e preghiera. Si tratta di mogli di Vukovar e di madri di Lovas e Sotin nonche' di difensori ed invalidi della Guerra. I manifestanti hanno sottolineato che non si oppongono a nessuna visita e alle condoglianze ma che chiedono soprattutto la verita' su tutte le vittime, in particoalare quelle scomparse. Sulla via verso Ovčara, i due presidenti hanno trovato anche un centinaio di manifestanti – membri del Partito croato del diritto. Portavano cartelloni con scritte tipo „le scuse non bastano“ , „Non sei benvenuto“, „Ivo stai sbagliando“. Molto impressionante e' stato l'incontro dei due presidenti e della premier croata con Vesna Bosanac, attualmente e all'epoca della guerra, direttrice dell'Ospedale di Vukovar.
A seguito del suo incontro con Tadic, la presidente del governo croato Jadranka Kosor ha detto che la visita del presidente serbo e' un momento importante nelle relazioni tra i due paesi e che con questa visita si apre un nuovo libro. „Con soddisfazione saluto tutto quello che il presidente serbo Boris Tadić ha pronunciato ad Ovčara e che ha reso omaggio alle vittime dei difensori e civili croati di Vukovar“ ha dichiarato Kosor. Si e' detta altrettanto soddisfatta che alla Croazia e' stata restituita una parte della documentazione sequestrata dall'ospedale di Vukovar nel 1991 di cui, come ha spiegato, si e' maggiormente parlato durante l'incontro con le associazioni delle vittime.
Durante l'incontro con i rappresentanti politici della minoranza serba in Croazia nonche' con i rappresentanti delle famiglie dei cittadini croati di nazionalita' serba che altrettanto cercano ancora i loro cari, Tadić ha detto: „Mi impegno che i croati in Serbia abbiano tutti i diritti e lottero' sempre per i diritti dei serbi che vivono in Croazia. E' una questione di principio politico, di valori comuni e di valori europei“ e ha aggiunto che si tratta dell'unico possibile aproccio se vogliamo parlare di riconciliazione e di un futuro comune in Europa Sudorientale. Da parte sua, Ivo Josipović ha spiegato che durante l'incontro e' stata confermata la posizione umana e politica che ogni crimine e' crimine e che ogni crimine deve essere condannato senza importanza da chi e contro chi e' stato commesso. La premier Kosor ha dichiarato invece che il suo Governo fa tutto per trovare e sepellire con dignita' i resti delle persone di nazionalita' serba sconparse durante le operazioni militari Lampo e Tempesta. Su questa lista, ha ricordato Kosor, ci sono 835 persone scomparse. Secondo le sue parole, si e' discusso anche del ritorno di profughi e di una prossima conferenza di donatori.

Alle domande dei giornalisti se ci sono state pressioni dall'estero, in particolare da Bruxelles alla realizzazione di questo incontro, il presidente serbo ha detto che a Vukovar si e' recato da uomo. „Nessuno ci ha costretti a questo passo, ne' Bruxelles ne' Washington, nessuno mi deve portare ne' a Srebrenica ne' a Vukovar“ ha risposto Boris Tadić sottolineando di esserci venuto come uomo e come presidente della Serbia. Il presidente Josipović da pare sua ha rilevato che „non e' ne' Washington, Bruxelles, Roma o Madrid a costringerci di fare quello che abbiamo fatto ieri, che facciamo oggi e quello che faremo domani, vale a dire compiere il processo di riconciliazione“. Bisogna girare ancora molte pagine di cui quella piu' difficile e' la pagina dei scomparsi, ha aggiunto il presidente croato.
All'indomani dell'evento di Vukovar, il commissario europeo all'allargamento Stefan Feule ha commentato che si tratta di „un passo importante verso la riconciliazione nei Balcani Occidentali“. Luoghi come questi dovrebbero diventare simboli di riconciliazione ed un esempio per tutti i Balcani Occidentali ha aggiunto Fuele sottolineando che Bruxelles presta particolare importanza alle relazioni di buon vicinato e alla collaborazione regionale come parte del processo di stabilizzazione e associazione. „Ci aspettiamo che questo lavoro esemplare continui“ ha concluso l'eurocomissario.
Reazioni arrivano anche dalla vicina Bosnia Erzegovina. Il neo presidente della Presidenza della BiH, Bakir Izetbegović ha valutato che nei Balcani si sta creando una nuova atmosfera la cui prova e' proprio l'incontro del presidente della Serbia Boris Tadić e del presidente della Croazia Ivo Josipović a Vukovar. „Non e' soltanto simbolico, poiche' le guerre nei Balcani sono finite da tanto tempo ed e' veramente arrivato l'ultimo momento per aprire prospettive migliori“ ha detto Izetbegović. Ha aggiunto pero' che i presidenti della Serbia e della Croazia, qualificati come leader della riconciliazione nella regione, non gli sono da esempio. Con dovuto rispetto verso Tadić e Josipović, ha detto Bakir Izetbegović, il suo desiderio e' quello di continuare la politica di suo padre, Izet.

[*] Corrispondente di Radio Radicale. Il testo è la trascrizione della parte della corrispondenza dedicata alla visita del presidente serbo Tadic a Vukovar per la puntata di Passaggio a Sud Est che andrà in onda questa sera a Radio Radicale
                            

giovedì 4 novembre 2010

PASSAGGIO SPECIALE

La riconciliazione nei Balcani

E' il tema dello Speciale di Passaggio a Sud Est andato in onda a Radio Radicale mercoledì 3 novembre.
La storica visita del presidente croato Ivo Josipovic insieme al presidente serbo Boris Tadic a Vukovar, una delle città martiri delle guerre jugoslave, è il punto di partenza per riparlare della complessa questione da cui dipende il futuro dei Balcani. Un proceso difficile ma necessario per cercare di curare le ferite ancora dolorosamente aperte dopo le tragedie degli anni '90, consolidare la stabilizzazione della regione e giungere ad una pacificazione duratura dell'intera regione.

La trasmissione, realizzata con la collaborazione di Marina Szikora e Artur Nura, è disponibile qui



oppure al sito di Radio Radicale nella sezione delle Rubriche.

Passaggio a Sud Est aveva in precedenza affrontato la questione nello Speciale del 1 settembre.