giovedì 15 settembre 2011

LA MACEDONIA INDIPENDENTE HA 20 ANNI MA L'EUROPA RESTA LONTANA

Nel 1991 anche la Macedonia proclamò l’indipendenza dalla Jugoslavia. Rimasta sostanzialmente indenne dalle guerre che sconvolsero la Bosnia e la Croazia fu invece investita pesantemente da quella del Kosovo: prima con l’arrivo di centinaia di migliaia di profughi albanesi che cercavano di sfuggire alla pulizia etnica messa in atto dai militari e paramilitari serbi, poi essendo essa stessa teatro di un conflitto armato tra gli albanesi e i macedoni slavi. La guerra per fortuna durò poche settimane e non provocò molti morti. L’intervento della comunità internazionale portò ad un accordo di pace dal quale deriva l’attuale assetto costituzionale e istituzionale che garantisce alle minoranze tutele e diritti. Gli albanesi (circa un quarto della popolazione) partecipano con i loro partiti anche al governo nazionale. Non tutti i problemi di convivenza sono risolti e gli attriti non mancano, ma complessivamente la situazione è soddisfacente.I problemi generali di cui soffre la Macedonia sono analoghi a quelli rintracciabili, in maniera diversa, un po' in tutti gli altri paesi ex-jugoslavi: debolezza delle istituzioni, corruzione diffusa, penetrazione della criminalità organizzata, frizioni interetniche. A cui si aggiunge, negli ultimi tempi, la ricaduta della crisi economica globale. Ma la Macedonia ha anche un suo problema specifico: il mancato avvio dell’integrazione euro-atlantica a causa della questione del nome della ex repubblica jugoslava.
La mediazione internazionale finora non ha ottenuto nulla e le discussioni si sono incartate attorno a varie ipotesi di denominazione alternative (tipo “Macedonia del Nord” o “Macedonia-Skopje”, come Congo-Brazzaville) rispetto a quella semplice di “Repubblica di Macedonia” di cui la Grecia non vuole sentire parlare. Qualcosa è sembrato muoversi con l’arrivo ad Atene del governo socialista, ma fino ad oggi passi concreti non ne sono stati fatti. E’ in questa situazione che giovedì della scorsa settimana la Macedonia ha celebrato solennemente il ventennale dell’indipendenza.

La Macedonia ha vent'anni (Foto Robert Atanasofski/Afp)

Qui di seguito il testo di Marina Szikora tratto dalla corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata  in onda oggi a Radio Radicale

Lo scorso 8 settembre e' stato un anniversario importante per la Macedonia. Il paese di cui spesso parliamo in questo spazio, ha celebrato i 20 anni della sua indipendenza. L'obiettivo principale da tempo, senza dubbio, è quello dell'integrazione euro-atlantica. Per la Macedonia questa sembra però essere una impresa molto difficile, poiché sono ormai lunghi anni che il Paese si trova davanti alle porte della Nato e in attesa dei negoziati di adesione, ma tutto è sospeso a causa della disputa sul nome con la Grecia. Al referendum dell'8 settembre 1991 i cittadini macedoni, con una vastissima maggioranza (quasi il 98 percento), confermarono la loro volontà dell'indipendenza della Macedonia dopo lo scioglimento dell'ex Jugoslavia. La politica e la società macedone sin da allora fino ad oggi sono univoci quando si tratta del principale obiettivo, quello dell'ingresso nella Nato e nell'UE.
Come ricorda il giornalista macedone Zoran Jovanovski, della Deutsche Welle, una commissione internazionale arbitraria ha constatato all'inizio del 1992 che tra tutte le repubbliche dell'ex Jugoslavia, soltanto la Slovenia e la Macedonia soddisfacevano le condizioni per un riconoscimento internazionale come stato indipendente. La Germania poco dopo aveva però riconosciuto la Slovenia e la Croazia, mentre il riconoscimento dell'indipendenza della Macedonia è seguito solo quattro anni dopo. E' vero anche che la Macedonia, all'inizio era indecisa e insieme con la Bosnia Erzegovina, tentò di salvare la federazione jugoslava dalla dissoluzione.
Nell'aprile 1993 la Macedonia entrò alle Nazioni Unite con il nome FYROM [acronimo in inglese che sta per Repubblica Ex-Jugoslava di Macedonia, n.d.r.] poiche' la Grecia si oppose subito all'utilizzo del nome Macedonia. Il cammino del paese indipendente ebbe una dura lotta con le conseguenze economiche della guerra e due embarghi, quello internazionale contro la Serbia e quello unilaterale imposto dalla Grecia. Va sottolineato che durante la guerra in Kosovo, la Macedonia accolse 300.000 profughi e nel 2001 si trovò lei stessa alle soglie di una guerra civile, come ricorda Jovanovski. Lo status di candidato all'adesione la Macedonia lo ottenne nell'ormai lontano 2005, ma tutt'oggi è in attesa della data dell'inizio dei negoziati con Bruxelles. Infine, nel 2008, la Nato constatò che la Macedonia, insieme alla Croazia e all'Albania soddisfaceva le condizioni per l'ingresso nell'Alleanza Atlantica, ma sempre a causa del veto greco, è rimasta alla porta, mentre Croazia ed Albania sono entrate come membri a pieno titolo.

Negli ultimi 20 anni due sono quindi i temi dominanti per quanto riguarda il destino di questo paese: il contenzioso sul nome con la Grecia e le relazioni internazionali. Nel 2001 con gli “Accordi di Ohrid” fu messa fine al conflitto armato tra le forze di sicurezza macedone e gli albanesi ribelli e poste le basi per una coesistenza di tutti i gruppi etnici presenti nel paese. Oggi queste relazioni non si possono per niente definire ideali, ma diciamo che si trovano ad un livello accettabile, viste le questioni aperte nella regione, e con potenziali per un ulteriore sviluppo. Va comunque detto, che parlando con la popolazione macedone, spesso sentirete una vera nostalgia per i tempi della Jugoslavia e del maresciallo Tito che seppe tenere sotto controllo le diversità di questo insieme di culture, lingue e religioni diverse.
Nell’ambito delle relazioni internazionali, fa notare il giornalista macedone della Deutsche Welle, non si è mai verificato il caso di uno Stato che negasse ad un altro Stato il diritto ad avere il proprio nome e ci sono diversi esempi di territori o provincie che portano lo stesso nome pur appartenendo a Stati diversi. La Grecia, alla quale dà fastidio che la Macedonia abbia lo stesso nome di una delle sue provincie, è finora l’unico esempio del genere. Jovanovski, per altro, sottolinea che finora 133 Stati, tra cui anche Usa, Russia, Cina, India e Canada, hanno riconosciuto la Macedonia con il nome costituzionale di Repubblica di Macedonia e nelle comunicazioni bilaterali questo nome viene usato da 30 altri Stati. La mediazione delle Nazioni Unite non ha aiutato a trovare una soluzione su questa lunga disputa. E i critici fanno notare l’assurdità che un paese così piccolo ed economicamente debole come la Macedonia, con appena alcune migliaia di soldati e in misura notevole dipendente dal capitale greco, possa rappresentare un pericolo per la Grecia a causa di presunte pretese territoriali. Tanto più che prima dell'indipendenza, per quasi 50 anni alla Grecia non ha mai dato fastidio che la Repubblica di Macedonia esistesse come tale nella federazione jugoslava.

Anche se con l'Accordo temporaneo bilaterale del 1995 la Grecia ha assicurato che non avrebbe ostacolato l'adesione della Macedonia con il nome Fyrom alle organizzazioni internazionali, ma usando il suo diritto di veto fino ad oggi ha ostacolato l’integrazione euro-atlantica della Macedonia: per questa ragione Skopje ha fatto ricorso alla Corte internazionale di giustizia dell’Onu. Resta poi aperta la questione se la Grecia insiste soltanto sul nome, come afferma Atene, oppure se si tratta anche di ostacolare l'identità e la lingua macedone come sostengono i macedoni. 
L'attuale ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle ha affermato recentemente a Berlino che la Germania è molto fiduciosa del successo dei negoziati tra Macedonia e Grecia. “Spero molto, con tutto il cuore che, nell'interesse dei macedoni, ma anche dell'Europa e di tutti i suoi stati membri, potranno presto essere superate le difficolta”, ha detto Westerwelle. Secondo l'europarlamentare Doris Pack, il blocco greco sulla Macedonia è ingiusto e antieuropeo. Lo storico tedesco Khristian Voss ritiene che dietro il contenzioso sul nome si trovi chiaramente la questione delle minoranze. In una intervista sempre per la Deutche Welle, Voss ha puntato il dito sulla politica di assimilazione che la Grecia condusse negli anni Trenta del secolo scorso e sull'espulsione di decine migliaia di appartenenti alla minoranza macedone che nella guerra civile del 1945-1949 avevano combattuto dalla parte dei comunisti poi sconfitti. Secondo questo storico tedesco è proprio questo il fattore importante per capire perché la Grecia così fermamente stia bloccando la soluzione della questione macedone.

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