venerdì 14 settembre 2012

I BALCANI VENT'ANNI DOPO LA FINE DELLA JUGOSLAVIA

La rivista Limes ha inaugurato una nuova collana di volumi antologici, "I classici di Limes", che raccolgono articoli tratti dal suo archivio e che pur essendo stati scritti alcuni anni fa mantengono intatta l'attualità dell'analisi e sono quindi molto utili per meglio comprendere le origini degli eventi del presente. “La guerra in Europa non è mai finita” è il titolo di questo primo volume della collana, uscito martedì 11 settembre in edicola e in libreria e disponibile anche su iPad. Questo numero antologico raccoglie i migliori articoli tratti dagli arretrati di Limes insieme a cinque contributi inediti ed è dedicato ai Balcani. L'argomento è particolarmente significativo poiché i Balcani e l'area ex-jugoslava in particolare, in questo periodo, non sono certamente al centro dell'attenzione internazionale, concentrata su altri scenari. Certo, c'è il ventennale dell'inizio della guerra in Bosnia e dell'assedio di Sarajevo e il titolo richiama quello del primo numero di Limes (1993), “La guerra in Europa”, ma la scelta è sicuramente significativa, perché l'area è tutt'altro che stabilimente pacificata, alcuni Paesi in particolare vivono situazioni estremamente delicate e le tensioni continuano ad essere presenti e pronte ad affiorare ad ogni occasione. La crisi economica, ma soprattutto politica, dell'Unione Europea non aiuta poi ad ancorare definitivamente la regione ad un futuro di stabilizzazione e integrazione. Come recita il sottotitolo del volume, "Vent'anni dopo il collasso della Jugoslavia i Balcani sono meno europei di quanto l'UE sia balcanica". Una constatazione a mio giudizio forse un po' troppo pessimistica, ma non così lontana dalla realtà, sia quella regionale, sia quella europea.

Qui la mia intervista per Radio Radicale al direttore di Limes, Lucio Caracciolo



4 commenti:

  1. Buona l'intervista. Mi sarei e aspettata,però,che 'Passaggio a sud est'si occupasse anche di alcune -testimonianze recenti che "riaprono"(è stato scritto) il vaso di Pandora degli orrori, delle atrocità,delle torture inflitte ai prigionieri serbi-anche civili-nel corso di espianti di organi praticati su vittime tenute sveglie.
    Non era una informazione da dare?
    O forse qualcuno pone (o avrebbe posto) il veto?
    Stimo il giornalista e questo silenzio mi delude.

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  2. In tanti anni a Radio Radicale mi sono sempre sentito libero di fare il mio lavoro senza condizionamenti, né ho mai subito pressioni o veti (e, tanto per capirci, non ho in tasca tessere di partito).
    Tra le tante critiche che si possono fare a Passaggio a Sud Est ci possono essere senz'altro la distrazione o la sottovalutazione, ma non la (auto)censura.
    Sospettarlo suona francamente offensivo per il lavoro mio e dei miei collaboratori.
    Cordiali saluti.

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  3. La ringrazio di aver risposto.
    Mi fa piacere che lei rivendichi la sua libertà e dignità professionale,che ho imparato ad apprezzare in occasione dei fatti di Genova 2001:i suoi réportages mi colpirono per la loro pulizia e imparzialità,molto distanti dalla linea della proprietà della radio,scandalosamente schierata con quelli della Diaz e con quelli della Bolzaneto.
    Il suo programma sui Balcani,a mio avviso molto ben fatto,risulta purtroppo ridimensionato dalla nuova collocazione oraria che lo relega ad un'ora
    antelucana,senza rèpliche e con l'unica possibilità di recupero sulla rete:risultato,una perdita netta di
    ascolti inflitta ad un programma che non lo merita e che non mi spiego:chi non è particolarmente mattiniero e non ha confidenza con la rete lo perderà.
    Mi auguro che non si pensi a una sua cancellazione.
    Saluti.

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  4. Gentile Annamaria,
    sono io che ringrazio lei per l'attenzione con cui segue il mio/nostro lavoro. Lo spostamento della trasmissione è dipeso da alcune modifiche al palinsesto decise un anno fa dal direttore Martini. Per quanto riguarda i rischi di una sua soppressione al momento non mi risulta siano in campo ipotesi del genere.
    Cordiali saluti.

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