mercoledì 21 aprile 2010

LA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE ACCENDE LA TURCHIA

Foto Alumbis/Flickr
Recep Tayyp Erdogan ha rinunciato al vertice italo-turco che doveva tenersi oggi a Roma ed è rimasto ad Ankara per seguire da vicino il confronto parlamentare sulla riforma della Costituzione, elaborata sulla scia del colpo di stato del 1980, che il premier turco vuole fortemente ma che l'opposizione è altrettanto strenuamente decisa a bloccare perchè vi vede un tentativo di mettere il bavaglio alla magistratura e di ridimensionare lo strapotere dei militari da parte dell'attuale governo islamico-moderato. La riforma proposta renderebbe, tra l'altro, molto più difficile la messa al bando dei partiti politici, aprirebbe la possibilità di processare i militari anche dai tribunali civili e darebbe più peso al parlamento nella nomina dei giudici costituzionali e al premier in quella dei membri del consiglio superiore della magistratura.

Per gli oppositori il disegno di Erdogan è chiaro: il premier punta ad accrescere i propri poteri a scapito della magistrarura, in modo da evitare in futuro eventuali nuovi tentativi di chiudere il suo partitp, l'Akp, che lo scorso anno è sfuggito per poco alla messa al bando (l'accusa era quella di aver attentato al secolarismo dello Stato), misura dalla quale invece lo scorso anno non è scampato il Dtp, il partito curdo che aveva avuto un buon successo nelle elezioni del 2007 e che per un certo periodo aveva appoggiato il governo. Le nuove norme, però, andrebbero anche nella direzione auspicata dall'Unione Europea per uniformare la legislazione turca a quella dei Ventisette nel quadro del negoziato di adesione che langue da tempo e il cui esito è tutt'altro che scontato.

Ieri il parlamento turco ha cominciato l'esame degli emendamenti alla Carta: alcuni tra i meno controversi hanno ottenuto il voto anche di un paio di deputati dell'opposizione mentre questa mattina sono passati altri tre articoli. La riforma prevede infatti anche misure per rafforzare i diritti delle donne e dei minori, per la protezione della privacy e per estendere i contratti collettivi ai funzionari della pubblica amministrazione. Ma si tratta della quiete prima della tempesta: le questioni fondamentali, su cui l'opposizione promette guerra totale anche fuori dal parlamento, non sono ancora arrivate all'esame dell'assemblea. Il Partito repubblicano del Popolo (Chp), la principale formazione dell'opposizione, erede del kemalismo, ha iniziato a boicottare il voto in parlamento e si dice sicuro che la Corte Costituzionale boccherà la riforma e per questo ha già pronti tre diversi ricorsi.

Il dibattito parlamentare si annuncia, quindi, tutt'altro che facile e potrebbe durare ancora a lungo. Per questo Erdogan non ha fatto mistero di essere pronto a ricorrere al referendum popolare che potrebbe tenersi entro l'estate. "Fuggono dalla democrazia", dice in risposta alla linea dura dell'opposizione contraria ai cambiamenti. In ogni caso il braccio di ferro rischia di creare nuove gravi tensioni nel Paese dove i rapporti tra governo, alti gradi militari e magistratura sono da tempo piuttosto difficili, come dimostrato dalla scoperta di un presunto piano di colpo di stato contro il governo che lo scorso mese ha provocato l'arresto di decine di militari poi rimessi in luibertà. Sia come sia per la Turchia i prossimi saranno mesi piuttosto caldi. Non è quello di cui ha bisogno, ma è la realtà con cui si dovrà fare i conti anche fuori dai confini del Paese e l'Europa farebbe bene a non sottovalutare la situazione.

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