Di Marina Szikora
La Serbia deve offrire alla comunita'
internazionale la soluzione secondo la quale il nord del Kosovo
rimane a far parte della Serbia mentre il resto del Kosovo sarebbe
accettato dalla Serbia come stato indipendente, a condizione pero' di
proteggere i monumenti nazionali – questo quanto sostiene e afferma
il presidente della Republika Srpska, l'entita' a maggioranza serba
della Bosnia Erzegovina, Milorad Dodik. Secondo Dodik, il tempo
precedente era migliore per una tale soluzione, ma dall'altra parte -
sottolinea Dodik - per la Serbia deve essere chiaro che un ritorno al
passato, nel senso politico, e' impossibile. Sempre secondo il leader
dei serbi in Bosnia, non si tratta soltanto di aver perso, anche se
in Serbia lo si interpreta cosi'. Bisogna proteggere i propri
interessi, dice Dodik e rileva che sulla questione Kosovo bisogna
riunire tutti, vedere quale sia la realta' e concludere
definitivamente questa faccenda. Il nord del Kosovo e' una realta',
e' convinto Dodik.
Il presidente della Serbia, Tomislav
Nikolić da parte sua afferma invece che il riconoscimento
dell'indipendenza del Kosovo come condizione per l'adesione della
Serbia all'Ue non e' la posizione dell'Ue. Il presidente della Serbia
sottolinea che questo non e' e non puo' essere l'atteggiamento
dell'Ue perche' se cosi' fosse, non ci sarebbero mai negoziati di
adesione per la Serbia. Nikolić ha indicato che la Serbia con le sue
interpretazioni ai propri rappresentanti sul come devono comportarsi
alle riunioni in cui partecipano anche gli albanesi, ha dimostrato di
essere impegnata nel dialogo e per l'adesione all'Ue e che adesso e'
la volta dell'Ue. "A noi ci resta di fare il nostro lavoro, di
costruire quella Serbia che abbiamo promesso, di costruire le
relazioni con l'Ue come si deve, perche' e' buono per la Serbia. L'Ue
invece o deve fermare questi discorsi o smentirli oppure dimostrare
con comportamenti aperti verso la Serbia che non ci sono tali
condizionamenti" ha detto Nikolić a proposito delle
dichiarazioni che la Serbia deve riconoscere il Kosovo se vuole far
parte dell'Ue.
Le affermazioni di Nikolić arrivano
dopo le recenti dichiarazioni del presidente del PE, Martin Schultz,
che sono state interpretate in maniera sbagliata e che riguardano il
riconoscimento del Kosovo come condizione per l'ingresso della Serbia
nell'Ue. In questo senso vanno anche le spiegazioni del premier
serbo, Ivica Dačić dopo la sua ultima visita a Bruxelles settimana
scorsa durante la quale, cosi' i media serbi, il premier serbo
avrebbe ottenuto da tutti i rappresentanti europei un forte appoggio
all'avvicinamento della Serbia all'Ue. Dačić afferma che la Serbia
e' pronta a continuare il dialogo con Priština e l'idea di alzare i
negoziati ad un livello politico piu' alto riceve sostegno anche da
parte dell'amministrazione europea. In una intervista, reduce da
Bruxelles, Dačić rassicura che i messaggi, sia dalla parte serba
che da quella dell'Ue, sono molto chiari. L'Ue saluta le posizioni
del governo serbo quando si tratta del proseguimento del cammino
europeo di Belgrado. Si sottolinea pubblicamente – spiega Dačić –
che le integrazioni europee dipendono maggiormente dalla stessa
Serbia, vale a dire dall'adempimento di quello che il Consiglio
europeo ha posto come condizione lo scorso dicembre.
Si tratta
maggiormente delle riforme interne che la Serbia deve condurre e di
segnali visibili di 'rilassamento' nelle relazioni tra Belgrado e
Priština il che implica l'implementazione degli accordi finora
raggiunti con il tentativo di arrivare agli accordi sulle rimanenti
questioni del dialogo tecnico, ivi incluso il ruolo dell'Eulex che
dovrebbe essere presente in tutti i settori nell'intero Kosovo. Dačić
aggiunge che l'orientamento del nuovo governo serbo e' di realizzare
tutti gli accordi che sono stati raggiunti finora a Bruxelles ma che
il problema sono le diverse interpretazioni su quello che in effetti
e' stato concordato precedentemente. In Serbia, evidentemente, spiega
Dačić, certe cose sono state interpretate diversamente.
Nell'intervista Dačić risponde anche
alla domanda su quanto la situazione economica in Serbia sia critica
e su certe interpretazioni che la Serbia rischia lo stesso scenario
della Grecia. Secondo Dačić e' davvero indispensabile che il govero
esca urgentemente con una proposta di misure economico-sociali che
avranno come obiettivo stabilizzare le condizioni economiche in
Serbia il che significa fermare il deficit e diminuirlo l'anno
prossimo. Per questo, afferma il premier serbo, sono indispensabili
colloqui con il FMI, con la Banca mondiale e con le banche europee,
nonche' con l'Ue e tutti gli altri paesi che vogliono contribuire
alla stabilizzazione economica della Serbia. Il governo, aggiunge il premier serbo,
nelle misure annunciate, oltre al risparmio che riguarda lo stato e
non i cittadini, dedichera' anche grande attenzione a sollecitare lo
sviluppo economico. L'ex ed attuale ministro degli interni
e attuale premier serbo Ivica Dačić afferma che i cittadini alle
recenti elezioni hanno qualificato il suo ministero come il migliore
proprio per il suo successo nella lotta contro la corruzione e
criminalita' organizzata il che resta uno dei maggiori impegni.
L'obbiettivo e' quello di sradicare la corruzione sistematica. In
questo senso ci sara' una diretta collaborazione con l'Ue, ha
precisato Dačić.
Rispetto a quanto finora detto, molto
diverse sono invece le analisi ed i commenti di una parte della
stampa occidentale. Cosi' il giornale tedesco 'Die Welt' scrive
ultimamente di attacchi da parte del partito nazionalpopulista, il
Partito del progresso (SNS) che e' il partito governativo, contro i
media che questo partito afferma essere sotto diretto controllo da
parte del Partito democratico (DS) dell'ex presidente Boris Tadić. A
tal proposito, scrive il giornale tedesco, SNS ha indicato uno dei
pochi giornali indipendenti serbi 'Blic' che e' uno dei piu' difusi e
piu' liberali giornali in Serbia. Aleksandar Vučić, attuale capo
del SNS, nei tempi dell'autocrata Slobadan Milošević, fine anni
novanta, scrive 'Die Welt', controllava la stampa che era critica
verso il regime. L'attuale ambizioso vicepresidente del governo Vučić
ha molte ragioni per essere nervoso: ci sono sempre piu' brutte
notizie per il governo che l'Occidente guarda con scetticismo perche'
nelle proprie fila sta accogliendo sempre piu' seguaci di Milošević.
'Die Welt' aggiunge che le tensioni con Bruxelles sono aumentate con
le "sospettose distribuzioni di posti di lavoro ai funzionari,
con la contestata Legge sulla Banca popolare serba e con gli attacchi
contro la stampa indipendente". In questo senso "i lider
nazionalpopulisti sono sulla via di mettere a rischio anche il
piccolo credito che hanno nell'arena internazionale".
All'autore del commento tedesco non
piace nemmeno che la Serbia in quanto potenziale aderente all'Ue
"cerca la vicinanza di Mosca: l'11 settembre il presidente
Tomislav Nikolić visitera' il suo collega russo Vladimir Putin a
Soči e con lui non parlera' soltanto di nuovi crediti bensi' anche
della collaborazione sull'esporto di armi" scrive 'Die Welt'.
Nel commento si punta inoltre sul fatto che nonostante
l'ammorbidimento della retorica aspra sul Kosovo e il rinunciamento
da parte di Belgrado di boicottare le conferenze in cui partecipano
anche i rappresentanti del Kosovo, non e' visibile nessun concetto
per l'ex regione (il Kosovo) che da quattro anni e mezzo e'
indipendente. Infine, Bruxelles non sarebbe nemmeno convinta per
quanto riguarda gli sforzi del nuovo governo serbo di sopprimere la
corruzione poiche' "i partiti o gli sponsor dei nuovi funzionari
dello stato sono loro stessi coinvolti nella densa rete di
corruzione". Il giornale tedesco scrive che Dačić aveva detto
di essere "allergico a costanti critiche" e che la Serbia
e' una parte d'Europa con uguali diritti ma che Belgrado adesso
potrebbe addossarsi nuovi guai con l'Ue perche' "Dejan Carević,
ex membro dei servizi segreti di Milošević e' stato nominato capo
gabinetto del ministro della giustizia serbo". 'Die Welt'
conclude citando Jovo Ćuravija, il fratello del giornalista Slavko
Ćuravija, assassinato a Belgrado nel 1999 il quale ha detto che
"finche' gli assassinii politici non verranno chiariti davanti
ai tribunali, questo paese non potra' posizionarsi accanto ai paesi
civili".
Il testo è tratto dalla corrispondenza
per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda oggi a Radio
Radicale