lunedì 4 giugno 2012

SERBIA, GOVERNO: NIKOLIC AVVIA COLLOQUI PER EVITARE L'ISOLAMENTO

Belgrado: la sede del governo
(Foto Ufficio del Turismo)
Aveva caratterizzato la sua campagna elettorale con lo slogan “Un presidente dei cittadini, non dei partiti politici”, Tomislav Nikolic, neo presidente serbo, in evidente polemica con il suo avversario, il presidente della repubblica uscente Boris Tadic, che nel corso dei suoi mandati non si era mai dimesso dalla carica di presidente del Partito democratico. Lui, invece, subito dopo essere stato eletto, come aveva promesso, si è dimesso dal Partito del progresso, ma, proprio come il suo predecessore, non evita di intervenire nella politica serba anche come leader di partito. Come altro si può interpretare, altrimenti, la decisione di avviare oggi colloqui per la formazione del nuovo governo, “paralleli” a quelli in corso tra il Partito democratico di Tadic ed il Partito socialista di Ivica Dacic?

Democratici e socialisti, già alleati nella legislatura uscente, tardano in effetti a concretizzare il nuovo patto di maggioranza siglato prima del ballottaggio per le presidenziali. Secondo le indiscrezioni diffuse prima del voto, in cambio del sostegno socialista e in caso di riconferma di Tadic alla presidenza, a Dacic sarebbe andata la carica di premier del nuovo governo. Tadic, però, ha perso e ciò ha un po' scompaginato i piani, anche perché nelle sue prime dichiarazioni Tadic aveva detto di non essere interessato all'incarico di premier, salvo poi “ritrattare” nei giorni successivi, mentre nello stesso tempo Dacic non chiudeva nettamente all'ipotesi di un cambio di alleanze lasciando aperto un varco ad un possibile accordo con i “progressisti”.

Ora, spinto “dalla difficoltà sociali e dalla situazione economica del Paese”, Nikolic ha deciso di buttarsi in quel varco. L'intervento diretto del presidente nelle trattative di governo è costituzionalmente previsto nel caso di stallo delle stesse, ma è evidente che giustificare il suo intervento con il fatto che “nonostante un accordo di maggioranza sia stato raggiunto dopo legislative, è ovvio che questa maggioranza non esiste”, appare una giustificazione alquanto strumentale. E' evidente che Nikolic ha urgenza di avere un governo evitando che il suo partito, che ha la maggioranza relativa in parlamento, non resti isolato.

Se si dovesse concretizzare l'alleanza Tadic-Dacic, magari rafforzata dai liberalsocialisti di Cedomir Jovanovic e dalle “Regioni unite” dell'economista liberale Mladjan Dinkic, il presidente sarebbe costretto ad una “cohabitation” con un governo che lo terrebbe nei confini costituzionali ben di più di quanto non sia accaduto con la presidenza di Tadic. In questo quadro si inserisce la proposta di trattativa che l'ex numero due e attuale leader dei “progressisti”, Aleksandar Vucic, ha rivolto a Dacic, in un evidente gioco di sponda con il presidente teso a evitare di trovarsi relegati all'opposizione e di veder finire in frigorifero la vittoria conquistata alle elezioni del 6 maggio.

Tutto ruota, dunque, attorno alle scelte del numero uno socialista, Ivica Dacic, già portavoce di Milosevic (e per questo soprannominato dai detrattori “Piccolo Slobo”), già rinnovatore dei socialisti portati su posizioni europeiste e filo-occidentali, sempre più ago della bilancia della politica serba: i suoi 44 seggi sono infatti indispensabili a formare qualunque maggioranza parlamentare. Il leader socialista, pur senza aver del tutto chiuso ad una possibile cooperazione con il presidente, ha ribadito che, prima di prenderla in considerazione, terminerà i negoziati con i democratici di Tadic. Le trattative non ufficiali sulla formazione del nuovo esecutivo tra socialisti e democratici, con l'aggiunta dei liberali, sono in corso.

Secondo quanto scrive Balkan Insight, il nuovo governo, guidato da Tadic, dovrebbe essere composto da 15 ministri: 7 democratici, 5 socialisti e 3 liberali. L'ingresso di questi ultimi nel governo sarebbe una novità. Infatti, mentre con i democratici hanno legami stretti, nonostante alcune critiche di Jovanovic a Tadic, con i socialisti in passato si sono registrati vari scontri. Anche durante la campagna elettorale Dacic aveva dichiarato che non sarebbe stato possibile fare un governo con i liberali a causa delle loro posizioni sul Kosovo e in generale sul recente passato della Serbia. Ma si trattava, appunto, di campagna elettorale.

Lo stesso Dacic ha concesso come siano ben note le divergenze su alcune questioni, ma come sia importante trovare un orientamento politico comune ricordando che il suo partito è già stato in coalizione con partiti con cui non c'era un pieno accordo. D'altra parte democratici, socialisti e liberali sono già stati in coalizione per il governo locale di Belgrado, che nella geografia politica serba è molto di più del già importante governo della capitale. Una riedizione dell'alleanza a tre anche al governo centrale sarebbe del resto ben vista anche a Bruxelles. L'Unione Europea non lo può dire apertamente, ma le preoccupazioni per una possibile svolta nazionalista e conservatrice sono tante: come leggere altrimenti la dichiarazione rilasciata proprio oggi da un portavoce che critica seccamente le affermazioni con cui Nikolic ha negato che a Srebrenica ci sia stato un genocidio? [RS]

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