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L'attentato alla sede del giornale Vijesti (Reuters) |
Lo scorso 18 dicembre l'Unione Europea ha aperto con il Montenegro due dossier cruciali del processo di adesione, cioè quelli su giustizia e diritti fondamentali. Il commissario europeo all'Allargamento, Stefan Fuele ha parlato di "una pietra miliare" del percorso di integrazione, sottolineando che il governo di Podgorica "ha mostrato impegno e determinazione nel campo delle riforme" e ricordando che Bruxelles attende "che il piano d'azione" su giustizia e diritti fondamentali "venga attuato nei tempi previsti" e che i progressi "saranno monitorati da vicino". Lo stesso giorno sono stati aperti anche i capitoli relativi a appalti pubblici, diritto societario, politica industriale e delle imprese. Intanto però, nello stesso Montenegro che prosegue spedito il suo processo di integrazione europea, fare inchieste su corruzione, narcotraffico e riciclaggio può risultare
molto pericoloso per i giornalisti che cercano di raccontare
verità scomode sgradite al potere. Lo racconta Matteo Tacconi in un articolo uscito giovedì scorso 9 gennaio sul Manifesto che riporto qui sotto.
Giornalisti montenegrini sotto tiro
Anche venerdì scorso, come ogni altra sera, Lidija Nikcevic ha
atteso la chiusura del giornale. Poi è uscita dall’ufficio per
tornare a casa. Peccato che al suo appartamento non ci sia proprio
arrivata. Degli uomini incappucciati le si sono fatti incontro
e l’hanno colpita senza sconti. Brandivano mazze da
baseball.
La cronista ha rimediato severe contusioni ed è stata ricoverata
all’ospedale di Niksic. È la seconda città del Montenegro. È lì che
Lidija Nikcevic lavora. È in forza al dorso locale di
Dan,
quotidiano un tempo fortemente legato alla fazione pro-Belgrado e da
sempre molto critico verso il sistema di potere, più che
ventennale, forgiato e controllato dal primo ministro Milo
Djukanovic.
Il pestaggio di Lidija Nikcevic è già di per sé un brutto
episodio, ma diventa ancor più preoccupante se inquadrato in un
complesso generale di attacchi alla stampa e alla libertà di stampa,
quale quello montenegrino. Nel piccolo paese adriatico fare
inchieste e raccontare verità scomode su corruzione, traffici
narcotici, riciclaggio può essere molto pericoloso. Lo dimostra
un lungo
background di intimidazioni che, come un ottovolante, registra picchi improvvisi.
Proprio recentemente s’è assistito a un’impennata. Prima delle
botte subite da Lidija Nikcevic c’era stata a fine dicembre
l’esplosione di un ordigno di fronte alla sede centrale, nella
capitale Podgorica, del quotidiano
Vijesti, anch’esso non affatto tenero contro il potere, ma portatore di approcci diversi rispetto a
Dan (nel 2006
Vijesti
sostenne l’indipendenza referendaria dalla Serbia). In agosto,
invece, una bomba era scoppiata nella città di Berane, di fronte
all’abitazione del giornalista Tufik Softic, noto per i suoi
articoli sulla criminalità organizzata, collaboratore di
Vijesti e del settimanale
Monitor, altra testata che non lesina critiche a Djukanovic.
Softic, tra l’altro, era già stato vittima di un’aggressione nel
2007. In quello stesso anno anche Zeljko Ivanovic, all’epoca e ancora
oggi direttore di
Vijesti, era stato pestato. Andando ancora a ritroso si arriva al 2004, l’anno dell’omicidio di Dusko Jovanovic. Dirigeva
Dan. Fu assassinato a Podgorica.
L’impressione è che ci sia una sorta di filo rosso che tiene legati
tutti questi fatti. Il punto è che, seppure da posizioni diverse,
Vijesti,
Monitor e
Dan
si oppongono a Djukanovic e nel corso degli anni hanno denunciato
la collusione politica e criminalità organizzata. Faccenda che
produce un’eco anche al di fuori del tradizionale steccato della
politica montenegrina. L’Unione europea ha più volte chiesto alle
autorità di Podgorica, che hanno aperto i negoziati d’accesso nel
2012, di impegnarsi maggiormente su questo fronte. Lo stesso Milo
Djukanovic, sebbene senza alcuna conseguenza penale, è stato
a lungo chiamato in causa dalla procura italiana di Bari in merito al
traffico di sigarette nell’Adriatico che si sviluppò – così hanno
rivelato le inchieste – sull’asse Puglia-Montenegro gli anni ’90.
Ora, volendo tagliare corto, ci si chiede se questi attacchi
a giornali e giornalisti non allineati siano riconducibili
proprio a questi scenari scivolosi. Secondo i direttori di
Vijesti e
Dan
sì. Il primo, Zeljko Ivanovic, ha detto nei giorni scorsi che
questi sono i risultati «di anni di campagne del primo ministro,
del suo governo, della sua formazione politica (Partito
democratico dei socialisti) e della mafia contro i media
indipendenti». Mentre il secondo, Nikola Markovic, ha spiegato che
fintanto che le autorità non troveranno i responsabili del
pestaggio di Lidija Nikcevic e di altri casi simili, la colpa
ricadrà sul governo. Che da parte sua respinge però ogni accusa.
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Sul Montenegro ricordo il settimo Speciale di Passaggio a Sud Est prodotto nell'ambito del progetto europeo "Racconta l'Europa all'Europa", promosso
da Osservatorio Balcani e Caucaso.
Famoso per
le sue bellezze naturali, negli ultimi anni il Paese è divenuto terra di
conquista della speculazione turistico-edilizia e di lucrosi e non troppo
chiari affari nel settore energetico, con l'Italia in prima
fila. Un Paese governato da oltre venti anni dalla stessa persona, Milo
Djukanovic, diventato ricchissimo in poco tempo (grazie, secondo i
detrattori e alcune inchieste giudiziarie italiane, al contrabbando di sigarette)
e che ha costruito un capillare sistema di potere politico-economico.
In trasmissione erano intervenuti Nela Lazarevic, corrispondente del quotidiano Vijesti e
del portale Birn, Luca Lietti, responsabile area sviluppo
dell'associazione "Trentino Balcani", Vanja Calovic, direttrice dell'ong
Mans, intervistata da Francesco Martino di Osservatorio Balcani e Caucaso.