venerdì 16 settembre 2011

SERBIA: LA STRADA PER L'EUROPA PASSA DAL NORD DEL KOSOVO

Belgrado però respinge la pressioni internazionali: “La Serbia ne ha già subite molte e vi è un limite oltre il quale non può accettarne altre”, ha detto il presidente Tadic

Barricate erette dai serbi kosovari
tra la fine di luglio e i primi di agosto
Situazione di nuovo tesa nel nord del Kosovo, dopo che gruppi di cittadini serbi sono tornati a bloccare l'accesso ai due punti di confine di Jarinje e Brnjak, teatro di violenze tra la fine di luglio e i primi di agosto, dopo che la autorità di Pristina avevano tentato di imporre la loro autorità sulla zona a maggioranza serba che non intende accettare nessun tipo di separazione dalla madrepatria. Ieri è scaduto l'accordo transitorio tra Belgrado e Pristina e il governo kosovaro ha annunciato l'intenzione di inviare propri agenti di polizia e doganieri a prendere il controllo di quella che per gli albanesi è la frontiera, mentre per i serbi una semplice linea di demarcazione amministrativa, affiancati da rappresentanti della missione civile dell'UE (Eulex): un'opzione "inaccettabile" per la minoranza serba in Kosovo. Un appello alla calma e alla pace è stato lanciato dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce): il presidente di turno, il ministro degli Esteri lituano, Audronius Azubalis, ha invitato le parti a risolvere i problemi attraverso il dialogo e con un approccio costruttivo.

Oggi era previsto il passaggio del controllo del confine settentrionale dalla Nato ai poliziotti e doganieri kosovari. Al momento in cui sto scrivendo, stando a quanto riportano varie fonti di informazione, la situazione è calma: gli agenti kosovari-albanesi dovrebbero aver preso il controllo dei valichi, ma non è del tutto chiaro. Quel che è certo è che per evitare nuovo episodi di violenza come quelli di un mese e mezzo fa (in cui perse la vita un poliziotto kosovaro-albanese e un check-point fu assaltato e distrutto) i militari della Kfor hanno chiuso sia il “gate 1”, sia il “gate 31”. La Reuters riferisce che un suo reporter ha visto i militari tedeschi del contingente Nato presidiare i valichi in tenuta da combattimento. "La situazione è tesa, ma la Kfor è in grado di garantire la sicurezza", ha detto il portavoce Ralph Ademic. Sui cartelli apposti lungo il filo spinato che al momento blocca la e strade si legge la scritta “Stop, o la Kfor spara”. La Kfor ha fatto sapere che il libero transito sarà ripristinato una volta disperse tutte le persone che hanno allestito le barricate.

La tensione è tornata a salire proprio mentre in Kosovo è in visita il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen. "Non permetteremo che l'equilibrio raggiunto venga messo in pericolo. La missione della Kfor è quella di mantenere la sicurezza, e continueremo a farlo con fermezza, cura e imparzialità", ha detto Rasmussen in una conferenza stampa. Le sue parole però non convincono per niente i serbi del Kosovo. Secondo il loro rappresentante, Milan Ivanovic, interpellato da Euronews, “è un dato di fatto che non siano imparziali e nemmeno neutrali, e che agiscano al di fuori delle prescrizioni della risoluzione Onu 1244. La loro funzione è di assicurare sicurezza a tutta la popolazione, ma non lo fanno da 12 anni”. Una posizione condivisa dal presidente serbo Boris Tadic che nei giorni scorsi aveva criticato aspramente Kfor e Eulex per “la violazione del loro obbligo di neutralità”. Tadic ha definito l'iniziativa di Pristina “un atto unilaterale che mette in serio pericolo la pace e la stabilità dell’intera regione”.

Intanto, quando in Italia era già notte, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha affrontato la questione come richiesto da Serbia e Russia. Secondo quanto riportato dalle agenzie, il ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic, a margine della riunione a porte chiuse, ha detto che "il Consiglio di sicurezza non sostiene l'azione unilaterale di Pristina". Il segretario generale, Ban Ki-moon, si è detto da parte sua "profondamente inquieto" per la situazione nel Kosovo settentrionale, mentre l'ambasciatore russo al Palazzo di vetro, Vitaly Churkin, ha ammonito contro "il reale pericolo di un conflitto e di un bagno di sangue". Mosca condanna nettamente l'intenzione di Pristina di prendere il controllo dei valichi tra Kosovo e Serbia, un piano che Belgrado considera un tentativo unilaterale per modificare lo status del Kosovo ed una violazione dei diritti dei cittadini. Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia invece appoggiano le rivendicazioni di Pristina. Alla fine della discussione non si è riusciti a trovare un accordo per una dichiarazione congiunta del Consiglio di sicurezza.

Per la Serbia è ormai del tutto evidente che, archiviato felicemente il capitolo della collaborazione con il Tribunale internazionale, il nuovo grande ostacolo sulla strada dell'integrazione europea si chiama Kosovo. Lo aveva fatto capire chiaramente la cancelliera Merkel nella sua recente visita a Belgrado, lo ha fatto chiaramente intendere l'ambasciatore tedesco all'Onu, Peter Wittig, che da una parte ha esortato Serbia e Kosovo a moderare la retorica, placare le tensioni e tornare al dialogo per risolvere i problemi ancora aperti, ma dall'altra ha ammonito Belgrado che "il gioco populista del nazionalismo" mal si concilia con le sue aspirazioni ad entrare nell'Unione Europea. Tre giorni fa, però, in occasione della visita a Belgrado del procuratore capo del Tribunale internazionale, Serge Brammertz, il presidente serbo Tadic ha lanciato un messaggio chiaro alla comunità internazionale: “La Serbia ha ricevuto molte pressioni e vi è un limite oltre il quale non può accettarne altre”. Qualora le istituzioni internazionali si schierassero a favore di Pristina, “dovranno assumersi tutta la responsabilità”, ha detto Tadic.

Il servizio di Euronews

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