domenica 2 maggio 2010

LA GRECIA E LA CRISI VISTA DAI GRECI

Foto Design Insane / Flickr
La Grecia è sull'orlo del baratro e rischia di trascinare altri Paesi nel suo disastro economico e di mettere in forse il futuro della stessa moneta unica europea. Sulle cause, le conseguenze e i possibili rimedi di questa situazione politici ed economisti si confrontano e polemizzano da mesi. Proprio oggi il primo ministro, George Papandreou, ha annunciato che il suo governo ha raggiunto l'accordo con l'Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale per un piano di salvataggio che eviterà al suo paese la bancarotta. L'accordo, ha spiegato il premier socialista, comporterà "grandi sacrifici". I provvedimenti saranno molto duri: ai lavoratori del settore pubblico saranno congelati stipendi e pensioni e tagliate le indennità e la13ma e 14ma mensilità, mentre per nel settore privato saranno ridotti straordinari e indennità di licenziamento e sarà resa più elastica la possibilità di mandare a casa i lavoratori. A questi provevdimenti si accompagneranno l'aumento dell'iva e delle tasse su molti beni di consumo.

Oltre alle analisi degli esperti di economia e alle decisioni politiche, è interessante quindi capire anche quali sono i sentimenti e gli umori dei greci. In che modo vivono la crisi e come stanno affrontando la situazione coloro che dovranno farsi carico delle misure preannunciate dal governo socialista per uscire da una situazione pesantissima. A questo proposito segnalo una mia intervista per Radio Radicale a Gilda Lyghounis, corrispondente da Atene di Osservatorio Balcani e Caucaso e del Foglio. Il quadro della realtà che esce dall'intervista rivela alcuni aspetti sorprendenti e inaspettati pur tra le grandi difficoltà del momento.

I greci vivono la situazione con rabbia, dolore e rassegnazione, ma si rendono conto che i sacrifici sono necessari e inevitabili e che è necessario mettere mano ai problemi. Vorrebbero però che i sacrifici fossero distribuiti in maniera equa e che a tirare la cinghia non fossero sempre i soliti. Anche gli aiuti internazionali sono ritenuti necessari, ma viene vissuto con fastidio l'intervento del Fondo Monetario Internazionale. Il Fmi è visto come una "longa manus" degli Usa, non particolarmente ben visti da molti greci che li ritengono pur sempre i responsabili della dittatura dei colonnelli. Di contro, nonostante la politica "lacrime e sangue" annunciata dal governo socialista, il Pasok mantiene dieci punti di vantaggio su Nea Demokratia e Papandreou viene ritenuto il più adatto per riportare la Grecia in carreggiata.

Certo la crisi c'è e si fa sentire, nonostante gli esperti del Fmi ritengano che le pensioni (che attualmente in media viaggiano sui 600 euro al mese) possano essere ridotte. Lo si capisce dalle 75mila abitazioni pignorate dalle banche perché i proprietari non riescono più a pagare i mutui (e sono abitazioni medio-piccole). Oppure dal fatto che ben pochi fanno il pieno alla macchina preferendo fare rifornimenti da 10/15 euro per volta, calcolando in anticipo il tragitto più breve per risparmiare benzina e non più, come una volta, per trovare il tragitto migliore nel proverbiale caos del traffico di Atene. Che per altro comincia a non essere più così congestionato.

Altri segnali che la crisi morde dolorosamente: il maggior numero di persone che si rivolgono ai pronto soccorso degli ospedali invece che affrontare la spesa di una visita specialistica, l'aumento delle automobili abbandonate dai proprietari non più in grado di mantenerle, il crollo del prezzo delle case e la conseguente difficoltà di molti piccoli proprietari che avrebbero bisogno di vendere la casetta al mare o in campagna magari per poter continuare a mantenere i figli all'università. Il timore di molti, a questo punto, è che la difficile situazione economica possa esasperare le tensioni sociali e provocare uno scoppio di violenza uguale o maggiore di quello che sconvolse le città greche nell'inverno 2008-2009. Fino ad ora non è successo e gli incidenti che hanno accompagnato le manifestazioni sindacali, anche ieri 1° maggio, sono stati piuttosto contenuti.

E' interessante anche notare come non sia venuto meno il sentimento europeista dei greci, fieri di essere stati in grado di entrare nell'euro, ma che soprattutto hanno beneficiato in maniera consistente dei fondi europei. Mentre fuori dai suoi confini si discute se la Grecia possa ancora fare parte o no dell'euro, all'interno, tranne i comunisti duri e puri del Kke (che comunque è il quarto partito), nessuno chiede il ritorno alla dracma o l'uscita dall'UE. Piuttosto forte, invece, il risentimento verso i tedeschi che si traduce anche in un boicottaggio di prodotti "made in Germany". E nonostante tutto molti greci (l'80% secondo un sondaggio) pensano che questa crisi possa anche essere salutare per il Paese e 2/3 fanno addirittura progetti per il futuro. Certo, sono sondaggi da prendere per quello che sono, ma accanto al risentimento e alla rabbia verso una classe politica che non ha saputo evitare la crisi, non di meno questi dati rivelano aspetti interessanti degli umori dell'opinione pubblica greca alla prese con una crisi che non ha paragoni nella storia dell'unità europea.

L'intervista a Gilda Lyghounis è ascoltabile direttamente qui

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