Il premier britannico David Cameron |
Cameron ha criticato molto chiaramente i "pregiudizi" ed il protezionismo di francesi e tedeschi contro le ambizioni europee di Ankara e intervenendo al parlamento turco è stato molto esplicito circa il ruolo che la Gran Bretagna vuole avere rispetto al negoziato per l'adesione della Turchia: "Combatteremo per difendere i vostri diritti al tavolo dei leader del Vecchio Continente", ha detto il premier suscitando l'entusiasmo dei parlamentari che hanno salutato queste sue parole con più di un minuto di applausi.
La Commissione europea ha salutato con favore la determinazione espressa da Cameron a promuovere l'adesione della Turchia all'Ue ed il suo portavoce ha ricordato che il commissario all'Allargamento, Stefan Fule, e il capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton, sono stati di recente in Turchia, dove hanno "riaffermato la prospettiva di un ingresso nell'Ue" di Ankara. In effetti, però, i negoziati per l'adesione all'Ue, iniziati nel 2005, procedono a rilento in particolare proprio per l'opposizione della Francia e della Germania. Le parole di Cameron, quindi, più che rivolte alle autorità turche, era dirette ai vertici di Parigi e Berlino, a cui com'è ovvio non sono affatto piaciute.
La posizione della Germania nei confronti della Turchia è stata ribadita dal ministro tedesco degli Esteri, Guido Westerwelle, proprio a Istanbul durante la visita ufficiale compiuta il giorno dopo Cameron. La Turchia ha certamente un posto in Europa, ha detto in sostanza il numero due del governo tedesco, ma non necessariamente nell'Ue. Durante una conferenza stampa congiunta con il collega turco Ahmet Davutolgu,Westerwelle ha dichiarato che "la direzione della Turchia è verso l'Europa" e che "noi diamo grande importanza all'approfondimento delle relazioni e al fatto di legare la Turchia all'Ue", salvo specificare però che quello dell'adesione è un processo dall'esito aperto e senza automatismi.
Ancora una volta si confrontano due visioni opposte dell'Europa e del suo ruolo. Da una parte c'è una logica aperta e internazionale, che vorrebbe fare dell'Ue un attore globale e quindi vede l'ingresso della Turchia, con il suo dinamismo economico e il suo protagonismo diplomatico, come un arricchimento di cui fare tesoro. Dall'altra la solita visione franco-tedesca preoccupata soprattutto degli equilibri interni e della protezione degli interessi dei singoli paesi, che delega la sua "rappresentanza" internazionale agli Usa salvo criticarli quando compie scelte non gradite. L'Italia, da sempre pro turca al di là del colore dei diversi governi, dovrebbe fare sentire la sua voce e sposare con coraggio la posizione britannica, ma l'attuale governo, per non dire l'insieme della nostra attuale classe politica, tranne poche lodevoli eccezioni, non sembra davvero avere una tale capacità di "vision" strategica.