venerdì 3 dicembre 2010

PASSAGGIO SPECIALE

La Bosnia Erzegovina 15 anni dopo Dayton

Due entità federate unite da deboli istituzioni centrali, una delle quali ripartita a sua volta in 10 cantoni, 150 "ministeri" suddivisi tra i vari livelli di potere, per un Paese che ha meno di quattro milioni di abitanti, sottoposti all'autorità di un Alto rappresentante internazionale e con la presenza sul territorio di un contingente militare multinazionale. E la Bosnia Erzegovina oggi, così come è stata disegnata dagli accordi di pace che misero fine alla guerra nel 1995. Quindici anni fa, il 21 novembre 1995, a Dayton negli Usa, venivano infatti firmati gli accordi che mettevano fine al conflitto più sanguinoso combattuto in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Un conflitto costato oltre 100mila morti, che ha provocato 2 milioni di rifugiati e che è stato segnato da massacri terribili come quello di Srebrenica. Quegli accordi però, da zattera di salvataggio hanno finito col diventare una gabbia all'interno della quale il Paese sta vivendo la sua più grave crisi politica e istituzionale dalla fine della guerra, una crisi che ne compromette lo sviluppo sociale ed economico e che sta bloccando l'integrazione regionale e internazionale della Bosnia.

Lo Speciale di Passaggio a Sud Est andato in onda mercoledì 1 dicembre a Radio Radicale, dopo aver ricordato come si arrivò a quegli accordi, analizza la situazione attuale, dalle responsabilità della politica locale a quelle della comunità internazionale, dall'importanza della stabilizzazione della Bosnia per tutti i Balcani ai rischi di disgregazione del Paese, agli effetti su un'altra situazione delicata come quella del Kosovo, e rilancia alcune proposte per uscire dall'impasse come quelle formulate da Christophe Solioz, segretario generale del Centre for European Integration Strategies di Ginevra, e Wolfgang Petritsch, già Alto rappresentante internazionale in Bosnia Erzegovina(1999-2002), in un articolo pubblicato alla fine di settembre dal quotidiano svizzero Le Temps e da quello austriaco Der Standard e di cui ho parlato a suo tempo sul blog.

Petritsch e Solioz individuano quattro questioni che vanno affrontate e risolte per far uscire il Paese dalla crisi: in primo luogo la comunità internazionale, e i paesi membri dell'Ue per primi, deve dimostrarsi più unita e coerente rispetto alla Bosnia; in secondo luogo la stessa comunità internazionale deve subito impegnare i politici locali in un partenariato fondato su una responsabilità condivisa; occorre poi avere la consapevolezza che l'obiettivo dell'adesione all'Ue non è dietro l'angolo; infine proprio la Bosnia dovrebbe farsi promotrice di una cooperazione regionale concorrendo alla creando di uno spazio economico sul modello di quella europea degli anni '90 come premessa al successivo completamento dell'integrazione europea dell'area post jugoslava.

Lo Speciale, realizzato con la collaborazione dei corrispondenti Marina Szikora e Artur Nura, è riascoltabile direttamente qui



oppure sul sito di Radio Radicale nella sezione delle Rubriche.
                                

Nessun commento:

Posta un commento