lunedì 3 febbraio 2014

TURCHIA: ALLE ELEZIONI CONTERANNO PIU' GLI SCANDALI O L'ECONOMIA?

Il premier turco e leader dell'Akp, Recep Tayyip Erdogan
Anche se alle elezioni locali in Turchia mancano poco meno di due mesi la campagna elettorale è ormai entrata nel vivo e, nonostante la stagione, la temperatura politica è già torrida. Non essendoci, nel sistema turco, un livello intermedio di governon tra amministrazioni locali ed esecutivo (come sono per esempio le regioni italiane o i laender tedeschi), il rinnovo dei consigli provinciali e comunali, che avviene in contemporanea in tutto il Paese, assume un grande rilievo: quello del 30 marzo 2014 sarà un test cruciale da cui potrà dipendere il futuro politico del primo ministro Recep Tayyip Erdogan. Secondo i sondaggi, il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) rimane la prima formazione politica in Turchia. Ma le proteste contro il governo che per settimane hanno attraversato tutto il Paese la scorsa estate e lo scandalo tangenti che ha terremotato il quadro politico, riaccendendo lo scontro tra governo e magistratura, ha duramente colpito il partito del premier che appare in calo nelle intenzioni di voto e potrebbe addirittura perdere Istanbul, la sua roccaforte più importante oltre che città simbolo del Paese.

Le elezioni di marzo aprono un periodo elettorale che passerà per le presidenziali di agosto (le prime a elezione diretta) e arriverà alle politiche del 2015: dopo un decennio di successi, le amministrative di marzo potrebbero segnare l'inizio della parabola discendente dell'Akp e per lo stesso Erdogan. Secondo un sondaggio dell'istituto di ricerca Metropoll reso noto giovedì scorso la popolarità del premier sarebbe al 39,4%, cioè quasi dimezzata rispetto al 2007, quando poco meno di 3/4 dei cittadini turchi appoggiavano il suo operato. Un calo che non risparmia neanche il presidente della Repubblica Abdullah Gul, un tempo fedele alleato ma ora indicato come possibile avversario di Erdogan alle presidenziali, che in questi mesi ha cercato, grazie al suo ruolo istituzionale, di smarcarsi dall'immagine del premier. La cosa interessante è che mentre nell'ultimo mese, da quando è scoppiato lo scandalo della corruzione, mentre Erdogan ha perso poco più del 9% dei consensi, Gul ha perso quasi il doppio, mantenendo comunque quasi venti punti in più di gradimento rispetto al premier.

Che la posta in gioco sia alta e che il rischio di sconfitta a Istanbul il prossimo 30 marzo sia tutt'altro che remota, lo dimostra anche la decisione di Erdogan di scendere in campo direttamente per sostenere il candidato dell'Akp Kadir Topbas contro Mustafa Sarigul, presidente della municipalità di Sisli e suo principale sfidante sostenuto dal Partito repubblicano del popolo (Chp). Con un attacco di estrema durezza il premier, in una manifestazione pubblica, ha mostrato il rapporto preparato dalla commissione istituita dallo stesso Chp per indagare sui presunti illeciti commessi dalla municipalità di Sisli che avrebbe rilasciato autorizzazioni edilizie irregolari per decine di milioni di dollari. Sarigul, da parte sua, ha respinto ogni accusa sostenendo che non c'è nessun processo in corso a suo carico e che il consiglio di stato turco ha già archiviato il caso anni fa e che Erdogan sta portando avanti una campagna diffamatoria per minare la sua popolarità.

In effetti, mentre ad Ankara il candidato dell'Akp, Melih Gokcek, non dovrebbe avere problemi per la vittoria e a Izmir, storica roccaforte dell'opposizione, il sindaco del Chp si avvia alla riconferma, a Istanbul, stando ad un recente sondaggio dell'istituto Sonar, Sarigul sarebbe in leggero vantaggio su Topbas, attuale primo cittadino e fedelissimo del premier. Istanbul è una roccaforte del partito islamico moderato fin dai tempi del Partito della prosperità nel 1994. Erdogan ha iniziato la sua scalata al potere proprio come sindaco della città e perderla oggi rappresenterebbe un colpo durissimo e forse irreparabile: il segno della fine di un ciclo politico di grandi trasformazioni rappresentato dall'ascesa al potere di una nuova classe dirigente, dal ridimensionamento del vecchio establishment kemalista (in primis dei militari) e da uno sviluppo economico cresciuto con tassi da tigre asiatica. Ma ora proprio dall'economia arrivano segnali inquietanti. Forse, più che dalle piazze della protesta o dalle inchieste sugli scandali, i voti contro Erdogan potrebbero uscire dai portafogli degli elettori turchi.
[basato su un lancio dell'agenzia TMNews]

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