martedì 16 febbraio 2010

MEMORIE SUL CONFINE

Il 10 febbraio è stato celebrato il "Giorno del ricordo" istituito per commemorare la tragedia delle foibe e il drammatico esodo degli italiani da Istria, Dalmazia e Fiume dopo la fine della seconda guerra mondiale. E' una pagina della storia del Novecento che continua a suscitare polemiche in Italia e fuori, tra l'Italia e gli altri Paesi che hanno condiviso le vicende di quello che noi chiamiamo "confine orientale". Quest'anno la ricorrenza è passata senza particolari polemiche, a differenza di quello che era successo nel 2007, quando le dichiarazioni del presidente Napolitano avevano suscitato la dura reazione dell'allora presidente croato Mesic. Proprio per questo è forse più necessario riflettere su vicende che condizionano fortemente le diverse memorie di coloro che quelle vicende vissero in prima persona, da una parte e dall'altra.

Quello che personalmente mi interessa non è però tanto la ricostruzione storica dei fatti, ma provare a guardare al di là delle contrapposizioni per riflettere sulla possibilità di una composizione delle diverse memorie, per capire se è possibile immaginare una loro conciliazione pur nel rispetto della specificità e della diversità di ogni esperienza personale, per cercare di andare oltre la pur doverosa commemorazione delle vittime di quelle tragiche vicende. Per comprendere a fondo quelle vicende, occorre per esempio considerare anche la realtà del Fascismo che al "confine orientale" ha mostrato la sua faccia più feroce, prima con l'italianizzazione forzata di intere popolazioni, poi con l'occupazione militare condotta insieme alla Germania nazista e ai regimi fantoccio che il nazi-fascismo aveva creato nei Balcani (con relativi crimini di guerra). Questo non per negare, nè tanto meno per giustificare le realtà delle foibe e dell'esodo, ma per meglio comprendere la complessità storica in cui quegli avvenimenti si svilupparono.

Riflettere sulle memorie individuali e sulla necessità di ascoltare e condividere anche le storie "degli altri" è quello che propone Melita Richter - sociologa, saggista, mediatrice culturale, studiosa della realtà balcanica e della questione del confine tra Italia e Balcani - nell'intervista che ho realizzato per Radio Radicale in collaborazione con Osservatorio Balcani e Caucaso (dove potete trovare vari suoi scritti). Riflettere sulle memorie individuali e sulla necessità di ascoltare anche le storie "degli altri" non per cercare una inesistente memoria collettiva e nemmeno per girare a vuoto attorno ad una non meglio definita memoria condivisa (strana espressione che assomiglia molto ad un ossimoro) impossibile da costruire, ma piuttosto per comporre una "memoria plurima" che faccia dei confini (fisici e mentali) non delle barriere, ma delle soglie attraverso cui stabilire canali di comunicazione.

Le considerazioni che Melita Richter propone sul "Giorno del ricordo" mi paiono molto interessanti anche perché possono valere per situazioni in cui popolazioni diverse vivono vicende analoghe a quelle del nostro "confine orientale". A questo proposito segnalo quanto scriveva tre anni fa su Osservatorio Balcani e Caucaso dopo la polemica Napolitano-Mesic: "Se non siamo capaci di imparare la lezione dalla storia da soli, prendiamo l’esempio da altri. Prendiamo l’esempio dall’insegnamento del rispetto delle memorie separate nelle terre che sanguinano tuttora, un esempio di straordinario significato che portano avanti dodici insegnanti israeliani e palestinesi delle superiori che non cercano di unificare le memorie, e tanto meno di cancellarle, ma di metterle a confronto, di raccogliere la narrazione dell’altro. Consapevoli che ambo i popoli sono stati traumatizzati, gli Israeliani dal ricordo del genocidio, i Palestinesi da quello dell’espulsione, si sono resi conto che sarebbe puerile chiedere loro di scrivere la stessa storia".

Ascolta l'intervista a Melita Richter sul sito di Radio Radicale

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