Intanto non è passato inosservato che la prima visita di Nikolić all'estero (anche se formalmente non ancora nelle vesti di presidente) è stata quella del 26 maggio a Mosca. Su invito del partito di Vladimir Putin, Nikolić ha partecipato al congresso di Russia Unita incontrando lo stesso Putin per un lungo colloquio a margine dei lavori. E' stata l'occasione per ringraziare l'alleato russo per il sostegno alla Serbia sul piano internazionale, in particolare per quanto riguarda il sostegno a Belgrado sulla questione del Kosovo.
Di contro destano perplessità le prime dichiarazioni di Nikolic riguardo alla collaborazione con gli altri Paesi della regione e in particolare ai rapporti con la Croazia, riallacciati con grande sforzo e portati avanti dall'ex presidente Boris Tadić dopo l'elezione di Ivo Josipović alla presidenza croata: da diverse parti si temono scenari diversi e ci sono, purtroppo, buone ragioni per nutrire timori in queste senso.
Questi i temi della corrispondenza di Marina Szikora per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda oggi a Radio Radicale. Qui di seguito il testo.
Foto AFP/Andrej Isakovic |
Domenica sera, dopo tre ore di riunione intensa del Partito Democratico, il presidente uscente Boris Tadić cambia opinione, o almeno rinuncia a quello che aveva dichiarato subito dopo la sconfitta presidenziale. A distanza di una settimana dal ballottaggio, Tadić accetta di essere il candidato a premier del suo partito a condizione, afferma, che siano accettati gli obiettivi e le modalita' del lavoro su cui si deve basare il futuro governo e ha annunciato che sulla maggioranza parlamentare prima terra' i colloqui con la coalizione Partito Socialista della Serbia – Partito dei Pensionati Uniti della Serbia e Serbia Unita.
Tadić ha sottolineato che non veniva considerata mai e non si considerera' una coalizione con il Partito Progressista Serbo. Ha rilevato inoltre che il futuro governo deve essere armato di obiettivi e valori nonche' di un piano che sia realistico e realizzabile. "Stiamo affrontando grandi difficolta', ma credo che stiano arrivando giorni migliori per la Serbia" ha detto Boris Tadić dopo la riunione dei vertici del Partito Democratico domenica sera. Alla domanda dei giornalisti perche' allora la sua dichiarazione nella notte del ballottaggio in cui ha affermato che non sara' premier, Tadić ha precisato che nella notte elettorale "aveva detto cio' che aveva pensato" e ha aggiunto che come candidato presidenziale non aveva un piano di riserva. Per quanto riguarda la coabitazione, essa e' una conseguenza negativa della democrazia. Non esiste nessun paese al mondo in cui la coabitazione e' stata utile, ma molti grandi paesi, per esempio la Francia, l'avevano affrontata nel passato. I cittadini hanno deciso cosi' – hanno dato la maggioranza all'attuale coalizione governativa e la fiducia al nuovo presidente della Repubblica. Cio' significa che la coabitazione e' molto probabile, anche se non e' buona, ha spiegato Tadić il cambiamento della sua decisione. Ha sottolineato che lui e il Partito Democratico non hanno mai fuggito dalla responsabilita' pero' ha annunciato che quando sara' formato il governo all'interno del suo partito si parlera' di responsabilita' e quelli che avevano svolto male il loro lavoro, dovranno subire delle conseguenze. Ci sara' una riorganizzazione del DS a tutti i livelli, ha detto Tadić.
La settimana scorsa, il neo presidente della Serbia Tomislav Nikolić ancora dichiarava che affidera' il mandato per la formazione del nuovo governo ad un esponente del Partito serbo del progresso, cioè del suo ex partito dal quale, come annunciato, si e' dimesso. "Se i progressisti non sapranno utilizzarlo, ha detto Nikolić, allora affidera' il mandato in mani peggiori". Ha ripetuto che le sue dimissioni dalla presidenza del Partito del progresso sono in linea con la sua promessa di essere presidente di tutti i cittadini della Serbia. Ha perfino pianto aggiungendo: "cosi' deve essere – il bambino cresciuto, e' diventato autonomo". Come detto, e come precedentemente annunciato da lui stesso, Nikolić si e' dimesso dall'incarico di presidente del Partito del progresso. Boris Tadić questo non lo aveva fatto mai. Al tempo stesso e' stato capo dello stato e presidente del Partito Democratico e praticamente aveva l'influenza decisiva sul governo in cui il suo partito aveva la maggioranza.
La decisione di Tadić ad accettare l'incarico di premier si associa alle speculazioni dei media e dello stesso lider socialista Ivica Dačić espresse in una intervista al giornale serbo 'Press' che "i paesi occidentali molto potenti attraverso i loro ambasciatori chiedono l'accordo sulla grande coalizione, tra Tadić e Nikolić". La replica arriva pero' dal capo della diplomazia austriaca e vicecancelliere, Michael Spindelleger il quale afferma che la Serbia non ha bisogno di consigli dall'estero sul come formare il governo. Il ministro degli esteri austriaco sottolinea che per quanto riguarda la posizione della Serbia nulla e' cambiato dopo le elezioni: si aspetta che Belgrado debba migliorare maggiormente le relazioni con Priština e continuare le riforme. Ha aggiunto che vorrebbe vedere un governo che sia deciso a procedere con le riforme, integrazioni europee e collaborazione regionale.
Il neo presidente prima di tutto va a Mosca, da Putin
"Le assicuro che la collaborazione tra Serbia e Russia proseguira' progressivamente. Le assicuro che la Serbia e' partner della Russia nei Balcani" ha detto Nikolić a Putin e ha aggiunto che "la Serbia e' sulla via verso l'Ue. E' una via lontana ed incerta. Costruiremo il paese secondo le regole che esistono nell'Ue" ha assicurato Nikolić ma ha aggiunto che "finora non ha sentito che ci siano condizioni a riconoscere il Kosovo". "Noi non possiamo riconoscere il Kosovo seppure dovremmo interrompere i negoziati" ha precisato il nuovo presidente serbo rilevando che la Serbia con la risoluzione del Parlamento e' obbligata alla neutralita' militare. "La Serbi non sara' nella NATO" ha precisato Nikolić aggiungendo che lo aveva detto apertamente ai cittadini della Serbia nella campagna elettorale e che in questo senso ha anche vinto. Al tempo stesso, il presidente ad interim del Partito Progressista Serbo, Aleksandar Vučić ha mandato gli auguri a Dimitrij Medvedev eletto presidente della Russia Unita. Da prima, i due partiti, quello serbo e quello russa hanno firmato l'accordo sulla collaborazione.
Secondo i media serbi, dopo l'inaugurazione, il neopresidente serbo Tomislav Nikolić si rechera' il prossimo 14 giugno a Bruxelles su invito di Miroslav Lajčak, capo della diplomazia slovacca e inviato di Catherine Ashton, alto rappresentante dell'Ue per la politica estera e di sicurezza. Commentando l'ordine delle sue visita all'estero, prima Mosca e poi Bruxelles, Lajčak ha detto che "Nikolić adesso e' nella situazione quando manda messaggi e crea l'impressione sui suoi impegni da presidente".
Dopo l'incontro con il capo della delegazione Ue in Serbia, Tomislav Nikolić ha assicurato che non ci saranno ostacoli alla costituzione del nuovo governo e che collaborera' con Boris Tadić. Il neoeletto presidente serbo ha discusso con Vincent Deger sulla situazione attuale in Serbia e la sua prossima visita a Bruxell prevista per il 14 giugno. A Bruxelles, Nikolić incontrera' il presidente del Consiglio dell'Ue Herman van Rompey e la capo della diplomazia Ue Cathrine Ashton.
Nikolić si e' appellato anche ai partiti ad accordarsi al piu' presto sulla formazione del governo poiche' il pase si trova in una situazione economica difficile. "Io non saro' un problema per la costituzione del governo" ha sottolineato Nikolić. Alla domanda dei giornalisti come sara' la sua collaborazione con Tadić nel caso diventasse il capo del futuro governo, Nikolić ha risposto che Tadić come premier ha il diritto di pensare al suo partito, il DS mentre lui in quanto presidente della Serbia non ha il diritto a pensare ai partiti come nemmeno chi e' il presidente del governo e a quale partito appartiene. Ha aggiunto che come capo dello stato non si opporra' al Partito Democratico: "E' difficile farlo, ma ne sono pienamente deciso" e ha assicurato che in Serbia "e' arrivata la nuova era".
Con Deguer, ha informato Nikolić, si e' parlato anche del rispetto dei diritti umani e di minoranze, della situazione al sud della Serbia, in Kosovo, dei negoziati sul tema nonche' delle condizioni che la Serbia deve adempiere per poter iniziare i negoziati sull'adesione all'Ue.
Sull'inevitabile questione relativa alle relazioni con Croazia e BiH, il neoeletto presidente ha detto che alcuni hanno tentato di compromettere i suoi rapporti con la Croazia, il che, ha precisato, e' impossibile. "Non ho la responsabilita' per quello che avevo detto 15-20 anni fa" ha detto Nikolić. "Se fosse cosi', allora nessuno potrebbe occuparsi di politica. Io rispondo di quello che ho iniziato a fare da quando sono stato eletto presidente" ha aggiunto informando anche che alla sua inaugurazione a Belgrado invitera' anche il presidente croato Ivo Jospović assicurando che "non fara' mai nulla che possa compromettere le relazioni tra i due stati ed i due popoli".
Da cetnico a moderato: ma il passato è davvero passato?
L'intervista di Tomislav Nikolić alla Frankfurter Allgemeine Zeitung poco prima delle elezioni presidenziali in Serbia, ha sollevato un discreto polverone. Il neo presidente serbo in questa intervista ha scoperto di non vergognarsi della sua appartenenza cetnica e del suo ruolo nelle guerre in ex Jugoslavia agli inizi degli anni novanta. Ha detto che sogna ancora la Grande Serbia ma che si e' conciliato con l'integralita' territoriale della Croazia e della BiH. "I miei sogni dai tempi della disgregazione della Jugoslavia su chi dovrebbe vivere in quale parte, purtroppo non si sono realizzati. Ed evidentemente non si realizzeranno" ha detto Nikolić alla Faz. Ha aggiunto che la Grande Serbia e' ancora il suo sogno ma un sogno che a causa delle relazioni internazionali attuali e il cammino della Serbia verso l'Ue non sara' realizzato. In quanto duca cetnico, ha ricordato Nikolić, aveva detto che deve essere sempre cetnico e che difendera' nuovamente la Serbia se verra' chiamato a farlo. Ha aggiunto di non vedere' perche' la sua storia politica dovrebbe rappresentare un ostacolo per le sue visite ufficiali in Croazia e BiH. Ma il sale sulla ferita croata e' stata l'osservazione di Nikolić che la citta' di Vukovar e' citta' serba e che quindi non ci sono ragioni per cui i croati dovrebbero ritornarci. E' chiaro che una tale dichiarazione, espressa nell'intervista ad un giornale prestigioso come la Faz, toccando la maggiore ferita ancora cosi' viva nella memoria sulla citta' martire e simbolo dell'aggressione serba Vukovar, ha destato forti critiche e scandalo nella vicina Croazia.
Commentando queste dichiarazioni, il capo dello stato croato Ivo Josipović ha ricordato che "Vukovar come ogni citta' croata, e' aperta alla vita di croati, serbi, ungheresi e tutti gli altri cittadini quale che sia la loro nazionalita'". Ha aggiunto pero' che "la dichiarazione di Nikolić non e' nello spirito della politica di riconciliazione e ci fa tornare alla politica degli anni novanta". La Croazia, ha rievocato Josipović, allora si e' opposta ad una tale politica e sapra' opporsi anche alle sue reminiscenze: "Se questa dichiarazione e' un ritorno alle idee degli anni novanta, tali idee non ci saranno. La Croazia continuera' a condurre una politica di uguaglianza nazionale e pacifica verso i vicini. La collaborazione con la Serbia la dovremo ancora sviluppare ma dalla politica di Nikolić dipende se la nostra mano verra' accettata. Spero che Nikolić redighera' le sue posizioni" ha detto il presidente croato Ivo Jospović.
Secondo le parole della ministro degli esteri croata Vesna Pusić, "bisogna appena vedere quali posizioni prendera' Nikolićš e il governo in Serbia" dipendentemente da questo, ha detto Vesna Pusić, l'influenza all'interno della Serbia si dividera' oppure si concentrera' da una parte. Va aggiunto anche che subito dopo le reazioni in Croazia, dal gabinetto di Nikolić e' stato difuso un comunicato in cui si smentisce che Nikolić avrebbe detto al giornale tedesco che Vukovar e' una citta' serba e che i croati non hanno nessuna ragione a tornarci.