sabato 24 marzo 2012

GRECIA: I MEDIA NELLA MORSA DELLA CRISI

Prima della crisi la Grecia era per i giornalisti un piccolo "paese della cuccagna": 11 canali televisivi nazionali e oltre 100 locali, 71 stazioni radio nazionali e oltre 300 regionali, più di 20 quotidiani nazionali - otto dei quali sportivi, un record mondiale - e un numero incalcolabile di periodici. Tutto questo in un Paese di 11 milioni di abitanti. La crisi che ha travolto la Grecia sta ora colpendo duramente anche il mondo dell'informazione e si moltiplicano le chiusure anche tra le maggiori testate del Paese: dopo il fallimento dello storico Apogevmatini, molte altre testate sono in bancarotta. Eleftherotypia da mesi non paga gli stipendi ai suoi 135 giornalisti e ha portato i libri in tribunale. Stessa sorte per piccoli giornali e tv.

Atene, 18 marzo - Buoni stipendi e generose pensioni assicuravano ai professionisti dei media uno status sociale davvero invidiabile. Anche in questo settore, però, c'è un prima e un dopo: e il dopo - ovvero l'oggi - vede senza lavoro il 30 per cento dei giornalisti professionisti mentre si allunga la lista delle testate che hanno cessato le pubblicazioni, a iniziare dallo storico Apogevmatini, chiuso allo scoppio della crisi nel novembre 2010, nonostante fosse di proprietà del gruppo Sarantopoulos. Stesso destino per il settimanale economico Kosmos tou Ependyti, che aveva visto la sua diffusione ridursi al contagocce.
E per quelli che ancora vanno in edicola, la situazione non è migliore: il secondo giornale più diffuso del Paese, Eleftherotypia, non riesce a pagare i suoi 135 giornalisti dallo scorso agosto e la proprietà ha presentato istanza di fallimento al tribunale di Atene, lamentando debiti per oltre 50 milioni di euro. Stessa situazione in piccoli giornali come Avriani, Express, Xenios, Epikinonia, Kitrinomavri Ora, o nella tv privata Alter, dove centinaia di persone non hanno ricevuto buste paga negli ultimi sei mesi.
Per quanti ancora ricevono uno stipendio, peraltro, incombono misure d'austerità davvero draconiane. Il sindacato dei giornalisti ha denunciato come gruppi editoriali come la tv SKAI o il giornale Ethnos stiano incalzando i loro dipendenti per rinegoziare i contratti di lavoro con tagli salariali fino al 30 per cento. E c'è chi va oltre, come spiega una giornalista economica, che preferisce rimanere anonima, il cui datore di lavoro "chiede che i nostri stipendi vengano ridotti di quasi la metà a 450 euro al mese".
Le cose non vanno meglio neppure nei media statali, dove i licenziamenti hanno colpito i lavoratori della televisione e della radio NET oltre alla agenzia di stampa Amna, mentre gli altri hanno sperimentato un taglio delle buste paga del 25 per cento in linea con quello effettuato agli altri dipendenti del settore pubblico. Ma non è solo una questione di posti di lavoro e stipendi. Come spiega Dimitris Trimis, presidente dell'ESIEA, il sindacato dei giornalisti greci, il rischio è che la crisi finisca con il limitare il diritto dei cittadini all'informazione. "Non siamo le sole vittime della crisi, ma la società sarà danneggiata da questa carenza di informazione" ha detto alla Dpa. "Ci stiamo dissanguando, assistiamo a un numero crescente di giornalisti che lavorano come free-lance, con salari bassissimi e nessuna tutela", aggiunge, ricordando come il sindacato abbia offerto più di 340.000 euro in aiuti e cibo ai colleghi dall'inizio della crisi. "Teoricamente, vorrei essere là fuori a riferire sulla crisi economica, e invece mi tocca aiutare altri giornalisti, come me, che sono finiti vittime della crisi" osserva. (Da un lancio dell'agenzia ADNKRONOS pubblicato sul sito della Federazione Nazionale della Stampa Italiana http://www.fnsi.it/)

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