Questa settimana lo Speciale di Passaggio a Sud Est, andato in onda mercoledì 3 marzo su Radio Radicale è dedicato alla giustizia internazionale nei Paesi dell'ex Jugoslavia.
Lunedì 1 marzo all'Aja è ripreso il processo contro Radovan Karadzic davanti ai giudici del Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia. Il procedimento era iniziato il 26 ottobre scorso, quindici mesi dopo l'arresto del super ricercato ex capo politico dei serbi di Bosnia, ma si era subito interrotto perché Karadzic, che ha scelto di difendersi da solo come aveva fatto Slobodan Milosevic, non si era infatti ripresentato in aula dopo la prima udienza sostenendo di aver bisogno di più tempo per preparare la sua difesa. Karadžić aveva chiesto un rinvio di dieci mesi: è riuscito ad ottenerne quattro. Si è confermato un buon negoziatore, com'era stato durante la guerra di Bosnia, quando per anni aveva preso in giro la diplomazia europea ed internazionale. A giudicare dalle prime battute di questa ripresa del procedimento sembrerebbe che Karadzic abbia deciso di adottare una tattica un po' diversa, ma staremo a vedere.
I giudici hanno accolto la sua richiesta di potersi difendere da solo, ma gli hanno anche assegnato un avvocato in modo tale che se l'imputato sceglierà nuovamente di non presentarsi, il processo andrà avanti senza di lui. Il lupo comunque non ha perso il pelo (Karadzic continua a sfoggiare un'invidiabile folta capigliatura), ma nemmeno il vizio. Si difende attaccando e sostenendo che le due peggiori atrocità avvenute durante la guerra di Bosnia, l'assedio di Sarajevo e il massacro genocida di Srebrenica sono miti diffusi dai musulmani bosniaci. L'assedio di Sarajevo, durato dal 1992 al 1996 e durante il quale morirono diecimila persone, sarebbe stato il risultato di una battaglia interna tra i musulmani. Il massacro di Srebrenica (ottomila mila morti almeno) è invece una "invenzione", "un mito" sul quale sono state raccontate "menzogne" dai musulmani che hanno raggrupparono dei corpi in fosse comuni per incolpare le forze serbe. Anche il numero delle vittime è stato "esagerato".
Il tema della giustizia internazionale è tornato dunque all’ordine del giorno nei paesi dell’ex Jugoslavia ma desta attenzione anche a livello internazionale. Tra l'altro in questi giorni è ripreso anche un'altro procedimento, quello contro il leader ultranazionalista serbo Vojslav Seselj, capo del Partito Radicale Serbo, accusato di crimini di guerra commessi in Croazia, Vojvodina e Bosnia Erzegovina. Seselj ha chiesto al Tribunale addirittura due anni per la preparazione della sua difesa e ha sostenuto che il Tribunale potrebbe liberarlo molto presto perché la procura non avrebbe prove sufficienti per sostenere le accuse.
Nella trasmissione si parla anche di un altro caso, quello del presunto traffico di organi che sarebbe stato organizzato da elementi dell'Uck, l'Esercito per la liberazione del Kosovo, e del quale sarebbero rimasti vittime prigionieri serbi e non solo, tra Kosovo e nord dell'Albania durante la guerra del 1999. La vicenda era stata rivelata dall'ex procuratrice del Tpi, Carla Del Ponte, nel suo libro "La caccia", ma senza portare prove e mentre l'Ue e la missione civile europea Eulex restano cauti, il Consiglio d'Europa da tempo sta conducendo una sua inchiesta. Nel frattempo la procura serba per i crimini di guerra sostiene di avere trovato testimonianze convincenti, ma le autorità di Pristina negano con decisione e da Tirana è stata fino ad ora negata collaborazione per cercare di fare luce sulla vicenda.
La trasmissione, realizzata con la collaborazione di Marina Szikora e Artur Nura è disponibile sul sito di Radio Radicale
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