Il Consiglio europeo per la tolleranza
e la riconciliazione (Ectr), presieduto dall'ex presidente polacco
Aleksander Kwasniewski, ha conferito il prestigioso riconoscimento
all'attuale presidente croato e all'ex presidente serbo per “aver
contribuito alla verità, alla tolleranza e alla riconciliazione”,
nonché per “aver riconosciuto pubblicamente ed espresso scuse per
le sofferenze provocate dai cittadini dei loro Stati”. La
motivazione del premio sottolinea anche che le storiche visite e le
parole pronunciate dei due presidenti in quelle occasioni hanno
“rafforzato la base per lo sviluppo di una cultura della memoria e
della tolleranza nell'Europa sudorientale e le fondamenta per la
futura democratizzazione e riconciliazione”.Il riconoscimento è stato consegnato
al presidente croato e all'ex presidente serbo lo scorso 16 ottobre
in una cerimonia al Parlamento Europeo a Bruxelles. Nella puntata di
Passaggio a Sud Est della scorsa settimana, per motivi di tempo e
spazio, non abbiamo potuto parlare di questo evento che ha una sua
indubbia importanza per l'Europa sudorientale e per la regione
balcanica. A Bruxelles si sono sentite in effetti molte belle parole
sui due leader per come hanno promosso il processo di riconciliazione
delineando un nuovo cammino nelle relazioni tra Croazia e Serbia. Gli
indirizzi che sembra voler prendere la nuova leadership di Belgrado
sembrano però mettere a rischio questa linea.
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Josipovic e Tadic ricevono il premio al Parlamento Europeo (Foto Afp/Pixsell) |
Di Marina Szikora [*]
Dopo otto anni di incarico
presidenziale in Serbia, come sappiamo, Boris Tadić ha perso sia le
elezioni presidenziali che quelle parlamentarei. Ora si e' in attesa
delle prossime elezioni nel suo partito, il Partito Democratico che
per lui potrebbero essere un'altra sconfitta. Va precisato che Tadić
si trova alla guida del Pd da quando e' stato ucciso il suo
predecessore, l'ex premier Zoran Đinđić. Tempi quindi non facili
per il leader serbo che in tutti questi anni e' stato visto
dall'Occidente come la maggiore voce proeuropea in Serbia. Alla fine
della cerimonia al Parlamento Europeo, Tadić ha rilasciato
una lungaintervista al quotidiano croato 'Večernji list'.
Secondo l'ex presidente della Serbia,
molte parole pronunciate ultimamente dall'attuale leadership serba
non sono per niente incoraggianti. Tadić spera pero' che si tratti
di un iniziale posizionamento della nuova leadership politica in
Serbia e una ricerca di identita' specifica dopo aver assunto i nuovi
incarichi. Ha giudicato particolarmente pericolose le parole
dell'attuale premier Ivica Dačić, alcune delle quali mettono in
questione il futuro europeo della Serbia. La Serbia, afferma Tadić,
potrebbe trovare una nuova destinazione politica ed e' questo che lo
impaurisce maggiormente. Se i suoi avversari politici continueranno
la via europea della Serbia, allora anche la politica da lui iniziata
avra' successo, in caso contrario, il patrimonio lasciato sara'
negativo, precisa l'ex presidente serbo. "Il mio impegno dipende
dai miei avversari. Molto strana e' la natura della politica",
dice Tadić.
Alla cerimonia di consegna di questo
riconoscimento europeo a Ivo Josipović e Boris Tadić, il presidente
del Parlamento Europeo, Martin Schulz, ha detto che grazie all'ex
presidente la Serbia ha ottenuto lo status di candidato. Adesso, nel
nuovo rapporto della Commissione europea sull'avanzamento della
Serbia, Belgrado non ha ottenuto la data dell'inizio dei negoziati di
adesione. "Večernji list" ne ha chiesto il perche' a Tadić
il quale indica che negli ultimi dodici anni la Serbia ha avuto delle
accelerazioni e dei rallentamenti sul cammino europeo. E' un paese
diverso dai suoi vicini perche', secondo Tadić, ha avuto due grandi
pesi. All'inizio, come la Croazia, lo era la collaborazione con il
Tribunale dell'Aja, ma anche il problema del Kosovo che e'
internazionalizzato. Nessun paese nella regione, afferma Tadić, ha
avuto un tale problema. E se si aggiunge la dissoluzione della
federazione tra Serbia e Montenegro, i rallentamenti, e' l'opinione
dell'ex presidente serbo, sono stati naturali.
"Una specie di rilassamento,
l'inespressa responsabilita' per non aver ottenuto una data rapita
per i negoziati, e' qualcosa che mi preoccupa molto", afferma
Tadić e aggiunge che non lo dice soltanto per la Serbia ed i suoi
cittadini ma per tutta la regione balcanica. Per quanto riguarda le
ultime affermazioni del presidente Nikolić che l'Ue non sara' piu'
l'obiettivo per la Serbia se la condizione sara' il riconoscimento
del Kosovo, l'ex capo dello stato serbo osserva che nemmeno lui,
quando e' stato presidente, era pronto a riconoscere l'indipendenza
di Priština ma bisogna far di tutto affinche' la Serbia con riforme
profonde e qualitative dimostri perfino a quei paesi che insistono
sul riconoscimento del Kosovo, che la Serbia e' necessaria all'Ue
come fattore di stabilita' e di sviluppo della regione molto di piu'
rispetto ad un formale atto di riconoscimento di uno stato nuovo che
non ha i presupposti fondamentali per la stabilita'. Quindi, e'
l'opinione di Tadić, le dichiarazioni di Nikolić sono inutili alla
Serbia e perfino pericolose per il popolo serbo. Dall'altra parte
vanno a favore proprio di quelli che si oppongono all'allargamento
perche' cosi' hanno una ottima spiegazione del perche' la Serbia non
dovrebbe ottenere la data dell'apertura dei negoziati.
Tadić ha rilevato anche che se un
popolo viene definito con una politica nazista, allora cio' significa
dire che tutti i cittadini di questo popolo sono nazisti. Un popolo,
ha sottolineato Tadić, non puo' essere criminale, ma lo sono sempre
gli individi. L'allusione, nuovamente, è alle dichiarazioni della
attuale leadership serba che accusa gli sconfitti della Seconda
guerra mondiale e autori dei crimini di guerra nazisti, i tedeschi,
di essere oggi i principali a condizionare ed ostacolare l'ingresso
della Serbia nell'Ue. "Se voi oggi definite un popolo con la
politica nazista della Seconda guerra mondiale, allora dite che tutti
gli appartenenti a questo popolo, il popolo stesso, sono nazisti.
Primo, sappiamo che un popolo non puo' essere criminale, ma lo sono
sempre gli individui. Dall'altra parte, con questo, in effetti,
trasportate il peso delle accuse anche sul popolo serbo, per i
crimini commessi a Srebrenica, Vukovar ed altrove. E non solo sul
popolo serbo, ma anche su quello croato e bosgnacco per i crimini che
avevano commesso i rappresentanti di questo popolo. Queste
dichiarazioni.... hanno un effetto distruttivo... Ivica Dačić
nemmeno per sogno poteva immaginarsi di fare simili dichiarazioni
quando faceva parte della precedente coalizione, mentre adesso
evidentemente ha trovato lo spazio di manovra in cui pensa di poter
dire quello che gli pare", critica fermamente l'ex presidente
della Serbia.
Tornando al premio ricevuto dal Consiglio europeo per la tolleranza
e la riconciliazione, Tadić ha ricordato il momento in cui, con
il suo collega croato Ivo Josipović, si e' recato a Vukovar per
esprimere scuse e parole di cordoglio per i crimini che sono stati
commessi: "I nostri rapporti sono intrecciati, anche se molti
credono che si tratti di una circostanza sbagliata. Ma e' cosi',
anche se abbiamo il diritto ad identita' diverse ed esistenza
indipendente, il che e' buono ed utile in questo momento. Ma la cosa
piu' insensata che ci può accadere e' di compiere crimini gli uni
contro gli altri. Questo e' qualcosa di cui mi vergogno personalmente
anche se non ho contribuito nemmeno per un istante a questi crimini".
Tadić racconta che a Vukovar pero' non ha vissuto quello che ha
dovuto subire a Srebrenica. Alcune delle madri di Srebrenica, nel
loro dolore, gli andavano incontro accusandolo di essere un
assassino. "A Srebrenica ci sono state parole pesanti. Non
accuso nessuno perche' so che la mia missione in quanto presidente
della Serbia era quella. L'ho fatto perche' lo ritenevo mio dovere. E
tutti lo hanno se qualcuno, a nome del suo popolo, ha commesso dei
crimini. Nemmeno oggi in Serbia mi capiscono", spiega Tadić
ricordando il momento in cui da presidente della Serbia si e' recato
a Srebrenica.
Secondo l'ex presidente serbo l'Ue sta
affrontando difficolta' sul piano interno, di natura economica,
soprattutto collegate con la politica macroeconomica e il
consolidamento del deficit di bilancio in quasi ogni singolo paese
europeo. Questo produce tensioni interne. I cittadini in questi
paesi, prosegue Tadić, non guardano con entusiasmo al processo di
allargamento il che non succedeva negli anni novanta, soprattutto
dopo il 2000 quando molti paesi hanno aderito all'Ue senza che i
criteri di adesione fossero completamente adempiuti. Da qui
l'inasprimento dei criteri per i paesi che hanno aspirazioni
all'adesione. La Serbia e' tra questi paesi. Dall'altra parte,
osserva Tadić, in Serbia vi e' stata tutta una serie di
dichiarazioni completamente irresponsabili da parte dei funzionari
dello Stato. Sono stati compromessi i criteri per trattare i
criminali di guerra, poi il cammino della Serbia verso l'Ue con
posizioni che la Serbia non si apprestera' verso l'adesione e questo
e' contro gli interessi dei cittadini della Serbia. Per quanto
riguarda la coalizione nell'ex governo con i socialisti, Tadić
spiega che se non ci fosse stata la riconciliazione con i socialisti,
non ci sarebbe stato il Governo del 2008 e la Serbia sarebbe
precipitata in una forma politica piu' che aggressiva e che
sicuramente non avrebbe portato alla riconciliazione nella regione
bensi' a nuove tensioni. Non ci sarebbe stato nemmeno lo status di
candidato all'adesione. Infine, sulla necessita' di relazioni di buon
vicinato con il Kosovo e la richiesta di rispetto dell'integrita'
territoriale del Kosovo, Tadić e' dell'opinione che le posizioni
politiche si dovevano esprimere diversamente e non parlare di
divisione del Kosovo.
Alla domanda sul proprio partito, il
Partito Democratico e sul suo futuro, Tadić ritiene che esso sia
l'unica forza politica in grado di cambiare la societa' serba
nonostante gli errori commessi. Il Partito Democratico deve avere un
orientamento ideologico chiaro e un obiettivo chiaro. "Non
insisto su me stesso come presidente del PD bensi' sulla missione del
partito che non deve essere cambiata ma esiste il pericolo che cio'
accada", conclude Tadić l'intervista al quotidiano croato
'Večernji list".