martedì 5 ottobre 2010

ELEZIONI IN BOSNIA: VINCONO ASTENSIONE E DIVISIONE

Sarajevo: il Parlamento
Prevalenza delle forze moderate nella Federazione croato-bosgnacca, forte affermazione dei nazionalisti nella Republika Srpska. Ci vorrà qualche tempo per valutare appieno i nuovi rapporti di forza tra i partiti politici - a causa dell'intricata architettura istituzionale del Paese imposta dagli accordi di pace del 1995 - ma questo può essere in estrema sintesi il risultato delle elezioni generali svoltesi in Bosnia Erzegovina domenica 3 ottobre per il rinnovo di tre parlamenti (quello centrale e quelli delle due entità federate) e delle ammnistrazioni dei dieci cantoni in cui è suddivisa la Federazione croato-bosgnacca, oltre che della presidenza tripartita per i quali sono stati eletti il croato-bosniaco Željko Komšić, il serbo-bosniaco Nebojša Radmanović e per i bosgnacchi Bakir Izetbegović, figlio del "pater patrie" Alja Izetbegović. Nella Republika Srpska il voto indica un consolidamento del potere dell'Snsd dell'attuale premier nazionalista Milorad Dodik che si avvia ad essere il nuovo presidente dell'entità serbo-bosniaca.
Come da più parti segnalato alla vigilia, il vero vincitore appare essere però il partito dell'astensione: un bosniaco su due non è andato votare, con percentuali molto simili sia nella Federazione che nella RS. C'è poi un altro dato, da alcuni organi di informazione segnalato come preoccupante, ovvero quello relativo alle schede nulle che, secondo la presidente della Commissione elettorale centrale, sarebbero più di 100.000.
La campagna elettorale è stata condotta all'insegna di un sostanziale "fair play" tra le forze politiche, senza particolari tensione etniche o espressioni violente tra i candidati, a parte l'incidente di Srebrenica di cui è stato protagonista il leader serbo-bosniaco Dodik. Ma come osserva molto giustamente Andrea Rossini su Osaservatorio Balcani e Caucaso, più che segnalare la pacificazione del Paese e un compiuto processo di elaborazione del suo recente tragico passato, il dato sottolinea la divisione di un Paese in cui ogni partito si rivolge al proprio elettorato ormai nettamente definito su base etnico/nazionale.
Il problema è proprio questo, per da qui nasce l'impasse che ha portato la Bosnia in una situazione di blocco politico-istituzionale che impedisce le riforme di cui il paese ha assoluto bisogno, prima di tutto per sé stesso, per il suo futuro e per le sue possibilità di sviluppo, e poi per potersi garantire un adeguato processo di integrazione regionale e internazionale.
Intanto, dopo il voto, ora dovrà essere formato il governo e qui le cose si fanno complicate anche se non ovunque, visto che almeno per quanto riguarda la Republika Srpska, il largo sostegno popolare di cui gode l'Snsd di Dodik gli permetterà di farsi il governo da solo. Nella Federazione croato-bosgnacca, invece, al momento tutto sembra possibile. Nessun partito ha i numeri per governare da solo. Dunque, chi farà coalizione con chi? Servirebbe un indovino, risponde Dario Terzić su Osservatorio Balcani e Caucaso, dato che quelli che si odiavano ieri, forse già domani potrebbero insieme nel governo. Ma soprattutto: "Cambierà qualcosa? La gente riuscirà a mettersi d'accordo nel parlamento? Oppure sarà come prima? Niente paura, c'è ancora un Alto Rappresentante a dire l'ultima. Ma la comunità internazionale dichiara che prossimamente se ne andrà via...".

                                        

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