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La data del 12 settembre scelta per il voto è proprio quella del golpe di cui la Costituzione in vigore è il prodotto. Senza contare che il referendum si tiene in un periodo in cui il governo di Erdogan non fa più mistero delle sue ambizioni di potenza regionale, legata all'Occidente sì ma anche alla ricerca di un ruolo di primo piano in Medio Oriente ed in Asia centrale, all'insegna di quella dottrina della "profondità strategica" elaborata dall'attuale ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu.
La consultazione di domani si è trasformata via via in un esame per la politica di Erdogan: il successo o meno della consultazione (e l'entità della vittoria o della sconfitta) peseranno sul suo futuro politico e influenzeranno la situazione della Turchia nei prossimi mesi in vista anche delle elezioni politiche del prossimo anno che a seguito di un'eventuale vittoria del "no" potrebbero anche essere anticipate.
Sulla situazione in Turchia alla vigilia del voto segnalo una mia intervista per Radio Radicale a Marta Ottaviani, corrispondente dell'agenzia Apcom e collaboratrice della Stampa e del Foglio
Il partito islamico-moderato Akp al governo presenta il voto come un'occasione unica per uniformarsi agli standard europei (con Bruxelles che ha ribadito il suo sostegno alla riforma). Per l'opposizione di ispirazione kemalista, invece, è una mossa per liberarsi del controllo della magistratura e dei militari (custodi della laicità della repubblica voluta da Atatuk e da sempre in rapporti difficili con l'esecutivo di Erdogan), aprendo la strada all'introduzione di leggi di ispirazione religiosa.
La campagna referendaria si è svolta in pieno Ramadan e in un clima rovente e non solo dal punto di vista meteorologico. Non è passato giorno senza attacchi personali fra gli esponenti dei principali partiti, soprattutto fra il premier Erdogan e il nuovo leader dell'opposizione, Kemal Kilicdaroglu, che ha tra l'altro accusato il primo ministro di lavorare a un accordo segreto con i guerriglieri curdi del Pkk pur di assicurarsi i voti dei curdi (il cui partito Bdp ha per altro mantenuto un atteggiamento ambiguo). L'Akp ha detto che in caso di vittoria schiacciante è pronta a riscrivere completamente la Costituzione e che comunque andrà avanti con le riforme anche in caso di una (prevedibile) vittoria di stretta misura.
Erdogan ha incassato appoggi che hanno avuto una notevole risonanza, come quello dello scrittore premio Nobel Orhan Pamuk che pur prendendo le distanze dall'Akp, ha fatto sapere che voterà a favore delle riforme. Una posizione condivisa da quasi tutte le sigle sindacali e da alcune federazioni minori di imprenditori.
Il mondo economico e finanziario attende con preoccupazione l'esito del voto di domani: secondo gli analisti turchi i mercati potrebbero essere penalizzati da un'eventuale vittoria del "no" perchè questa avvicinerebbe la prospettiva di elezioni anticipate, con un inevitabile carico di incertezza in un periodo in cui la crisi economica globale non è ancora superata e prosegue l'instabilità dei mercati. Ha fatto dunque notizia l'astensione della Confindustria turca, la cui presidente, Umit Boyner, non ha preso posizione limitandosi a dire che i suoi iscritti voteranno secondo coscienza, suscitando una dura reazione da parte del premier poi attenuata.
Sul voto di domani segnalo anche l'intervista di Ada Pagliarulo per Radio Radicale a Didem Engin, giovane imprenditrice, esponente del Chp (Partito Repubblicano del Popolo, il partito fondato da Kemal Ataturk attualmente all'opposizione)
Nell'intervista si parla delle ragioni dell'opposizione del Chp alle modifiche costituzionali introdotte dalla maggioranza che sostiene il premier Erdogan perché sono state apportate senza ascoltare il Paese, perché rappresentano un attentato all'indipendenza della magistratura e perché la consultazione chiama i cittadini ad esprimersi simultaneamente su troppe materie, disomogenee fra loro. Nell'intervista si parla anche del cambio di rotta che intende dare al partito del Chp il nuovo leader Kilicdaroglu, della rivitalizzazione dei valori della socialdemocrazia turca che non può solo limitarsi alla difesa della laicità kemalista e dell'ingresso della Turchia nell'Ue.
Queste e altre interviste sull'attuale situazione in Turchia sono disponibli sul sito di Radio Radicale
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