Qui di seguito riporto il “piccolo
vocabolario” scritto da Matteo Tacconi per il quotidiano Europa che
lo ha pubblicato lo scorso 4 dicembre. E' un testo sintetico e chiaro che aiuta a capire cosa sta succedendo a Kiev e nelle altre città ucraine,
quali sono i principali attori del braccio di ferro di queste settimaner e quali sono le poste in gioco in una partita che si svolge su più tavoli e in cui non tutti i giocatori giocano pulito.
Piccolo vocabolario delle proteste in
Ucraina
Dalla A di "accordi di
associazione" alla Y di Yanukovich: tutto quello che c'è da
sapere sulle manifestazioni a Kiev e nelle altre città ucraine
Oggi [4 dicembre, n.d.r.] è il
quattordicesimo giorno consecutivo di proteste a Kiev. La gente non
si schioda dalla piazza, non smantella l’assedio ai palazzi del
potere. Il governo, da parte sua, non molla. Ieri, in parlamento,
respinta una mozione sulla sfiducia. Il braccio di ferro continua. In
attesa di capire come andrà a finire, questo è un compendio sui
principali nodi, come sui protagonisti, della crisi ucraina.
A come accordi di associazione.
Costituivano, assieme a un’intesa sul libero scambio, il pacchetto
di incentivi economici e commerciali offerti dall’Ue. L’obiettivo?
Rafforzare la cooperazione con Kiev, rilanciare l’azione
comunitaria a Est e contenere – scopo implicito – l’influenza
russa. Le autorità ucraine, bocciando le intese alla vigilia del
recente vertice di Vilnius tra Bruxelles e le repubbliche ex
sovietiche, hanno scatenato la reazione popolare.
D come Donetsk. In questi giorni si è
protestato anche in molte altre città del paese. A Leopoli,
nell’occidente. Ma anche a Donetsk e Kharkhiv, nell’est russofono
e legato economicamente e culturalmente a Mosca, il tradizionale
serbatoio di voti del presidente Viktor Yanukovich e del suo Partito
delle Regioni. Il che indica quanto sia diffusa la sfiducia verso
l’operato del capo dello stato e dell’esecutivo.
E come elezioni. Il voto anticipato non
va escluso, ma non è la naturale e inevitabile conclusione della
vertenza in corso. In ogni caso, dietro l’angolo ci sono le
presidenziali del 2015. I capi dell’opposizione stanno cercando, lì
sulla piazza, di misurare il loro potenziale elettorale e le
rispettive chance di sfidare Yanukovich tra poco più di un anno.
F come Fondo monetario internazionale.
Quando nel 2008 è scoppiata la crisi globale l’Ucraina è caduta
rovinosamente. È stata uno dei primi paesi soccorsi dal Fmi (con il
contributo dell’Unione europea). La “seconda crisi”, legata ai
debiti sovrani, ha spinto Kiev nuovamente al tappeto, portandola a
riaprire i negoziati con il Fondo. Che, in cambio di un prestito da
15 miliardi di dollari, ha chiesto riforme incalzanti e l’aumento
del costo del gas. Kiev ha opposto resistenza e le trattative sono
saltate, lasciando scoperto il “buco”. È così che Yanukovich ha
chiesto all’Ue di legare agli Accordi di associazione e sul libero
scambio l’erogazione di un prestito notevole. Poi, saltato anche
questo tavolo, ha bussato alla porta della Russia. Adesso sta
rilanciando nuovamente con l’Ue. Insomma, le sue mosse non
riguardano solo il collocamento internazionale del paese, ma sono
anche – forse persino soprattutto – una questione di soldi.
G come giovani e I come Internet. Sulle
strade di Kiev, oltre ai membri e agli elettori dei partiti
dell’opposizione, si stanno facendo notare i giovani. Odiano
Yanukovich, ma diffidano dei partiti dell’opposizione. E – questo
per completare il loro profilo – hanno una certa dimestichezza con
la rete. Le loro idee se le fanno sul web, più che alla tv. Sono una
generazione connessa. In queste due settimane hanno sapientemente
usato i social network, facendone strumenti politici. Ma, nonostante
questo, post e cinguettii sono solo uno dei dettagli di una battaglia
che è decisamente “hardware”.
H come hryvnia. La moneta ucraina. Già
molto debole, da quando è scoppiata la protesta ha perso ancora più
valore (si scommette addirittura sulla crisi monetaria), a conferma
che squilibri economici e turbolenze politiche viaggiano di pari
passo.
K come Klitschko. Vitali Klitschko,
pugile e politico. Sul ring ha fatto la storia. In politica sta
avendo risultati più che discreti. Il partito da lui fondato, Udar,
forza centrista che sostiene l’ancoraggio del paese all’Ue, è
andato in doppia cifra alle elezioni del 2012. Klitschko è uno dei
protagonisti della protesta. Incita, ci mette la faccia, piace ai
media. Le sue quotazioni sono ulteriormente in rialzo e c’è chi
dice che potrebbe essere il più serio sfidante di Yanukovich nel
2015, dato che, in un paese elettoralmente spaccato (l’est sta con
Yanukovich, l’ovest contro), è riuscito nel 2012 a riscuotere
buoni consensi anche nelle regioni dell’est.
M come Maidan. Maidan significa piazza.
E la Nezalezhnosti Maidan, la piazza dell’Indipendenza, la grande
spianata nel centro di Kiev, è il campo base della protesta. Fu così
anche al tempo della Rivoluzione arancione. Mentre #euromaidan è
diventata sul web la parola chiave delle manifestazioni. Quasi un
logo.
O come oligarchi. Controllano le più
grandi industrie nazionali, hanno patrimoni immensi, condizionano le
scelte dei politici. Molto spesso loro stessi, sono dei politici. C’è
da credere che stiano studiando la situazione, in attesa di prendere
una posizione chiara. O di non prenderla.
P come Putin. Si sa: non vuole che
l’Ucraina prenda la via dell’Europa. Kiev, vista da Mosca, è un
tassello strategico per formare quell’Unione eurasiatica che nelle
intenzioni di Putin dovrebbe (ri)cementare lo spazio post-sovietico.
Il Cremlino, per evitare che Kiev firmasse gli accordi con l’Ue, ha
usato bastone e carota. In agosto, come avvertimento, ha posto
l’embargo sui prodotti dolciari ucraini. Al tempo stesso ha aperto
alle richieste di sconto sulle tariffe del gas (troppo alte secondo
Kiev) avanzate da Yanukovich. E, notizia di ieri, Gazprom ha concesso
all’Ucraina, a corto di soldi, di pagare in primavera il conto
delle bollette di quest’ultimo trimestre.
R come Rivoluzione arancione. Stessa
piazza, la Nezalezhnosti Maidan. Stesso nemico: Yanukovich. Ma le
analogie tra i moti di piazza che portarono al potere Viktor
Yushchenko e Yulia Tymoshenko si fermano qui. Stavolta, l’opposizione
non ha un vero leader, uno capace di trascinare tutti e di unire
(Klitschko non lo è, non ancora). E poi, rispetto alla resistenza
pacifica del 2004-2005, a questo giro ci si è anche picchiati.
S come Svoboda. È un partito
fortemente nazionalista, tacciato di antisemitismo, radicato
nell’ovest dekl paese. Alle elezioni del 2012 è andato in doppia
cifra, entrando per la prima volta in Parlamento. I suoi militanti,
sulla piazza di Kiev, sono stati in prima linea. Non è da escludere
che in prospettiva questa formazione possa incrementare ulteriormente
il suo consenso. Il che non fa il gioco né del blocco fedele alla
Tymoshenko, né di Klitschko.
T come Tymoshenko. L’Ue aveva
vincolato la firma delle intese alla sua liberazione. Yanukovich non
ne ha voluto sapere. Yulia ha chiesto di andare avanti comunque,
escludendo il suo caso dai negoziati. Ma Yanukovich ha ridetto no.
Ora, una parte dell’opposizione insiste nel domandare la sua
liberazione. Yanukovich ribadisce che non se ne parla.
U come Unione europea e come Usa. La
grande sconfitta, per ora. Però Yanukovich sa che la modernizzazione
del paese passa dal potenziamento dei rapporti con l’Ue, più che
dai rapporti con la Russia. La partita non è finita e Bruxelles può
ancora calare qualche carta. Quanto agli Stati Uniti: praticamente
non pervenuti, al momento.
Y come Yanukovich. Nome di battesimo
Viktor. È il presidente ucraino, eletto nel 2010. Molti
semplificano, dicendo che è filorusso. In realtà, pur prediligendo
il rapporto con Mosca, sa che serve un contrappeso – l’Europa –
per evitare che i russi si divorino l’Ucraina.