Ieri il Parlamento svedese, a sopresa e malgrado il parere contrario del governo, ha adottato una mozione che riconosce il genocidio degli armeni del 1915. Il testo presentato dall'opposizione di sinistra è passato con un solo voto di maggioranza (131 contro 130) grazie a quattro deputati della maggioranza di centrodestra che non hanno rispettato la linea del loro partito e hanno votato in favore della mozione. Il voto del Parlamento svedese arriva dopo quello della commissione Esteri della Camera dei Rappresentanti Usa che ha messo in crisi i già non facili rapporti tra Ankara e Washington.
La reazione turca non si è fatta attendere ed è stata dura: "Condanniamo fermamente questa decisione. Il nostro popolo e il nostro governo respingono questa decisione macchiata di gravi errori e priva di fondamento" ha dichiarato il governo turco. Il premier Recep Tayyip Erdogan si è espresso con toni altrettanto netti in un discorso televisivo in cui ha affermato che la Turchia "non si farà intimidire, non si inchinerà di fronte a questi fatti compiuti, questi atti in malafede, questi atteggiamenti irresponsabili".
Il ministro degli Esteri svedese, Carl Bildt, ha immediatamente annunciato che la linea del suo governo, che sostiene la candidatura della Turchia all'Unione Europea, "resta invariata" e ha definito un errore il voto del parlamento. Linea ribadita dall'ambasciatore svedese ad Ankara che ha precisato che "il compito di pronunciarsi sugli avvenimenti storici va lasciato agli storici" e che Stoccolma vuole mantenere "buone relazioni" con Ankara. Il voto, secondo l'ambasciatore avra' inevitabili ripercussioni sui rapporti diplomatici ed economici tra Turchia e Svezia.
E infatti l'ambasciatore svedese è stato convocato al ministero degli Esteri turco, mentre la sua omologa turca a Stoccolma è stata richiamata in patria "per consultazioni", mentre il premier turco ha annullato la visita in Svezia prevista per la prossima settimana.. Tutti passi molto gravi secondo la prassi della diplomazia internazionale. Ma le conseguenze più serie potrebbero essere altre: secondo Erdogan, iniziative come quella del Parlamento svedese (e come quella Usa, aggiungo io) "avranno un impatto negativo sulle relazioni tra la Turchia e l'Armenia, che siamo tentando di normalizzare".
Ankara ed Erevan hanno firmato a ottobre 2009 due protocolli d'intesa che prevedono la normalizzazione delle relazioni diplomatiche e l'apertura delle frontiere. Entrambi gli accordi, tuttavia, non sono stati ancora ratificati dai rispettivi parlamenti. Due sono i punti cruciali del negoziato. Il primo è quello dei massacri degli armeni per mano ottomana che Erevan (non da sola) considera un genocidio. Il secondo è la questione della regione a maggioranza armena del Nagorno-Karabakh, che negli anni Novanta ha autoproclamato l'indipendenza dall'Azerbaigian, paese strettamente legato per ragioni storiche e culturali con la Turchia.
Il presidente armeno Serzh Sarkisian, da Parigi dove si trova in visita ufficiale, in un'intervista al quotidiano francese Le Figaro, ha minacciato il ritiro della firma dagli accordi per la normalizzazione dei rapporti diplomatici con la Turchia se Ankara utilizzerà "per altri fini" questa fase. "Il mio desiderio di stabilire relazioni normali è grande, ma le dichiarazioni recenti della Turchia mi fanno credere che non ratificheranno i protocolli in un futuro prossimo", ha affermato il capo di stato armeno, protagonista, con il suo omologo turco Abdullah Gul, del disgelo tra i due paesi. Sarkisian rimprovera alla Turchia di "non smetterla di porre problemi preventivi alla ratifica, tra cui il principale è quello che concerne il Nagorno Karabakh". Erevan, ha ribadito il capo di stato, ha già chiarito che ratificherà l'accordo "non appena lo farà il Parlamento turco".
http://www.comunitaarmena.it/comunicati/internazionale%2026032010.pdf
RispondiEliminaa questo indirizzo si legge l'articolo di Ahmet Altan giornalista indipendente e direttore di Taraf
Grazie per la segnalazione.
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