mercoledì 7 novembre 2012

TURCHIA: POSSIBILI APERTURE DEL GOVERNO ALLE RICHIESTE DEI DETENUTI CURDI

Ma il premier Erdogan accusa il partito curdo di fomentare le proteste d'accordo con il Pkk 

Lo sciopero della fame che, da due mesi, stanno portando avanti quasi settecento curdi e turchi detenuti in 37 carceri di tutta la Turchia sembra finalmente sul punto di ottenere qualche risultato. Ieri il governo di Ankara ha aperto alla possibilità di usare la lingua curda nei processi da parte degli imputati, richiesta che fa parte del pacchetto di rivendicazioni alla base della protesta. Tra le richieste c'è anche quella del miglioramento delle condizioni di detenzione loro e la fine dell'isolamento per Abdullal Ocalan, leader del Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, detenuto da anni nell'isola di Imrali, in mezzo al mar di Marmara.

Lunedì sera, al termine del consiglio dei ministri, il vicepremier e portavoce del governo, Bulent Arinc, ha spiegato che il premier Recep Tayyip Erdogan ha incaricato il ministro della Giustizia, Sadullah Ergin, di studiare l'abolizione della normativa che non permette agli imputati di difendersi nella loro lingua madre. Il vicepremier ha aggiunto che il governo intende cambiare la normativa per ragioni umanitarie e non in risposta alle richieste dei detenuti. Arinc si è poi rivolto direttamente ai detenuti in sciopero sciopero della fame assicurando che la Turchia “conosce bene” le loro richieste che avete fatto e sottolineando che governo e Parlamento sono le istituzioni a cui vanno indirizzate: “Ci aspettiamo che non turbiate ulteriormente le vostre famiglie o noi. La nostra aspettativa è che interrompiate lo sciopero della fame”.

Sabato scorso Erdogan, parlando al congresso annuale del suo partito, l'Akp (Partito per la giustizia e lo sviluppo), che celebrava il decennale dell'arrivo al potere, aveva avvertito i detenuti in sciopero della fame di non trasformare la loro protesta in una “estorsione”. Nel frattempo la polizia utilizzava gas lacrimogeni e idranti per disperdere i manifestanti curdi che avevano lanciavato pietre e molotov durante una manifestazione nella città di Diyarbakir in sostengo dello sciopero dei detenuti, nel sudest del paese, durante la quale almeno 20 manifestanti sono stati arrestati.

Durante il suo tradizionale discorso del martedì al gruppo parlamentare dell'Akp, Erdogan ha attaccato duramente il Bdp, il Partito curdo per la democrazia e la pace presente nel parlamento turco, accusandolo di aver fomentato le proteste dei detenuti insieme al Pkk. “Sostengono la necrofilia; forzare le persone che stanno già pagando un prezzo a praticare lo sciopero della fame è proprio un'ingiustizia”, ha affermato il premier aggiungendo che il partito dovrebbe chiedere ai detenuti di interrompere lo sciopero, per non entrare “nei giochi di sangue” della formazione politica curda.

La dirigenza del Bdp, da parte sua, da una parte sembra voler ignorare le parole di Erdogan preferendo invece cogliere l'apertura del vice premier. Ahmet Turk, ex segretario del Dtp, il Partito curdo per la società democratica chiuso dalla magistratura nel 2008 sostituito poi dal Bdp, si è limitato a definire “preziose” le parole di Arinc aggiungendo di attendersi ora passi concreti.

Intanto, a Roma, una delegazione di rifugiati politici curdi presenti in Italia nel corso di un presidio tenuto davanti alla Camera è stata ricevuta dal senatore Pietro Marcenaro, presidente della Commissione per i diritti umani del Senato e dall'onorevole Furio Colombo, presidente del Comitato per i Diritti Umani della Camera, ai quali hanno consegnato un dossier aggiornato sulla drammatica situazione dei detenuti in sciopero della fame a oltranza. I rifugiati hanno chiesto che l'Italia si mobiliti e faccia pressione sul governo di Ankara che, dicono, continua a ignorare le legittime richieste del popolo curdo e prosegue la repressione di ogni dissenso.


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