martedì 9 marzo 2010

ANCORA SUL GENOCIDIO ARMENO

Grazie ad Andrea G. segnalo un interessante pezzo di Nicholas Kristof, inviato speciale e commentatore del New York Times. Il pezzo, con misura e prudenza che traspare già dal titolo, propone alcune riflessioni e perplessità sul voto della Commissione Esteri della Camera Usa. Alcune sono analoghe a quelle che in questi giorni ho fatto io e che ho letto in vari articoli sui giornali italiani e in diversi blog, ma ci sono anche altre osservazioni. Comunque la si pensi mi sembra una lettura utile. Ve lo riporto qui di seguito nella traduzione in italiano "rubata" dal blog di Andrea.

Parlando, non da armeno...
Il Congresso ha sempre rifiutato di prendere misure serie contro i genocidio in corso. E allora è un progress il fatto che la commissione degli affari esteri abbia votato ieri la condanna del genocidio armenio del 1915? Vale la pena per il Congresso di trattare di un genocidio in qualche modo, anche se con 95 anni di ritardo?
Prima, qualche premessa. Sono in parte armeno (mio padre creò Kristof da Krzysztofowicz, la versione polacca di Hachikian, un cognome ben armeno). (…) Non ci sono storie familiari legate al genocidio, ma penso che le prove siano chiare e che “genocidio” sia la parola adatta per ciò che è successo, ed è per questo che mi riferisco sempre a questi fatti come “genocidio armeno”. È anche vero che la Turchia ha dei problemi a riconoscere la sua brutalità verso armeni e curdi, sebbene nell’ultima decade la situazione sia andata molto meglio. Ho parlato della questione con il primo ministro Recep Tayyip Erdogan un paio di volte, ed è lontano anni luce dai suoi predecessori (e anche qualche anno luce indietro di quanto ci sia bisogno).
Il problema è che non vedo per quale ragione il Congresso debba occuparsi del genocidio del 1915, soprattutto in un tempo in cui non può affrontare problemi urgenti oggi. Se il Congresso inizia a deragliare guardando alle ingiustizie del passato, non raggiungerà mai agli affari presenti. E non è una risoluzione che aiuterà gli armeni. Al contrario, la reazione forse danneggerà il recente disgelo nelle relazioni turco-armeno, un importante sviluppo per la regione. Quella riconciliazione turco-armena è qualcosa che il congresso potrebbe aver sostenuto con una risoluzione.
I politici, compreso Barack Obama, durante le campagne elettorali parlano spesso del genocidio degli armeni perché vogliono i voti degli armeni-americani. In carica cercano di annientare queste risoluzioni anziché offendere gratuitamente un alleato. Ecco perché il segretario di Stato Hillary Clinton disse all’ultimo minuto che era una cattiva idea.
È sciocco per la Turchia essere offesi dalla risoluzione? Certo, ma probabilmente saremmo stati ugualmente offesi se tutta l’Europa avesse votato risoluzioni denunciando le politiche di genocidio verso i nativi americani (indiani d’America, ndt) nel XIX secolo, o il quasi-genocidio commesso da noi a inizio del XX secolo. Dovremmo sostenere ulteriormente la Turchia lungo il percorso della riconciliazione con armeni e curdi. Colpendoli — anche per qualche peccato storico— non raggiungeremmo quest’obiettivo. Chiunque pensi che la diplomazia è dir la verità non conosce la diplomazia.
Già oggi ho ricevuto qualche mail in cui si affermava che la vera storia è che Israele sta cercando di punier la turchia per le sue dure critiche all’invasione di Gaza a fine 2008 (Stando a Ha’aretz, Israele si è opposta o è rimasta neutrale alla risoluzione). Questo punto di vista si impadronirà del mondo islamico e incoraggerà fondamentalisti e nazionalisti in Turchia. Sostenere il nazionalismo turco non mi sembra la maniera migliore per onorare le vittime del genocidio armeno.
Così se il Congresso vuole far passare una risoluzione, perché non ne fa una condannando la passività statunitense nel 1915, quando il genocidio stava iniziando? La nostra ambasciata nell’Impero ottomano inviava in patria telegrammi chiarendo la grandezza dello sterminio e chiedendo aiuto, ma il presidente Woodrow Wilson non volle immischiarsi. Quindi, prima di “infangare” all’estero, sarebbe utile fare un po’ di autocritica.

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