giovedì 1 settembre 2011

L'ARIA DI ELEZIONI PORTA IL FREDDO NELLE RELAZIONI TRA CROAZIA E SERBIA

Di Marina Szikora
Il testo è tratto dalla corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda oggi a Radio Radicale

“Le relazioni tra Serbia e Croazia sono troppo importanti per poter metterle in questione con dichiarazioni smisurate”, ha detto il presidente della Serbia, Boris Tadić, commentando l'ultimissimo raffredamento dei rapporti tra Belgrado e Zagabria dovuti alle recenti dichiarazioni della premier croata Jadranka Kosor, relative in particolare alla sua visita in Kosovo. Rispondendo alle domande dei giornalisti a Praga durante la conferenza stampa con il suo ospite, il presidente ceco Vaclav Klaus, Tadić ha valutato che “certe posizioni e dichiarazioni espresse dalla premier Jadranka Kosor e dal ministro degli esteri serbo Vuk Jeremić sono assolutamente inaccettabili”. Ha sottolineato che le relazioni tra Serbia e Croazia sono di maggiore importanza per la stabilita' dell'Europa sudorientale. Tadić ha rilevato che con il capo dello stato croato Ivo Josipović sono stati fatti grandi sforzi affinche' le relazioni tra i due paesi siano alzate al massimo livello e che in questo senso bisogna andare avanti. “Dobbiamo tornare al dialogo, dobbiamo risolvere problemi concreti e costruire la piu' vicina amicizia tra il popolo serbo e quello croato, tra Serbia e Croazia”, ha detto Tadić.

Alle divergenze politiche sull'asse Zagabria-Belgrado, hanno inizialmente contribuito le parole di Jadranka Kosor in occasione della celebrazione della Giornata della Vittoria in cui si celebra l'operazione Tempesta. In questa occasione, lo scorso 5 agosto, la premier croata ha salutato i generali croati Ante Gotovina e Mladen Markač, condannati in primo grado dal Tribunale dell'Aja a pesanti pene carcerarie per crimini di guerra durante e dopo l'operazione Tempesta. Ulteriore inasprimento tra Croazia e Serbia e' seguito lo scorso 25 agosto quando Jadranka Kosor si e' recata in visita ufficiale a Priština. Incontrando il suo collega kosovaro, Hashim Thaci, Kosor ha dichiarato che Priština puo' contare con la Croazia in quanto il suo migliore amico nella regione. Kosor e' stata accompagnata da una consistente delegazione di imprenditori croati interessati ad entrare sul mercato kosovaro dopo l'embargo che Priština ha imposto sulla merce serba. Non e' mancata subito l'aspra replica del duro capo della diplomazia serba, Vuk Jeremić, il quale ha osservato che “quelli di cui la Kosor e' amica, non hanno bisogno di nemici”. La risposta croata e' seguita subito dopo: per Jadranka Kosor sono finiti, per fortuna, i tempi in cui i rappresentanti croati si dovevano recare a Belgrado e avere ordini sul chi e come incontrare e quale dovrebbe essere la politica croata. Ovviamente queste parole sono state un riferimento ai tempi dell'ex Jugoslavia quando la politica di tutte le repubbliche che la componevano si dirigeva da Belgrado.

Ma sulle tensioni politiche, almeno per una serata che rimarra' per molti indimenticabile, ha vinto la musica grazie all'evento culturale dell'anno in Croazia. Sabato scorso, a Dubrovnik, l'ormai tradizionale festival “Rachlin and Friends”, del violinista piu' famoso del mondo, Julian Rachlin, si e' aperto con il concerto dell'Orchestra di Belgrado che dopo un'assenza di oltre vent'anni, per la prima volta dopo la guerra, e' tornato in concerto in Croazia sotto la bacchetta del maestro di fama mondiale Zubin Mehta. E' stata una serata eccezionale, molto simbolica anche nell'interpretazione di due bravissimi cantanti lirici, uno serbo e l'altra croata che cantando l'aria degli innamorati delle “Nozze di figaro”, mano nella mano, hanno voluto mandare il messaggio che l'amore e l'amicizia non hanno confini. Purtroppo, per i precedentemente elencati motivi, a questa performance spettacolare degli ospiti internazionali ha partecipato soltanto il capo dello stato croato Ivo Josipović ed e' mancato il suo collega serbo Boris Tadić. Cio' nonostante, ha trionfato la musica e l'accoglienza del pubblico a Dubrovnik che ha premiato con grande entusiasmo i bravissimi ospiti serbi.

I batti e ribatti politici pero' non cessano. La premier croata ha deciso di andare fino a fondo con i toni iniziati. Secondo i commenti, l'atmosfera e gli obiettivi sono quelli elettorali poiche' la Croazia ai primi di dicembre si rechera' alle urne. Nonostante l'invito del presidente Tadić al dialogo dopo l'improvviso gelo tra Croazia e Serbia, la presidente del governo croato, scrivono i media croati, ha deciso di ignorare questo appello e martedi' in occasione della Giornata internazionale delle persone disperse ha nuovamente inasprito la sua retorica. La premier Kosor ha ricordato che all'inizio dell'aggressione sanguinosa contro la Croazia c'erano 18 mila persone disperse di cui ad oggi 7.666 persone sono state ritrovate. In piu', sul territorio croato sono state ritrovate 143 fosse comuni e 1.200 tombe individuali. Kosor ha ringraziato le famiglie per la loro insistenza di cercare i loro cari sottolineando che ogni famiglia merita ricevere le risposte alla domanda dove si trovano i loro piu' cari. “La chiave principale per la soluzione delle persone disperse e imprigionate, la chiave che apre le porte alla soluzione di questo problema si trova a Belgrado”, ha detto Kosor. La premier croata ritiene che il punto di partenza di tutti coloro che hanno colloqui con i rappresentanti della Serbia deve essere la questione dei documenti e dei dati che consentiranno alla Croazia di trovare i suoi difensori e i civili. Ha osservato che la documentazione che alcuni mesi fa e' stata consegnata a Vukovar dimostra che non si e' trattato di conflitto armato o di guerra civile, bensi' del fatto che la Croazia e' stata attaccata ed esposta ad una aggressione terribile. “Non permetteremo a nessuno e mai di dettarci quello che faremo o di proibirci quello che possiamo fare. Non permetteremo mai a nessuno di minacciarci con la proibizione della celebrazione dell'anniversario della Tempesta, l'azione vittoriosa con la quale e' stato chiuso il cerchio infernale che era arrivato dall'Est”, ha detto Jadranka Kosor in occasione della Giornata internazionale delle persone disperse.

Se c'e' poca sensibilita' a questo argomento in Serbia, per quanto riguarda i dispersi croati, non e' cosi' quando si tratta delle persone scomparse durante la guerra in Kosovo. Le famiglie dei dispersi in Kosovo hanno chiesto martedi' ai negoziatori di Belgrado e di Priština, Borislav Stefanović e Edita Tahiri, nonche' al rappresentante dell'UE, Robert Kuper, che il tema di tutte le persone scomparse in guerra sia un tema di colloqui a Bruxelles. L'Associazione e le famiglie dei dispersi chiedono che sia fatta luce sul destino di tutte le 1.808 persone scomparse: serbi, albanesi, rom, musulmani, turchi e rappresentanti di tutte le altre comunita' che sono scomparsi nella guerra in Kosovo. Con una manifestazione di protesta a Gračanica hanno marcato la Giornata internazionale delle persone disperse portando cartelloni e foto dei loro cari. Le famiglie chiedono alla comunita' internazionale di fare pressione sulle istituzioni competenti a Belgrado e Priština perché rendano possibile l'accesso alle localita' per le quali vi sono i dati dell'esistenza di fosse con i resti delle persone uccise nella guerra degli anni novanta.

Tornando al discorso sui fini elettorali delle dichiarazioni, va sottolineato che sia la Croazia prima, sia la Serbia dopo, si recheranno prossimamente alle urne: secondo molti analisti politici, siamo gia' entrati abbondantemente in campagna elettorale e quindi anche il gelo tra Zagabria e Belgrado e' in funzione di attirare l'elettorato che nutre forti sentimenti nazionalisti. In un commento sul blog Tportal, il giornalista croato Vuk Perišić scrive in questi giorni di relazioni croato-serbe come di una lunga e penosa crisi di ostaggi e afferma che l'elite politica “parte dal presupposto che i loro elettori apprezzano l'ostilita' come un valore e accettano tutte le conseguenze di queste ostilita', quali incertezza, insicurezza, minaccia di scambi e collaborazione economica e culturale e come ultima conseguenza, e accettano la possibilita' di nuove guerre. Peccato che nel loro ascoltare attentamente e scrupolosamente la volonta' dei cittadini non riconoscono la necessita' per la pace, democrazia e benessere. Forse e' cosi' perche ai cittadini non lo hanno mai sinceramente offerto?”. E si chiede se “le elite politiche in Croazia e in Serbia non sono ostaggi dei cittadini che amano toni di conflitto e per questo motivo provocano di volta a volta scandali diplomatici per attirare proprio questo tipo di elettori? Oppure i cittadini sono ostaggi della loro elite politica alla quale sta bene il cerchio magico delle fragili relazioni croato-serbe? Per non menzionare le relazioni tra Serbia e Kosovo”. E conclude: “Come ogni crisi di ostaggi, nessuno osa compiere il primo passo e non si sa' piu' se una vita diversa sia possibile. Infine, se e' cosi', allora la cosa piu' importante e' che almeno non si continui a sparare”.

Lo stato delle relazioni tra Belgrado e Zagabria, dopo le recenti polemiche, sarà al centro del faccia a faccia che il presidente serbo Boris Tadić e quello croato Ivo Josipović avranno a margine del summit dei capi di stato dell'Europa sudorientale che si svolgerà domani in Serbia, a Viminacijum nei pressi di Kostolac, una delle zone archeologiche serbe, dal titolo “Arte contemporanea e riconciliazione in Europa sudorientale”. Al vertice, oltre a Tadić e Josipović, parteciperanno anche i presidenti dell'Albania, Bamir Topi, della Bulgaria, Georgi Parvanov, della Macedonia, Đorđe Ivanov, del Montenegro, Filip Vujanović, e il presidenza di turno della Bosnia Erzegovina, il bosgnacco Bakir Izetbegović.

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