venerdì 28 giugno 2013

LA SERBIA OTTIENE LA DATA PER L'APERTURA DEI NEGOZIATI PER L'ADESIONE ALL'UE

Il Consiglio europeo ha deciso anche l'apertura del negoziato per l'Accordo di stabilizzazione e associazione con il Kosovo. 
Lunedì la Croazia diventa il 28° Paese dell'Unione Europea


I negoziati per l'adesione della Serbia all'Unione europea partiranno ''al piu' tardi a gennaio del 2014'': la notizia è stata diffusa da fonti comunitarie questo pomeriggio, mentre ancora era in corso a Bruxelles il Consiglio europeo. Poi è stato il presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, a confermarla via Twitter. Il Consiglio europeo ha quindi deciso di aprire i negoziati di adesione con la Serbia dando mandato alla Commissione europea di condurre il negoziato sia per l'adesione della Serbia, sia per l'accordo di associazione e stabilizzazione con il Kosovo. Sarà il Consiglio europeo di dicembre a dare il via libera definitivo ai negoziati con Belgrado.

La giornata di oggi, ha detto Van Rompuy in una conferenza stampa a Bruxelles, rappresenta "un momento storico per i Balcani e per l'Ue in generale: non solo diamo il benvenuto alla Croazia come 28mo Paese membro, ma abbiamo anche deciso di aprire i negoziati con la Serbia" e quelli per l'accordo di associazione con il Kosovo. Questo, ha sottolineato, "e' il risultato immediato dell'accordo coraggioso dell'aprile scorso tra Pristina e Belgrado" sulla normalizzazione delle relazioni.

Secondo quanto si è appreso, la maggior parte dei leader europei avrebbe preferito aprire i negoziati con Belgrado nel prossimo autunno, ma la Germania ha insistito su una data di poco successiva. Un compromesso comunque accettabile perché l'importante era dare una data: un ulteriore rinvio senza una decisione chiara sull'apertura del negoziato avrebbe frustrato le attese delle autorità serbe, e di quelle kosovare, che nei mesi scorsi, come ha detto Emma Bonino nella sua recente visita a Belgrado e a Pristina, con lo storico accordo di aprile, si erano meritate l'indicazione di una data certa per il negoziato.

Con il via libera dell'Ue all'apertura dei negoziati la Serbia è tornata a essere trattata con considerazione e rispetto nella comunita' internazionale, nonostante gli ''ostacoli'' della Germania, ha detto il presidente serbo Tomislav Nikolic. ''Ora tutti parlano con rispetto del nostro paese'', ha sottolineato Nikolic, anche se ''vi e' ancora un Paese che cerca di ostacolare la Serbia, cosa che comunque non durera' in eterno'', ha osservato con chiaro riferimento alla Germania. Il premier Ivica Dacic, durante una visita a Bruxelles questa settimana, ha manifestato la speranza che i negoziati non durino che "quattro o cinque anni", e "non dieci" affermando che i 27 possono essere sicuri “che la Serbia farà di tutto per accelerare le riforme. Non vogliamo più perdere tempo, apparteniamo alla famiglia europea", aveva affermato

Il presidente del consiglio Enrico Letta, da parte sua, ha ricordato che "la data certa per l'inizio del negoziato e' un tema su cui ci siamo battuti", sottolineando quanto per l'Italia sia "importante la dimensione balcanica dell'Ue". In questo contesto, dunque, va letto il mandato all'Unione a negoziare l'accordo di stabilizzazione e associazione con il Kosovo, che rappresenta anche questo "un passo importante verso la stabilizzazione dell'area". Quanto alla Croazia, che da lunedì sarà il 28mo Paese membro dell'Ue, Letta ha ricordato che l'Italia "si e' spesa molto per il suo ingresso". Lo stato eccellente dei rapporti bilaterali e l'importanza che la Croazia ha per la nostra economia (l'Italia è il primo partner commerciale) lo dimostra la presenza domenica a Zagabria del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del ministro degli Esteri Emma Bonino.

GRECIA, TURCHIA ED UE, SIRIA, I NUOVI SCENARI DEL MEDIO ORIENTE

Intervista a Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera

Il nuovo governo greco dopo la chiusura forzata della radio-televisione pubblica Ert; la crisi del "modello turco" dopo Gezi Park e le scelte autoritarie di Erdogan, la decisione dell'Unione Europea di non bloccare i negoziati di adesione; la crisi siriana, i suoi riflessi sul Medio Oriente, lo scontro tra sunniti e sciiti in tutto il mondo arabo; il nuovo presidente iraniano.

Sono i temi dell'intervista a Antonio Ferrari andata in onda a Radio Radicale e che potete ascoltare direttamente qui



LA DECISIONE UE DI NON CHIUDERE ALLA TURCHIA NONOSTANTE TAKSIM

Un nuovo dossier sarà aperto in autunno solo dopo le elezioni tedesche: il compromesso segue la linea italiana ed evita il muro contro muro
Bonino: “L'Italia avrebbe preferito una decisione più incisiva, ma dobbiamo dirci onestamente che i negoziati erano in stallo da tempo, a causa delle esitazioni europee, ben prima degli ultimi avvenimenti". 


L'Unione europea ha deciso di rilanciare i negoziati per l'adesione della Turchia malgrado la dura repressione delle manifestazioni di queste settimane contro il premier Erdogan. L'apertura del nuovo capitolo negoziale è prevista però per il autunno, e non ora come inizialmente previsto, dopo il nuovo rapporto della Commissione europea e soprattutto dopo le elezioni tedesche. La Germania, infatti, sostenuta da Austria e Olanda, nei giorni scorsi era stata la capofila della linea dura con Ankara. Poi ha accettato sostanzialmente la posizione dei altri Paesi che chiedevano di non chiudere la porta evitando quel "muro contro muro" temuto anche dall'Italia rappresentata dal nostro ministro degli Esteri, Emma Bonino. Questo il compromesso trovato dai ministri degli Esteri dei 27, riuniti a Lussemburgo lunedì e martedì. Una soluzione di compromesso che mentre manda un “avvertimento” ad Ankara nello stesso tempo dice alle autorità turche che il processo negoziale non è chiuso: un messaggio che è stato accolto positivamente al di là del Bosforo. Come confermato da Emma Bonino dopo un colloquio con il suo omologo turco Ahmet Davutoglu.

La decisione dell'Unione europea di tenere aperta la strada dell'integrazione turca, nonostante i fatti di piazza Taksim, va accolta "in modo positivo", ha detto ieri Emma Bonino, riferendo in Senato sugli esiti della riunione di Lussemburgo dei responsabili della politica estera dei Ventisette. La formula trovata in quella sede, secondo la ministro degli Esteri, rappresenta una "formula di compromesso" che è stata "accolta in modo positivo" anche dallo stesso primo ministro turco Erdogan. L'Italia, ha spiegato ancora Bonino, ha spinto per questa soluzione. "La linea che l'Italia ha tenuto è stata ed è centrata su due cardini. Il primo: abbiamo insistentemente rivolto al governo turco (...) un forte appello alla moderazione e alla ricerca di soluzioni condivise", ha detto la ministro. "Il secondo cardine: abbiamo sottolineato ai nostri partner europei, anche nel recente consiglio affari esteri di lunedi, che l'Ue non può cedere alla reazione istintiva di irrigidirsi, di chiudersi di fronte ai fatti che hanno travagliato la Turchia". Questo perché, ha spiegato, "il processo di adesione all'Unione europea ha sempre dimostrato di essere una leva potente di impulso alle riforme democratiche dei paesi candidati e al rafforzamento delle loro istituzioni".

Per questo motivo, "la decisione presa nel consiglio affari generali di lunedì ha rappresentato un passo importante in favore di questa impostazione italiana. La formula di compromesso individuata con una decisione di principio favorevole all'apertura del capitolo 22 e il rinvio a una successiva discussione in autunno per definire la data della conferenza intergovernativa è stata accolta in modo positivo, anche da parte turca. Lo stesso primo ministro Erdogan ha espresso apprezzamento per questa soluzione". Un dialogo, dunque, che "resta aperto" e che evita il "muro contro muro" accettato "anche da alcuni paesi europei inizialmente contrari all'apertura del capitolo", ha detto ancora Bonino. Si tratta di una decisione strategica, "nell'interesse del popolo turco e dell'Unione europea", da accogliere con favore. Ma, per il proseguimento della trattativa, "molto dipenderà dagli ulteriori sviluppi in Turchia che seguiremo con attenzione". L'Italia, in realtà, avrebbe preferito una decisione ancora più incisiva, ha spiegato ancora la ministro degli Esteri. "Ma dobbiamo dirci onestamente la verità. I negoziati erano in una fase di stallo da tempo, e per altre ragioni - le esitazioni europee - ben prima degli ultimi avvenimenti".

"Al Consiglio Affari esteri di lunedì - ha aggiunto - ho osservato che avremmo dovuto aprire non solo il capitolo 22 ma avremmo dovuto aprire da tempo anche i capitoli 23 e 24 sulla giustizia e sul rispetto dei diritti fondamentali. Se lo avessimo fatto, questo sarebbe stato il modo più efficace per influire sulle politiche del Governo turco e per dare un segnale di vicinanza a quanti in Turchia manifestano per i loro diritti". Come hanno osservato alcuni commentatori turchi, ha detto ancora Emma Bonino per quanto sia disincantata sulle prospettive di adesione, "l'opinione pubblica turca resta molto sensibile alla voce dell`Europa: la maggioranza della popolazione si sente 'parte' del sistema europeo, soprattutto per il particolare impegno a favore dei diritti umani. Si tratta di un processo da seguire col giusto equilibrio, ha chiarito il ministro italiano, perché "piazza Taksim non è piazza Tahrir" e la Turchia ha istituzioni democraticamente elette. "Ma l'iniziativa indica che una parte dei cittadini non si riconosce nell'evoluzione più recente del partito Akp. Sarà anche una minoranza nel Paese, ma, come riconosciuto anche da autorevoli esponenti politici e osservatori turchi, la democrazia non significa solo vincere le elezioni. Significa anche sapere ascoltare la voce dei cittadini e tutelare le opinioni delle diverse componenti della società, ammettendo che possano essere espresse in modo pacifico".

giovedì 27 giugno 2013

CROAZIA: CONTO ALLA ROVESCIA PER L'INGRESSO NELL'UNIONE EUROPEA

di Marina Szikora
Stiamo ormai contando gli ultimi giorni prima del tanto atteso ingresso della Croazia nell'Ue. La celebrazione, come viene sottolineato, vuole essere adeguata al momento senza pero' esagerazioni in tempi di crisi. Moderata in termini di spese, ma eccellente per quanto riguarda i messaggi politici e culturali, ha detto il presidente croato Ivo Josipović. Il capo dello stato croato, come ha spiegato, gia' il primo giorno nell'Ue, quindi il 1 luglio, organizzera' nel suo ufficio una colazione di lavoro per i presidenti dei paesi della regione alla quale si discutera' ovviamente dell'adesione croata e delle relazioni con i paesi vicini. Ci sara' anche il presidente della Serbia Tomislav Nikolić e l'invito e' stato mandato anche ai rappresentanti del Kosovo. "Alla colazione di lavoro tutti si siederanno allo stesso tavolo", ha commentato Josipović le informazioni mediatiche secondo le quali i vertici serbi avrebbero condizionato la loro presenza senza pero' quella dei rappresentanti kosovari.

Il presidente croato ha ricordato il lungo cammino croato verso l'Ue sottolineando che la guerra aveva sicuramente ostacolato la Croazia ad essere sin dall'inizio un esempio di democrazia e di diritti umani, ma oggi bisogna ammettere che il Paese e' diventato una societa' migliore: "E' un segno di ottimismo, un segno che nell'Ue possiamo fare meglio che finora" e' dell'opinione Josipović. Il capo dello stato croato si e' detto consapevole che il momento economico dell'adesione croata all'Ue non e' brillante ma non permette la tesi che l'opinione pubblica ed i media europei ci accolgono come un peso. Ad alcuni articoli che parlano di questo aspetto negativo, Josipović ha contrapposto molti altri in cui si saluta l'ingresso della Croazia e che parlano con ottimismo della Croazia e dell'Ue. "Credo che non saremo un peso per nessuno. Siamo qui per lavorare e faremo il nostro dovere" ha concluso il presidente Josipović.

I festeggiamenti inizieranno quindi nella serata del 30 giugno in presenza di molti ospiti. Finora e' stata confermata la partecipazione di 56 tra capi di stato e di governo, vicepresidenti di governo e ministri dei paesi membri dell'Ue e della regione nonche' i funzionari europei. L'italia sara' rappresentata dal presidente Giorgio Napolitano e dalla ministro degli Esteri Emma Bonino.

A pochi giorni dall'adesione all'Ue, la Croazia ha festeggiato il 25 giugno la festa dell'indipendenza. Un occasione questa per fare il punto su quello che e' trascorso e quello che e' stato raggiunto. Sin dai primi giorni della sua indipendenza, la Croazia ha posto come massimo obiettivo le integrazioni euroatlantiche. Per quanto riguarda la Nato, il Paese e' ormai un membro riconosciuto che con successo partecipa alle missioni di pace. Per quanto riguarda l'Ue, siamo di fronte alla giornata d'ingresso. Come lo ha sottolineato il presidente Josipović nel suo augurio ai cittadini "abbiamo rafforzato la democrazia, i diritti umani, ci siamo affermati sulla scena internazionale, riconciliato con i vicini, rafforzato le istituzioni, intrapreso la lotta alla corruzione". Ma siamo ancora ben lontani dalla perfezione.

Il capo dello stato croato avverte che la crisi economica ha portato molte aziende al fallimento e molti cittadini sull'orlo della poverta'. Percio', oggi non c'e' compito piu' importante che quello di dare l'impulso alle attivita' economiche, investimenti e apertura di nuovi posti di lavoro, creare le basi di uno stato sociale. L'Ue in questo senso, e' dell'opinione il presidente, e' uno stimolo e strumento importante per superare la crisi. Anche l'Ue e' in crisi, ma la Croazia puo' superare piu' facilmente la propria crisi prendendo decisioni insieme ad altri paesi dell'Ue, con i paesi che uniscono la loro sovranita' per gli interessi comuni. Josipović sottolinea che l'Ue e' molto di piu' che un semplice mercato. "E' un progetto di pace e sicurezza, progetto di collaborazioni nella cultura, scienza, educazione e democrazia". Il presidente croato ricorda le sfide quali il rafforzamento della democrazia, dei diritti umani e di minoranze, pluralismo di idee, valori ed aspettative nonche' una aspra concorrenza di idee politiche. 

Il testo è tratto dalla trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda oggi a Radio Radicale

QUI TIRANA: I RISULTATI DELLE ELEZIONI DEL 23 GIUGNO E LA VITTORIA DI EDI RAMA

Foto AP / Hektor Pustina
Il premier albanese uscente, Sali Berisha, ha ammesso la sconfitta della sua coalizione contro l'opposizione di centro-sinistra alle elezioni di domenica scorsa. "I risultati di queste elezioni sono accettati da me e dal mio partito. Abbiamo perso questa battaglia, ma l'alternanza al potere è vitale per la democrazia", ha detto Berisha che ha annunciato le sue dimissioni da leader del Partito Democratico.
Nella puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda oggi a Radio Radicale un'ampia pagina, curata da Artur Nura, è dedicata alle elezioni albanesi del 23 giugno: l'esito del voto, la vittoria del leader socialista Edi Rama, l'andamento delle votazioni, le aspettitive dell'Unione Europea che ha attribuito a questa consultazione il valore di un vero e proprio "test cruciale" per il proseguimento del provesso di integrazione dell'Albania.

LA SERBIA ATTENDE LE DECISIONI DEL CONSIGLIO EUROPEO SUL NEGOZIATO DI ADESIONE

I ministri per gli Affari europei dell'Unione Europea riuniti a Lussemburgo in vista del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno hanno raccomandato l'avvio dei negoziati di adesione con la Serbia e per l'accordo di associazione e stabilizzazione con il Kosovo, dopo lo storico per la normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina del 10 aprile scorso. Lo ha annunciato il commissario all'Allargamento Stefan Fuele. Eamon Gilmore, Il ministro degli Esteri dell'Irlanda, presidente di turno del Consiglio UE, ha precisato che i negoziati dovranno iniziare "al massimo a gennaio del 2014". Qui di seguito la trascrizione della corrispondenza di Marina Szikora per la puntata di Passaggio aSud Est andata in onda oggi a Radio Radicale.

I ministri degli esteri dell'Ue non sono riusciti martedi' a Lussemburgo a concordare le posizioni sulla Serbia e la decisione quindi e' stata rinviata al vertice dei capi di stato e governo dei 27 domani a Bruxelles. Il capo della diplomazia tedesca Guido Westerwelle ha sottolineato che Belgrado e Priština hanno raggiunto un accordo storico e ha salutato gli sforzi delle due parti ma ha ribadito che la posizione della Germania e' quella che i negoziati con la Serbia non dovrebbero iniziare prima del gennaio 2014. Secondo le informazioni, l'atmosfera a Lussemburgo era molto positiva ma tuttavia una decisione comune non e' stata raggiunta anche se il maggior numero dei ministri concordano che i negoziati con la Serbia devono iniziare al piu' presto. Le massime autorita' serbe si aspettano pero' che il Consiglio dell'Ue venerdi' fissi la data dell'inizio dei negoziati con la Serbia e che l'apertura del processo negoziale non sia condizionata con delle nuove richieste, vale a dire che non ci sia il rinvio della decisione per un'altra occasione.

Il presidente Tomislav Nikolić, il premier Ivica Dačić ed il vicepremier Aleksandar Vučić hanno fatto sapere esplicitamente all'amministrazione europea ma anche alle autorita' tedesche in particolare che la Serbia merita questa occasione storica e che il 28 giugno si aspetta una decisione giusta. Secondo le parole del presidente Nikolić, l'Ue ha nelle sue mani la responsabilita' storica per uno sviluppo di successo dei Balcani e la Serbia si aspetta che tutti i membri dell'Ue dimostrino di impegnarsi inequivocabilmente per la pace e stabilita' della regione. Nikolić ha invitato la Germania "in quanto membro piu' influente dell'Ue" di appoggiare la fissazione di una data per i negoziati della Serbia affermando che la Germania in tal modo dimostrera' quanto si impegna veramente per la riconciliazione, pace e stabilita' della regione in cui si trova la Serbia.

La Croazia appoggia il cammino europeo europea della Serbia
In attesa della decisione del Consiglio europeo sul proseguimento del cammino europeo della Serbia, la Croazia conferma di essere tra i Paesi più impegnati affinche' Belgrado ottenga al piu' presto la data dell'inizio dei negoziati di adesione. Questo impegno per l'integrazione europea della Serbia è stato ribadito dal ministro degli Esteri e degli Affari europei croata, Vesna Pusić, la settimana scorsa a Belgrado nei suoi incontri con le massime autorità serbe. Anche se ancora in veste di osservatore alle riunioni dell'Ue, Zagabria e' tra quelli che ritengono necessario che la Serbia ottenga al piu' presto la data per l'inizio dei negoziati di adesione all'Ue. "Per i cittadini e' molto importante il messaggio di Bruxelles, esso deve essere incoraggiante nonostante le alte richieste" ha detto Vesna Pusić nel colloquio con il presidente serbo Tomislav Nikolić. Il capo dello stato serbo, da parte sua, ha rilevato che i due paesi devono al piu' presto risolvere tutte le questioni aperte ed iniziare la collaborazione nel settore economico. Nikolić ha osservato che le relazioni sono appesantite dal passato ma cio' non significa che non bisogna costruire, attraverso la collaborazione, un futuro migliore.

Il presidente serbo ha sottolineato che la Serbia ha soddisfatto tutte le condizione al fine di ottenere una data e che non ci sono ragioni per cui il Paese sulla via europea deve essere piu' distante rispetto alla Croazia. Nikolić ha chiesto che ai serbi in Croazia siano assicurati tutti i diritti che garantisce la costituzione croata. Geograficamente, la posizione della Croazia e della Serbia ci incita alla collaborazione, in cui quella economica e' particolarmente importante affinche' i due paesi possano essere concorrenti verso i mercati terzi, ha detto Vesna Pusić aggiungendo che per quanto riguarda il dialogo politico, la Croazia e' aperta alla collaborazione e soluzione di tutte le questioni aperte. Il ministro degli esteri serbo, Ivan Mrkić ha rilevato la particolare importanza della visita della ministro croata a solo pochi giorni dall'ingresso della Croazia nell'Ue il che rappresenta altrettanto una manifestazione di sostegno alla Serbia. Alla celebrazione croata, e' stato sottolineato con piacere, la delegazione serba sara' rappresentata al piu' alto livello.

"Il mio arrivo e la mia visita ufficiale e' senza dubbio un sostegno diretto alla Serbia per ottenere la data dell'inizio dei negoziati di adesione" ha detto Pusić incontrando il vicepremier serbo Aleksandar Vučićl. La Serbia ha compiuto grandi passi avanti, percio' una data concreta significherebbe riconoscere questi sforzi, ha detto la ministro croata. Inevitabile e' stata la domanda sulla possiiblita' di ritirare le reciproche accuse davanti alla Corte di giustizia. A tal proposito Vesna Pusić ha rilevato che in questo momento si cerca di assicurare i presupposti per eliminare alcune questioni aperte e difficolta' a fin di acconsentire colloqui seri su questo tema. Pusić ha osservato che sono stati compiuti passi positivi per quanto riguarda la soluzione della questione delle persone scomparse e che in questo senso sono state concordate ulteriori azioni.

PASSAGGIO IN ONDA

E' on-line la puntata di Passaggio a Sud Est trasmessa da Radio Radicale oggi 27 giugno. La trasmissione è ascoltabile qui sotto oppure, insieme a quelle precedenti, sul sito di Radio Radicale.


Sommario della puntata

Croazia: tutto è pronto per l'ingresso nell'Unione Europea il prossimo 1° luglio; le sperazne e le incongnite di questo importante traguardo.
Albania: l'esito delle elezioni parlamentari del 23 giugno; la vittoria di Edi Rama; le attese dell'Unione Europea da questo importante test per la credibilità del paese.
Serbia: l'attesa per le decisioni del Consiglio europeo sull'apertura del negoziato di adesione dopo il via libera dei ministri degli esteri dei 27.
Turchia: il Paese dopo Gezi Parki; la protesta continua; la natura del "movimento" sceso in piazza; il perché della risposta autoritaria di Erdogan; il negoziato con l'Ue.
Slovenia: le celebrazioni del 22° anniversario dell'indipendenza.

La registrazione integrale della trasmissione, realizzata con la collaborazione dei corrispondenti Marina Szikora e Artur Nura, è disponibile, insieme a tutte quelle precedenti, sul sito di Radio Radicale, oppure è ascoltabile direttamente qui


mercoledì 26 giugno 2013

EMMA BONINO: L'EUROPA NON E' SOLO UNO SPREAD

Questa è una settimana cruciale per l’Europa: si sovrappongono sfide interne ed esterne. La crisi economica e finanziaria sta mettendo a dura prova la capacità delle nostre comuni istituzioni di bilanciare rigore e crescita, condizione indispensabile per affrontare il problema fondamentale della disoccupazione. L’Europa non è solo lo spread. Una Unione in buona salute deve anche guardare al di là dei propri confini, perché il resto del mondo non sta fermo ad aspettare che i nostri problemi interni siano risolti. L’Europa deve essere all’altezza delle sue responsabilità, con particolare riguardo a due questioni che sono in gioco in questi giorni. In primo luogo, la Turchia. L’Europa non può sottrarsi alla propria responsabilità storica di scegliere tra miopia e lungimiranza. Ci dispiace che alcune autorità turche, di fronte a manifestazioni pacifiche, abbiano reagito in modo sproporzionato. E tuttavia, le circostanze attuali devono infondere un rinnovato senso di urgenza nel far progredire i negoziati dell’Ue con Ankara. Bisogna coinvolgere in modo costruttivo le autorità turche, senza dare lezioni ma neppure mostrando segni di cedimento sui valori fondamentali di libertà e giustizia. Il continente europeo ha bisogno di una Turchia pienamente democratica all’interno dei suoi confini, non al di fuori. Questo è l’obiettivo da tenere in mente, e la Turchia - come l’ultimo decennio della sua storia ha dimostrato necessita dei vincoli e dei benefici che le derivano dall’ancoraggio con l’Europa, ora più che mai.

Non è il momento di chiudere le porte alla prospettiva europea della Turchia, ma, al contrario, il tempo di rafforzarla. La decisione di ieri del Consiglio Affari Generali dell’Unione Europea di riprendere i negoziati di adesione a ottobre e aprire il capitolo sulle politiche regionali è un segnale nella giusta direzione. Certo, se avessimo aperto in passato il negoziato su temi quali i diritti fondamentali e la giustizia, per esempio, oggi potremmo contare su una leva più efficace nel nostro dialogo con le autorità turche. Se facessimo l’errore di interrompere il processo di integrazione europea di Ankara, domani avremmo un’Europa meno credibile sullo scenario internazionale. In secondo luogo, il 27 e 28 giugno il Consiglio europeo si riunirà per concordare una data precisa per l’avvio dei negoziati di adesione della Serbia. Questa volta Belgrado ci guarda con particolare speranza. Anche a Pristina, capitale del Kosovo, si nutrono grandi aspettative per l’apertura dei negoziati per l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione. Spero vivamente che, di qui a pochi giorni, noi europei saremo all’altezza della sfida, avendo fatto un ulteriore passo in avanti sulla via dell’integrazione dei Balcani, senza la quale l’unico - e certamente non auspicabile - risultato sarebbe il riemergere di impulsi nazionalistici a Belgrado e Pristina. Rimandare le decisioni potrebbe innescare una spirale negativa di sospetti e tensioni, nonostante il gigantesco sforzo già fatto da tutte le parti.

L’apertura dei negoziati è fondamentale: dobbiamo decidere adesso. I popoli di Serbia e Kosovo hanno dimostrato straordinario spirito di compromesso, con l’obiettivo finale di entrare a far parte della famiglia europea. Un rifiuto, o una risposta tardiva ai loro sforzi, potrebbe condurre al fallimento dello storico accordo raggiunto grazie alla mediazione dell’Ue. È in gioco la nostra credibilità, difficile da guadagnare e facile da perdere. E solo attraverso politiche credibili l’Europa sarà in grado di affrontare le prove che la attendono, come la stabilità dei suoi vicini orientali e meridionali. Per svolgere il suo ruolo internazionale, l’Unione Europea ha bisogno di una rinnovata legittimità democratica e della fiducia dei suoi cittadini. Oggi, progredire verso una "federazione leggera" non è solo una coraggiosa opzione, ma anche un imperativo su cui lavorare. Una Unione ipertrofica in campo monetario e fiscale, ma debole in materia economica e sociale, ipotecata dai governi nazionali in molti settori della politica estera e della sicurezza, non sarà capace di far fronte alle sfide interne né di contribuire ai futuri assetti internazionali. La domanda di Europa rimane forte dentro e fuori l’Europa - se solo l’Europa sarà in grado di rispondere e lo vorrà fare. In caso contrario, l’euroscetticismo si nutrirà della frustrazione per le lentezze, i ritardi, le ambiguità. In ultima analisi, l’Europa è chiamata a mandare un messaggio convincente ai suoi cittadini. Se falliremo, dalle prossime elezioni per il Parlamento Europeo potrebbe scaturire una maggioranza di forze euroscettiche e populiste. Oggi, che viviamo tempi difficili sul piano politico ed economico, non possiamo permettercelo.

Articolo pubblicato oggi su Il Messaggero, Il Mattino e Il Gazzettino

Questa è una settimana cruciale per l’Europa: si sovrappongono sfide interne ed esterne. La crisi economica e finanziaria sta mettendo a dura prova la capacità delle nostre comuni istituzioni di bilanciare rigore e crescita, condizione indispensabile per affrontare il problema fondamentale della disoccupazione. L’Europa non è solo lo spread. Una Unione in buona salute deve anche guardare al di là dei propri confini, perché il resto del mondo non sta fermo ad aspettare che i nostri problemi interni siano risolti. L’Europa deve essere all’altezza delle sue responsabilità, con particolare riguardo a due questioni che sono in gioco in questi giorni. In primo luogo, la Turchia. L’Europa non può sottrarsi alla propria responsabilità storica di scegliere tra miopia e lungimiranza. Ci dispiace che alcune autorità turche, di fronte a manifestazioni pacifiche, abbiano reagito in modo sproporzionato. E tuttavia, le circostanze attuali devono infondere un rinnovato senso di urgenza nel far progredire i negoziati dell’Ue con Ankara. Bisogna coinvolgere in modo costruttivo le autorità turche, senza dare lezioni ma neppure mostrando segni di cedimento sui valori fondamentali di libertà e giustizia. Il continente europeo ha bisogno di una Turchia pienamente democratica all’interno dei suoi confini, non al di fuori. Questo è l’obiettivo da tenere in mente, e la Turchia - come l’ultimo decennio della sua storia ha dimostrato necessita dei vincoli e dei benefici che le derivano dall’ancoraggio con l’Europa, ora più che mai.
Non è il momento di chiudere le porte alla prospettiva europea della Turchia, ma, al contrario, il tempo di rafforzarla. La decisione di ieri del Consiglio Affari Generali dell’Unione Europea di riprendere i negoziati di adesione a ottobre e aprire il capitolo sulle politiche regionali è un segnale nella giusta direzione. Certo, se avessimo aperto in passato il negoziato su temi quali i diritti fondamentali e la giustizia, per esempio, oggi potremmo contare su una leva più efficace nel nostro dialogo con le autorità turche. Se facessimo l’errore di interrompere il processo di integrazione europea di Ankara, domani avremmo un’Europa meno credibile sullo scenario internazionale. In secondo luogo, il 27 e 28 giugno il Consiglio europeo si riunirà per concordare una data precisa per l’avvio dei negoziati di adesione della Serbia. Questa volta Belgrado ci guarda con particolare speranza. Anche a Pristina, capitale del Kosovo, si nutrono grandi aspettative per l’apertura dei negoziati per l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione. Spero vivamente che, di qui a pochi giorni, noi europei saremo all’altezza della sfida, avendo fatto un ulteriore passo in avanti sulla via dell’integrazione dei Balcani, senza la quale l’unico - e certamente non auspicabile - risultato sarebbe il riemergere di impulsi nazionalistici a Belgrado e Pristina. Rimandare le decisioni potrebbe innescare una spirale negativa di sospetti e tensioni, nonostante il gigantesco sforzo già fatto da tutte le parti.
L’apertura dei negoziati è fondamentale: dobbiamo decidere adesso. I popoli di Serbia e Kosovo hanno dimostrato straordinario spirito di compromesso, con l’obiettivo finale di entrare a far parte della famiglia europea. Un rifiuto, o una risposta tardiva ai loro sforzi, potrebbe condurre al fallimento dello storico accordo raggiunto grazie alla mediazione dell’Ue. È in gioco la nostra credibilità, difficile da guadagnare e facile da perdere. E solo attraverso politiche credibili l’Europa sarà in grado di affrontare le prove che la attendono, come la stabilità dei suoi vicini orientali e meridionali. Per svolgere il suo ruolo internazionale, l’Unione Europea ha bisogno di una rinnovata legittimità democratica e della fiducia dei suoi cittadini. Oggi, progredire verso una "federazione leggera" non è solo una coraggiosa opzione, ma anche un imperativo su cui lavorare. Una Unione ipertrofica in campo monetario e fiscale, ma debole in materia economica e sociale, ipotecata dai governi nazionali in molti settori della politica estera e della sicurezza, non sarà capace di far fronte alle sfide interne né di contribuire ai futuri assetti internazionali. La domanda di Europa rimane forte dentro e fuori l’Europa - se solo l’Europa sarà in grado di rispondere e lo vorrà fare. In caso contrario, l’euroscetticismo si nutrirà della frustrazione per le lentezze, i ritardi, le ambiguità. In ultima analisi, l’Europa è chiamata a mandare un messaggio convincente ai suoi cittadini. Se falliremo, dalle prossime elezioni per il Parlamento Europeo potrebbe scaturire una maggioranza di forze euroscettiche e populiste. Oggi, che viviamo tempi difficili sul piano politico ed economico, non possiamo permettercelo.
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Questa è una settimana cruciale per l’Europa: si sovrappongono sfide interne ed esterne. La crisi economica e finanziaria sta mettendo a dura prova la capacità delle nostre comuni istituzioni di bilanciare rigore e crescita, condizione indispensabile per affrontare il problema fondamentale della disoccupazione. L’Europa non è solo lo spread. Una Unione in buona salute deve anche guardare al di là dei propri confini, perché il resto del mondo non sta fermo ad aspettare che i nostri problemi interni siano risolti. L’Europa deve essere all’altezza delle sue responsabilità, con particolare riguardo a due questioni che sono in gioco in questi giorni. In primo luogo, la Turchia. L’Europa non può sottrarsi alla propria responsabilità storica di scegliere tra miopia e lungimiranza. Ci dispiace che alcune autorità turche, di fronte a manifestazioni pacifiche, abbiano reagito in modo sproporzionato. E tuttavia, le circostanze attuali devono infondere un rinnovato senso di urgenza nel far progredire i negoziati dell’Ue con Ankara. Bisogna coinvolgere in modo costruttivo le autorità turche, senza dare lezioni ma neppure mostrando segni di cedimento sui valori fondamentali di libertà e giustizia. Il continente europeo ha bisogno di una Turchia pienamente democratica all’interno dei suoi confini, non al di fuori. Questo è l’obiettivo da tenere in mente, e la Turchia - come l’ultimo decennio della sua storia ha dimostrato necessita dei vincoli e dei benefici che le derivano dall’ancoraggio con l’Europa, ora più che mai.
Non è il momento di chiudere le porte alla prospettiva europea della Turchia, ma, al contrario, il tempo di rafforzarla. La decisione di ieri del Consiglio Affari Generali dell’Unione Europea di riprendere i negoziati di adesione a ottobre e aprire il capitolo sulle politiche regionali è un segnale nella giusta direzione. Certo, se avessimo aperto in passato il negoziato su temi quali i diritti fondamentali e la giustizia, per esempio, oggi potremmo contare su una leva più efficace nel nostro dialogo con le autorità turche. Se facessimo l’errore di interrompere il processo di integrazione europea di Ankara, domani avremmo un’Europa meno credibile sullo scenario internazionale. In secondo luogo, il 27 e 28 giugno il Consiglio europeo si riunirà per concordare una data precisa per l’avvio dei negoziati di adesione della Serbia. Questa volta Belgrado ci guarda con particolare speranza. Anche a Pristina, capitale del Kosovo, si nutrono grandi aspettative per l’apertura dei negoziati per l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione. Spero vivamente che, di qui a pochi giorni, noi europei saremo all’altezza della sfida, avendo fatto un ulteriore passo in avanti sulla via dell’integrazione dei Balcani, senza la quale l’unico - e certamente non auspicabile - risultato sarebbe il riemergere di impulsi nazionalistici a Belgrado e Pristina. Rimandare le decisioni potrebbe innescare una spirale negativa di sospetti e tensioni, nonostante il gigantesco sforzo già fatto da tutte le parti.
L’apertura dei negoziati è fondamentale: dobbiamo decidere adesso. I popoli di Serbia e Kosovo hanno dimostrato straordinario spirito di compromesso, con l’obiettivo finale di entrare a far parte della famiglia europea. Un rifiuto, o una risposta tardiva ai loro sforzi, potrebbe condurre al fallimento dello storico accordo raggiunto grazie alla mediazione dell’Ue. È in gioco la nostra credibilità, difficile da guadagnare e facile da perdere. E solo attraverso politiche credibili l’Europa sarà in grado di affrontare le prove che la attendono, come la stabilità dei suoi vicini orientali e meridionali. Per svolgere il suo ruolo internazionale, l’Unione Europea ha bisogno di una rinnovata legittimità democratica e della fiducia dei suoi cittadini. Oggi, progredire verso una "federazione leggera" non è solo una coraggiosa opzione, ma anche un imperativo su cui lavorare. Una Unione ipertrofica in campo monetario e fiscale, ma debole in materia economica e sociale, ipotecata dai governi nazionali in molti settori della politica estera e della sicurezza, non sarà capace di far fronte alle sfide interne né di contribuire ai futuri assetti internazionali. La domanda di Europa rimane forte dentro e fuori l’Europa - se solo l’Europa sarà in grado di rispondere e lo vorrà fare. In caso contrario, l’euroscetticismo si nutrirà della frustrazione per le lentezze, i ritardi, le ambiguità. In ultima analisi, l’Europa è chiamata a mandare un messaggio convincente ai suoi cittadini. Se falliremo, dalle prossime elezioni per il Parlamento Europeo potrebbe scaturire una maggioranza di forze euroscettiche e populiste. Oggi, che viviamo tempi difficili sul piano politico ed economico, non possiamo permettercelo.
- See more at: http://www.radicali.it/rassegna-stampa/leuropa-non-soltanto-uno-spread#sthash.tgDHrsAm.dpuf
Questa è una settimana cruciale per l’Europa: si sovrappongono sfide interne ed esterne. La crisi economica e finanziaria sta mettendo a dura prova la capacità delle nostre comuni istituzioni di bilanciare rigore e crescita, condizione indispensabile per affrontare il problema fondamentale della disoccupazione. L’Europa non è solo lo spread. Una Unione in buona salute deve anche guardare al di là dei propri confini, perché il resto del mondo non sta fermo ad aspettare che i nostri problemi interni siano risolti. L’Europa deve essere all’altezza delle sue responsabilità, con particolare riguardo a due questioni che sono in gioco in questi giorni. In primo luogo, la Turchia. L’Europa non può sottrarsi alla propria responsabilità storica di scegliere tra miopia e lungimiranza. Ci dispiace che alcune autorità turche, di fronte a manifestazioni pacifiche, abbiano reagito in modo sproporzionato. E tuttavia, le circostanze attuali devono infondere un rinnovato senso di urgenza nel far progredire i negoziati dell’Ue con Ankara. Bisogna coinvolgere in modo costruttivo le autorità turche, senza dare lezioni ma neppure mostrando segni di cedimento sui valori fondamentali di libertà e giustizia. Il continente europeo ha bisogno di una Turchia pienamente democratica all’interno dei suoi confini, non al di fuori. Questo è l’obiettivo da tenere in mente, e la Turchia - come l’ultimo decennio della sua storia ha dimostrato necessita dei vincoli e dei benefici che le derivano dall’ancoraggio con l’Europa, ora più che mai.
Non è il momento di chiudere le porte alla prospettiva europea della Turchia, ma, al contrario, il tempo di rafforzarla. La decisione di ieri del Consiglio Affari Generali dell’Unione Europea di riprendere i negoziati di adesione a ottobre e aprire il capitolo sulle politiche regionali è un segnale nella giusta direzione. Certo, se avessimo aperto in passato il negoziato su temi quali i diritti fondamentali e la giustizia, per esempio, oggi potremmo contare su una leva più efficace nel nostro dialogo con le autorità turche. Se facessimo l’errore di interrompere il processo di integrazione europea di Ankara, domani avremmo un’Europa meno credibile sullo scenario internazionale. In secondo luogo, il 27 e 28 giugno il Consiglio europeo si riunirà per concordare una data precisa per l’avvio dei negoziati di adesione della Serbia. Questa volta Belgrado ci guarda con particolare speranza. Anche a Pristina, capitale del Kosovo, si nutrono grandi aspettative per l’apertura dei negoziati per l’Accordo di Associazione e Stabilizzazione. Spero vivamente che, di qui a pochi giorni, noi europei saremo all’altezza della sfida, avendo fatto un ulteriore passo in avanti sulla via dell’integrazione dei Balcani, senza la quale l’unico - e certamente non auspicabile - risultato sarebbe il riemergere di impulsi nazionalistici a Belgrado e Pristina. Rimandare le decisioni potrebbe innescare una spirale negativa di sospetti e tensioni, nonostante il gigantesco sforzo già fatto da tutte le parti.
L’apertura dei negoziati è fondamentale: dobbiamo decidere adesso. I popoli di Serbia e Kosovo hanno dimostrato straordinario spirito di compromesso, con l’obiettivo finale di entrare a far parte della famiglia europea. Un rifiuto, o una risposta tardiva ai loro sforzi, potrebbe condurre al fallimento dello storico accordo raggiunto grazie alla mediazione dell’Ue. È in gioco la nostra credibilità, difficile da guadagnare e facile da perdere. E solo attraverso politiche credibili l’Europa sarà in grado di affrontare le prove che la attendono, come la stabilità dei suoi vicini orientali e meridionali. Per svolgere il suo ruolo internazionale, l’Unione Europea ha bisogno di una rinnovata legittimità democratica e della fiducia dei suoi cittadini. Oggi, progredire verso una "federazione leggera" non è solo una coraggiosa opzione, ma anche un imperativo su cui lavorare. Una Unione ipertrofica in campo monetario e fiscale, ma debole in materia economica e sociale, ipotecata dai governi nazionali in molti settori della politica estera e della sicurezza, non sarà capace di far fronte alle sfide interne né di contribuire ai futuri assetti internazionali. La domanda di Europa rimane forte dentro e fuori l’Europa - se solo l’Europa sarà in grado di rispondere e lo vorrà fare. In caso contrario, l’euroscetticismo si nutrirà della frustrazione per le lentezze, i ritardi, le ambiguità. In ultima analisi, l’Europa è chiamata a mandare un messaggio convincente ai suoi cittadini. Se falliremo, dalle prossime elezioni per il Parlamento Europeo potrebbe scaturire una maggioranza di forze euroscettiche e populiste. Oggi, che viviamo tempi difficili sul piano politico ed economico, non possiamo permettercelo.
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ALBANIA: RAMA VINCE LE ELEZIONI MA BERISHA NON CI STA (PER ORA)

I socialisti hanno vinto le elezioni di domenica scorsa in Albania ma i democratici del primo ministro uscente Sali Berisha non ci stanno. Questa la situazione a 3 giorni da una consultazione considerata da Bruxelles un test cruciale per far proseguire il processo di integrazione europea di un Paese che negli ultimi anni non ha vissuto un clima politico di aspra contrapposizione tra maggioranza di centro-destra e opposizione che ha avuto il suo momento più nero negli scontri di piazza che nel gennaio del 2011 lasciarono quattro morti sull'asfalto di Tirana.

Con praticamente la totalità delle schede scrutinate, secondo quanto riferito dalla Commissione elettorale centrale, il Partito socialista di Edi Rama ha ottenuto il 53 per cento dei voti, mentre i conservatori di Berisha si sono fermati al 36 per cento. Con questi dati, il centrosinistra dovrebbe avere una comoda maggioranza di 84 seggi sui 140 che conta il parlamento. Il leader socialista Edi Rama, ex sindaco di Tirana, già ieri, aveva detto ai suoi sostenitori che sarà il prossimo primo ministro.

"Voi avete deciso di darmi il compito di guidare questo paese e io lo farò con la più grande responsabilità", ha detto l'ex sindaco di Tirana che nel maggio 2011 perse la poltrona di primo cittadino della capitale dopo un estenuante e contestatissimo riconteggio dei voti. "Questa vittoria - ha continuato – segna un grande cambiamento e la vittoria del rinnovamento per l'Albania e la sua entrata nella grande famiglia europea". Berisha, dal canto suo, tace da domenica sera dopo essersi intestato una vittoria che non sembra proprio confermata dalle urne.

Le elezioni politiche di domenica, ma soprattutto il dopo elezioni sono strettamente controllati dall'Unione europea, che già due volte ha negato all'Albania la candidatura ufficiale all'adesione, avvertendo che queste elezioni parlamentari del 2013 saranno considerate "un test cruciale" per la sua integrazione.



LA TURCHIA DOPO GEZI PARKI

Intervista di Radio Radicale a Marta Ottaviani

A quasi quattro settimane dal loro inizio, le proteste di Istanbul e delle altre città della Turchia, che continuano, anche se in maniera meno clamorosa rispetto agli scorsi giorni, dopo lo sgombero di Gezi Parki, rappresentano un punto di non ritorno per la società turca. Le tante anime di un movimento non organizzato, che ha spiazzato il politico, opposizione compresa, ma con le idee chiare. La prova di forza del premier Recep Tayyip Erdogan che si fa forza di un consenso popolare che resta comunque massiccio. La trattativa con i curdi. La decisione dell'Unione Europea di rilanciare il processo di adesione aprendo un nuovo capitolo negoziale quando tutto lasciava supporre un nuova chiusura: una risposta, per quanto condizionata, certamente positiva inviata non tanto a Erdogan e al governo, ma alla Turchia e alla sua gente che si è dimostrata più avanti della propria classe politica.

Marta Ottaviani è corrispondente dell'agenzia TMNews e collaboratrice dei quotidiani Avvenire e La Stampa per il quale cura il blog "Mille e una Turchia".

L'intervista è ascoltabile direttamente qui



domenica 23 giugno 2013

CONFERENZA STAMPA DI EMMA BONINO DOPO LA VISITA IN SERBIA E KOSOVO

Sull'aereo che la riportava in Italia dopo la visita di due giorni a Belgrado e a Pristina, il 18 e 19 giugno, il ministro degli Esteri Emma Bonino ha risposto alle domande dei giornalisti che hanno seguito la sua missione. Un bilancio della due giorni nei Balcani e le prospettive dell'integrazione europea della Serbia e del Kosovo in vista del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno; il ragazzo italiano convertito all'Islam e morto combattendo in Siria; il G8, la crisi siriana e le prospettive della conferenza di pace; le ultime novità dall'Afghanistan; la situazione in Turchia e i riflessi sul negoziato di adesione all'Ue, sono i temi dell'intervista. Nell'ultima parte, Emma Bonino parla del suo legame personale con i Balcani e la ex Jugoslavia dall'iniziativa transnazionale dei Radicali negli anni '80 e 90, al suo impegno di commissaria europea agli Aiuti umanitari nel periodo drammatico dei conflitti in Bosnia e Kosovo.



N.B.: La conferenza stampa si è tenuta prima del vertice di Doha deli "Amici della Siria" del 22 giugno.

Video di Stefano Marrella per Radio Radicale / Radioradicale.it

sabato 22 giugno 2013

BONINO A BELGRADO E PRISTINA: INTEGRAZIONE EUROPEA PER STABILIZZARE RELAZIONI SERBIA-KOSOVO

L’Italia crede fortemente nell’integrazione europea dei Balcani occidentali. In quest’ottica, farà tutto il possibile affinché nel Consiglio europeo del 27 e 28 giugno venga decisa l'apertura di negoziati per l'Accordo di stabilizzazione e associazione (Asa) con il Kosovo e fissata una data certa per l'inizio ufficiale del negoziato di adesione della Serbia all'UE. E’ questo il messaggio che il ministro degli Esteri Emma Bonino ha portato alle massime autorità serbe e kosovare nel corso della sua visita a Belgrado e Pristina il 18 e 19 giugno, la sua prima all’estero (escluse quelle istituzionali). La scelta di andare proprio in Serbia e Kosovo per questa prima missione internazionale indica l'importanza che il nostro Paese attribuisce ai Balcani, regione con cui l'Italia ha strette relazioni politiche ed economiche, ed è stata particolarmente apprezzata sia a Belgrado che a Pristina.
Qui di seguito la sintesi dei risultati di questa due giorni nella nota ufficiale della Farnesina.

Consiglio Ue fissi data apertura negoziato con Belgrado
Il forte impegno dell'Italia affinché la Ue nel vertice di fine giugno fissi una data precisa per l'inizio del negoziato di adesione della Serbia è stato sottolineato dal Ministro Emma Bonino nel corso dei suoi incontri istituzionali a Belgrado. La Serbia, ha sottolineato, va premiata per la determinazione messa in mostra nel dialogo con Pristina, nelle riforme chieste dall'Europa e negli sforzi di riconciliazione regionale.

Accordo Pristina-Belgrado merita data negoziato
Nei colloqui avuti con il Presidente serbo Tomislav Nikolic, con il Premier Ivica Dacic e con il Ministro degli Esteri Ivan Mrkic, Bonino ha insistito sui grandi progressi fatti registrare dalla Serbia nel suo cammino verso l'integrazione europea. "E' la missione storica della Ue di riunire tutte le famiglie europee. Credo che il processo di adesione sia importante per la Serbia ma anche per l'Europa", ha puntualizzato, aggiungendo che "l'accordo fra Belgrado e Pristina del 19 aprile scorso e le misure per la sua applicazione meritano una data certa per l'avvio del negoziato di adesione. Su questa linea politica lavoreremo per preparare il vertice di fine giugno", e a Belgrado non possono essere poste altre condizioni.

Nikolic: Grazie Italia per appoggio Ue
La Serbia - ha osservato il presidente Nikolic - ha fatto tutto quanto richiesto per ottenere la data d'avvio del negoziato, e il Consiglio europeo farebbe un “grosso errore” se non dovesse mandare un segnale positivo a Belgrado. Sia Nikolic, sia il premier Dacic e il capo della diplomazia serba Mrkic hanno ringraziato l'Italia per il sostegno costante al cammino europeo della Serbia e hanno sottolineato, insieme al ministro Bonino, lo stato eccellente dei rapporti bilaterali, con l'Italia ai primissimi posti in fatto di interscambio commerciale e investimenti ed oltre 500 aziende italiane danno lavoro a più di 20 mila persone.

Prossimo vertice bilaterale ad Ancona in autunno
Nel corso della visita di Emma Bonino è stato annunciato che il prossimo vertice bilaterale - il terzo dopo quelli del novembre 2009 a Roma e del marzo 2012 a Belgrado - si terrà in autunno, molto probabilmente ad Ancona. "Vogliamo continuare a sviluppare i nostri rapporti in tutti i settori, politico, economico, culturale", ha spiegato il premier Dacic, sottolineando come l'Italia lo scorso anno sia stato il terzo partner commerciale della Serbia dopo Germania e Russia e nei primi quattro mesi di quest’anno sia balzata al primo posto.

Italia impegnata per normalizzazione Serbia-Kosovo
L'appoggio dell'Italia al processo di integrazione europea del Kosovo, insieme allo sviluppo della collaborazione bilaterale, è stato il tema al centro dei colloqui del Ministro nella sua tappa a Pristina, incontrando il Premier kosovaro Hashim Thaci ed il Ministro degli Esteri Enver Hoxhaj. L’Italia crede fortemente nella prospettiva europea del Kosovo, anche perché l’incentivo europeo si è rivelato decisivo sulla via della normalizzazione delle relazioni Belgrado-Pristina. L’Italia continuerà a svolgere un ruolo attivo per proseguire il processo, la cui vera sfida risiede nell’effettiva applicazione delle intese raggiunte. Il Ministro Bonino ha al tempo stesso sottolineato il buono stato delle relazioni bilaterali tra Kosovo e Italia, secondo partner commerciale del Paese balcanico.

venerdì 21 giugno 2013

EMMA BONINO IN KOSOVO: IMPEGNO ITALIANO PER INTEGRAZIONE UE E VISTI

Emma Bonino e Hashim Thaci
Corrispondenza per il Notiziario di Radio Radicale
Il ministro degli Esteri Emma Bonino è giunta mercoledì 18 giugno a Pristina, in Kosovo, per una visita ufficiale che segue quella compiuta il giorno precedente a Belgrado e nella quale è stata ricevuta dal
primo ministro Hashim Thaci, dall'omologo Enver Hoxhaj e dal ministro per l'Integrazione europea Vlora Citaku. Al termine dei colloqui con la leadership kosovara, prima di ripartire per l'Italia, Emma Bonino ha avuto un breve incontro anche con i vertici della componente militare e civile italiana (Kfor, Msu, Eulex) presso la residenza dell'ambasciatore italiano, Michael Giffoni. Al centro dei colloqui, come a Belgrado, le relazioni bilaterali e il processo di integrazione europea del Kosovo.

La visita di Emma Bonino si è svolta in un momento particolarmente delicato e significativo dato che il Consiglio europeo del 27 e 28 giugno dovrà decidere se avviare il negoziato per l'Accordo di stabilizzazione e associazione: una decisione positiva dei 27 avrebbe il significato di una forte legittimazione internazionale per Pristina, la cui indipendenza è per ora riconosciuta da poco meno di un centinaio di Paesi. Le autorità kosovare sono impegnate inoltre nel dialogo per la liberalizzazione dei visti, in quanto il Kosovo è rimasto l'unico paese ex jugoslavo ancora soggetto a tale regime. A questo proposito, il ministro degli Esteri, Enver Hoxhaj, ha chiesto il sostegno dell'Italia: "Abbiamo fatto i compiti, ma restiamo isolati. La questione è diventata ormai un problema di diritti umani".

Per Emma Bonino il 2013 va considerato un punto di svolta: l'accordo con la Serbia è fondamentale ma ora occorre metterlo in pratica e ci vogliono altri passi coraggiosi, concetto questo che il ministro italiano ha sostenuto anche a Belgrado: "E' un accordo di speranza. Bisognava cogliere l'opportunità e voi l'avete fatto". Parole condivise dal suo omologo Hoxhaj che ha affermato come l'accordo abbia posto fine a un secolo di conflitti e che ora va implementato. Sulla questione dei visti, dopo aver sottolineato il valore smbolico della questione - "Libertà dei visti significa libertà di movimento" - Bonino ha assicurato il suo impegno personale per risolvere la questione.

Infine, sulla questione dell'indipendenza non ancora riconosciuta da 5 dei 27 Paesi membri dell'Ue, il ministro Hoxhaj ha chiesto all'Italia di premere su Slovacchia e Romania in modo da ammorbidire la posizione della Spagna. Quanto ai rapporti bilaterali tra l'Italia e il Kosovo, giudicati ottimi da entrambe le parti, Pristina sta esaminando circa 30 intese firmate a suo tempo dall'Italia con la ex Jugoslavia, a cui il Kosovo potrebbe subentrare in qualità di Stato successore. Mercoledì, intanto, sono stati firmati due trattati bilaterali in materia di estradizione e di giustizia penale.

I video di Radio Radicale

Conferenza stampa congiunta del ministro degli Esteri italiano Emma Bonino e di quello del Kosovo Enver Hoxhaj al termine del loro incontro




Video realizzato da Stefano Marrella

EMMA BONINO: L'UE FISSI LA DATA DEL NEGOZIATO DI ADESIONE DELLA SERBIA

Per il ministro degli Esteri italiano l'UE deve premiare l'impegno sul Kosovo e le riforme compiute. Con l'Italia rapporti eccellenti.

Emma Bonino con il premier serbo Ivica Dacic
Corrispondenza per il Notiziario di Radio Radicale
L'integrazione europea della Serbia e i rapporti bilaterali sono stati i due temi portanti della visita di Emma Bonino a Belgrado, martedì 19 giugno. Il nostro ministro degli Esteri ha incontrato il presidente serbo Tomislav Nikolic, il premier Ivica Dacic, il ministro degli Esteri Ivan Mrkic, e il primo vicepremier e ministro della Difesa, Aleksandar Vucic, reduce da una visita compiuta nei giorni scorsi a Roma.
Per quanto riguarda i rapporti bilaterali Emma Bonino ha sottolineato l'importanza delle relazioni economiche, con il volume dell'interscambio commerciale in continuo aumento e la massiccia presenza di aziende e imprese italiane in Serbia, un aspetto questo rimarcato anche dal premier serbo Dacic. Bonino ha auspicato, da parte sua, che l'interscambio si rafforzi e si estenda all'ambito culturale e alle relazioni tra le società civili dei due Paesi.
Per quanto riguarda l'integrazione europea della Serbia, siamo alla vigilia delle decisioni che saranno prese dal Consiglio europeo del 18 giugno sull'apertura dei negoziati di adesione. Con lo storico accordo siglato con il Kosovo lo scorso aprile, Belgrado ha adempiuto alla condizione posta da Bruxelles. La posizione italiana sul tema è chiara: l'Italia ritiene che la Serbia meriti di ottenere una data certa per l'avvio dei negoziati. Questa è la linea su cui il governo lavorerà nei priossimi giorni in vista del vertice europeo. Detto questo non si può negare che esistano delle resistenze, soprattutto da parte tedesca, per cui è possibile che il Consiglio europeo dica sì all'avvio del negoziato ma senza fissare una data. Questo, per Emma Bonino, sarebbe comunque una risultato importante. "L'adesione è importante per la Serbia, ma è importante soprattutto per l'Europa".
In tutti i colloqui avuti Bonino ha insistito sui grandi progressi fatti registrare dalla Serbia nel suo cammino verso l'integrazione europea: ''E' la missione storica della Ue di riunire tutte le famiglie europee. Credo che il processo di adesione sia importante per la Serbia ma anche per l'Europa''.In una intervista apparsa su Vecernje Novosti, il quotidiano piu' diffuso in Serbia, il ministro degli Esteri ha osservato come i progressi compiuti dalla Serbia negli ultimi mesi, in particolare nel dialogo con Pristina mediato della Ue, ''sarebbero apparsi inconcepibili solo fino a un anno fa''. La Serbia, ha osservato da parte sua il presidente Nikolic, ha fatto tutto quanto richiesto per ottenere la data d'avvio del negoziato, e il consiglio europeo farebbe un grosso errore se mancasse di inviare un segnale positivo a Belgrado. Sia Nikolic, sia il premier Ivica Dacic, sia il ministro degli esteri Ivan Mrkic, hanno quindi ringraziato l'Italia per il sostegno costante al cammino europeo della Serbia.

I video di Radio Radicale

Visita di Emma Bonino a Belgrado: incontro con il ministro degli Esteri serbo Ivan Mrkic



Visita di Emma Bonino a Belgrado: incontro con il premier serbo Ivica Dacic



I video sono stati realizzati da Stefano Marrella

giovedì 20 giugno 2013

LA SERBIA CHIEDE ALL'UE UN SEGNALE CONCRETO SULL'APERTURA DEL NEGOZIATO DI ADESIONE

di Marina Szikora
Il Forum europeo svoltosi domenica 16 giugno in Austria, a Wachau, è stata l'occasione per il premier serbo Ivica Dačić ad affermare che la Serbia ha fatto un passo avanti storico per quanto riguarda la soluzione della questione del Kosovo e della situazione dei serbi che ci vivono. "Al tempo stesso ci aspettiamo che l'Ue mantenga le promesse che aveva dato" ha detto Dačić rilevando che ogni risultato negativo avra' un impatto sul processo di riforme in Serbia il quale contribuisce all'intera stabilita' e sicurezza regionale ed europea . Il premier serbo ha chiesto che alla Serbia sia detto chiaramente se questo paese e' o non e' desiderato nell'Ue. "Perche' allora potremo sapere come comportarci" ha detto Dačić. "Noi abbiamo raggiunto un accordo storico, ma nemmeno questo basta per i membri dell'Ue a darci un segnale positivo e prendere una decisione. Chiedo allora quando saranno pronti a farlo" cosi' Dačić al Forum europeo.

Il premier serbo ha avvertito che "la Serbia non ha tempo da aspettare che in un paese si concludano le elezioni per avere poi una data" – una allusione questa all'attuale posizione della Germania che resta il nocciolo piu' duro quando si tratta dell'inizio dei negoziati di adesione della Serbia all'Ue. Secondo i commenti serbi, la Serbia e' diventata adesso anche ostaggio delle prossime elezioni in Germania. I media serbi indicano che secondo i sondaggi l'80 percento dei tedeschi sono contrari all'allargamento dell'Ue e che i serbi, sempre secondo i sondaggi, dopo i turchi sono il popolo piu' sgradevole. Ma il premier Dačić promette che Belgrado fara' il suo compito poiche' le eurointegrazioni sono di importanza capitale per l'integrazione dell'intera regione e si dice fiducioso che l'Ue sapra' riconoscere gli sforzi compiuti. Si ribadisce pero' che con l'accordo di Bruxelles la Serbia non ha riconosciuto l'indipendenza del Kosovo anche se Belgrado e' consapevole della realta' sul terreno. Secondo Dačić e' assolutamente necessaria la politica di allargamento per tutti i Balcani Occidentali e non ci deve essere rallentamento o blocco dopo l'ingresso della Croazia.

Al Forum europeo in Austria c'era anche il premier del Kosovo Hashim Thaci il quale ha altrettanto salutato come un risultato storico il fatto che sono stati nominati rappresentanti ufficiali da parte di Belgrado e Priština e ha assicurato che le autorita' kosovare faranno il tutto possibile per il rientro dei profughi e la restituzione dei loro beni. L'ospite del Forum, il ministro degli esteri austriaco Michael Spindelegger, ha sottolineato da parte sua che Vienna appoggia fortemente la Serbia affinche' possa ottenere una data al prossimo Consiglio europeo e ha affermato che il Consiglio europeo ha l'obbligo morale di deciderlo. Secondo il ministro austiraco dieci anni dopo Salonicco e' necessario concretizzare quello che e' stato promesso. Per quanto riguarda la Serbia si tratta della data e l'Austria fara' di tutto per convincere gli altri stati membri che forse sono un po' stanchi dell'allargamento. Secondo Spindelegger, i due premier, Dačić e Thaci si sono fatti carico di una occasione storica e meritano un adeguato riconoscimento.

In vista della visita della ministro degli esteri Emma Bonino a Belgrado, il premier della Serbia Ivica Dačić, incontrando il nuovo ambasciatore dell'Italia in Serbia, Giuseppe Manzo, ha detto di aspettarsi l'appoggio dell'Italia alla via europea della Serbia. L'Italia per la Serbia e' un importante partner politico e un partner prioritario economico, ha rilevato Dačić. Va detto anche che al vicepremier del governo serbo Aleksandar Vučić, recatosi settimana scorsa a Roma, e' stato trasmesso che l'Italia guidera' il grande gruppo dei paesi europei favorevoli a indicare una data certa per l'inizio dei negoziati della Serbia. Belgrado è quindi in grande attesa del prossimo vertice europeo del 27 e 28 giugno. I media serbi informano che il commissario all'Allargamento Stefan Feule e l'Alto rappresentante dell'Ue per la politica estera e di sicurezza Catherine Ashton, invieranno una lettera sull'avanzamento nell'implementazione dell'accordo tra Belgrado e Priština e sulle riforme interne. Ricordiamo che secondo le conclusioni del Consiglio europeo dello scorso dicembre, un avanzamento "visibile e sostenibile" nelle relazioni tra Belgrado e Priština rappresenta la condizione chiave affinche' la Serbia possa ottenere la data dell'inizio dei negoziati di adesione. Oggi su invito di Catherine Ashton, un altro incontro con Ivica Dačić e Hashim Thachi a Bruxelles in cui si discutera' proprio dell'avanzamento nell'implementazione dell'accordo.

Il testo è tratto dalla trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 20 giugno a Radio Radicale.

IL KOSOVO AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU

di Marina Szikora
Venerdi' 14 giugno si e' svolta la riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sul Kosovo. Presente anche il premier della Serbia Ivica Dačić il quale ha sottolineato che la Serbia e' fermamente decisa a mettere il punto sul passato "che non puo' cambiare" ma puo' influenzare invece il futuro. Dačić ha ricordato che Priština e Belgrado dopo 11 round di negoziati hanno raggiunto un accordo storico, il primo delle due parti che nel futuro attendono negoziati sullo status della Chiesa ortodossa serba, sul ritorno dei profughi e sul patrimonio. Il premier serbo ha detto che tutti i colloqui devono essere condotti in modo tale da non entrare nel merito della questione dello status del Kosovo e ha aggiunto che la Serbia ha dimostrato la sua prontezza di superare l'attuale situazione che riguard le relazioni delle due parti.

Il primo accordo tra Belgrado e Priština prevede la formazione della comunita' dei comuni con la maggioranza serba. In quel territorio si terra' conto della struttura etnica dell'esercito, polizia e altri organi di potere, ha precisato Dačić. Ha puntato sul fatto che prima i serbi abitavano in 427 localita' di cui oggi 311 hanno subito la pulizia etnica. Secondo i dati dell'ONU, dal 1999 sono tornate 22.982 persone di cui 42,6 percento sono serbi. Secondo il rapporto sul Kosovo, ha informato il premier serbo, continuano ad esistere evidenti minacce di sicurezza e per questo e' molto importante la presenza della missione Unmik in Kosovo e il suo ulteriore rafforzamento.

Dačić ha detto che il governo serbo non ha fiducia nella privatizzazione condotta dalle autorita' kosovare e che la Serbia per decenni ha investito nelle ditte in Kosovo mentre nelle attuali privatizzazioni non vengono rispettati i diritti dei lavoratori che ci avevano lavorato e che adesso sono traslocati in Serbia. Il premier serbo ha invitato le autorita' kosovare a continuare congiuntamente a cercare la soluzione che sara' nell'interesse di entrambi i popoli in Kosovo.

Il testo è tratto dalla trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 20 giugno a Radio Radicale.

PASSAGGIO IN ONDA

E' on-line la puntata di Passaggio a Sud Est trasmessa da Radio Radicale oggi 20 giugno. La trasmissione è ascoltabile qui sotto oppure, insieme a quelle precedenti, sul sito di Radio Radicale.


La puntata è dedicata in particolare all'integrazione europea della Serbia e del Kosovo: la visita ufficiale della ministro degli Esteri, Emma Bonino, a Belgrado e a Pristina dove ha incontrato le massime autorità dei due Paesi; la seduta del Consiglio di sicurezza dell'Onu sul Kosovo; la richiesta di Belgrado all'Ue di un segnale concreto sulll'apertura del negoziato di adesione. Un'ampia pagina è dedicata anche alle elezioni parlamentari in Albania di domenica 23: il punto sulla campagna elettorale, i programmi dei partiti, gli ultimi sondaggi, le preoccupazioni degli internazionali (Ue e Usa in testa.

La registrazione integrale della trasmissione, realizzata con la collaborazione dei corrispondenti Marina Szikora e Artur Nura, è disponibile, insieme a tutte quelle precedenti, sul sito di Radio Radicale, oppure è ascoltabile direttamente qui


martedì 18 giugno 2013

ITALIA-BALCANI: EMMA BONINO A BELGRADO E PRISTINA

Le prospettive di integrazione europea della Serbia, la cooperazione regionale, la questione del Kosovo e i rapporti bilaterali saranno i temi al centro dei colloqui che la ministro Emma Bonino avrà oggi a Belgrado con le massime autorità serbe. Emma Bonino, infatti, incontrerà il presidente serbo Tomislav Nikolic, il premier Ivica Dacic, il ministro degli Esteri Ivan Mrkic e il primo Vicepremier e ministro della Difesa Aleksandar Vucic. Domani è in programma una visita a Pristina dove la ministro degli Esteri incontrerà il premier Hashim Thaci, il suo omologo Enver Hoxhaj, il ministro per l'Integrazione europea Vlora Citaku e i vertici della componente italiana delle missioni internazionali in Kosovo.
Qui di seguito la mia corrispondenza andata in onda questa mattina nel notiziario di Radio Radicale.

La visita a Belgrado e a Pristina del ministro degli Esteri, Emma Bonino, avviene in una fase cruciale del processo di avvicinamento della Serbia all’Europa e nel quadro più generale dell’integrazione europea dei Balcani occidentali. Il Consiglio Europeo che si terrà a fine giugno dovrebbe infatti indicare la data per l'apertura del negoziato di adesione della Serbia all'Ue in seguito alla storica intesa con il Kosovo raggiunta esattamente due mesi fa. Il 19 aprile scorso, infatti, con la mediazione dell'Unione Europea i due premier, Ivica Dacic e Hashim Thaci, hanno siglato un'intesa per la normalizzazione delle loro relazioni. Un'intesa che poi è stata perfezionata nel mese di maggio.

Non si tratta del riconoscimento reciproco. Su questo le distanze restano inalterate. La Serbia ha ribadito in ogni sede che non intende riconoscere la secessione di quella che continua a considerare una sua provincia sulla base della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, mentre Pristina da parte sua non intende rinunciare all'indipendenza proclamata unilateralmente nel febbraio del 2008 e da allora riconosciuta da un centinaio di Paesi tra cui 22 dei 27 che compongono l'Unione Europea, Italia compresa.

L'accordo di aprile è però ugualmente molto importante perché rende possibile la normalizzazione delle relazioni tra le due capitali che era esattamente la condizione posta da Bruxelles per cominciare a discutere l'Accordo di stabilizzazione e associazione con il Kosovo e soprattutto per aprire formalmente i negoziati di adesione con la Serbia, un risultato su cui l'attuale governo conservatore di Belgrado ha giocato buona parte della sua credibilità interna e internazionale.

Non è detto comunque che il Consiglio Europeo prenderà una decisione definitiva: le perplessità tra i 27 non mancano, a partire dalla Germania. La stampa serba, nei giorni scorsi, dando conto di queste diffidenze, sottolineava che le decisioni possono essere diverse: la fissazione di una data certa di apertura del negoziato di adesione, oppure l'indicazione di una data ma sottoposta ad alcune ulteriori condizioni, oppure ancora il solo avvio delle procedure tecniche per la successiva apertura formale del negoziato.

L'Italia non da oggi sostiene l'integrazione della Serbia, a maggior ragione dopo l'accordo di aprile con il Kosovo. Ricordiamo che il nostro Paese ha ottimi rapporti con Belgrado e, inoltre, vanta posizioni di primo piano nel settore commerciale e degli investimenti. Anche la Serbia sta affrontando le conseguenze della crisi globale e in più deve portare avanti un processo di modernizzazione e di internazionalizzazione della propria economia nel quale l’Italia gioca un ruolo di primo piano. In Serbia non ci sono solo importanti gruppi industriali come la Fiat o grandi gruppi finanziari come Unicredit, ma una miriade di piccole e medie imprese

L’Italia è il primo investitore straniero e il secondo partner commerciale della Serbia (se non si considera l’importazione di energia dalla Russia). Le aziende italiane presenti sono circa 500, con un giro d’affari pari a circa l'8% del pil. Per le aziende italiane, la Serbia rappresenta la base da cui proiettare la propria offerta verso i mercati globalizzati dell'Europa dell'est e oltre. Questo tanto per capire l'importanza strategica che i Balcani hanno per la nostra economia e di come a volte si parli molto di Cina dimenticandosi di realtà altrettanto importanti ad un passo da casa nostra.

giovedì 13 giugno 2013

LA SERBIA ASPETTA UNA DATA CONCRETA PER L'INIZIO DEI NEGOZIATI CON L'UE

Ma la Germania resta incerta e vuole prendere tempo

Di Marina Szikora
La data dell'inizio dei negoziati di adesione, o una data condizionata, oppure il segnale verde per i preparativi tecnici – sono tutte ipotesi che gli stati membri dell'Ue potrebbero concedere alla Serbia alla fine di questo mese, scrivono i media serbi. Tutti i paesi che negli ultimi dieci anni hanno aderito all'Ue avevano un cammino specifico, ma l'unica regola non scritta e' che il cammino verso l'Ue sta diventando sempre piu' difficile e piu' lungo. Lo afferma anche il portavoce del commissario all'allargamento, Peter Stano secondo il quale il cammino di ogni paese e' diverso: "esiste la decisione dell'inizio dei negoziati subito oppure si puo' decidere di iniziare con lo screening e l'intenzione poi che i negoziati inizino piu' tardi in una data concreta", spiega Stano. Lo screening significa paragonare la legislatura nazionale con gli standard europei e definire le riforme necessarie. Inoltre, per l'inizio dei negoziati e' indispensabile che la Commissione europea elabori una cornice di negoziati il che significa che i negoziati devono aspettare un certo periodo procedurale.

Bruxelles vuole fatti concreti dopo l'accordo di aprile
In questo momento Bruxelles non vuole speculare sulla risposta del Consiglio europeo alle aspettative dell'integrazione europea della Serbia. Si continua a parlare del successo nel dialogo con Priština, ma si aspettano anche prove concrete dell'implementazione dell'accordo di Bruxelles. Secondo fonti ufficiose, questi i commenti mediatici, i ministri europei che si riuniranno il prossimo 24 e 25 giugno a Lussemburgo non potranno prendere una decisione sulla Serbia prima del 27 giugno per quando e' atteso che si esprima definitivamente il parlamento tedesco in merito alla questione. Knut Flekennstein, deputato al Parlamento tedesco e membro del Partito Socialdemocratico, scrivono i quotidiani serbi 'Blic' e 'Danas', ritiene che se il Bundestag decidera' che alla Serbia bisogna dare soltanto una specie di 'luce verde' e non una data concreta, cio' potrebbe avere ripercussioni sulla credibilita' della Germania e sarebbe uno schiaffo all'Unione. Secondo un altro giornale, 'Politika', i negoziati inizierebbero a gennaio o febbraio 2014, ma a tal fine e' necessaria la piena attuazione dell'accordo tra Belgrado e Priština. Il capo uscente della delegazione dell'Ue in Serbia, Vincent Degert ha dichiarato che il Consiglio europeo a giugno non decidera' sulla data per la Serbia ma si esaminera' se Belgrado merita 'la luce verde' per l'apertura dei negoziati di adesione.

Il nervosismo di Dacic
A queste dichiarazioni ha replicato subito il premier della Serbia Ivica Dačić affermando che questa ipotesi per il suo paese non e' accettabile e che potrebbe mettere seriamente a repentaglio l'implementazione dell'accordo di Bruxelles. Dačić ha aggiunto di aspettarsi che Bruxelles rispetti i suoi obblighi nei confronti della Serbia. "Per quanto riguarda il segnale verde, noi non siamo poliziotti. Ci interessa una decisione positiva del Consiglio europeo, se non l'avremo, penso allora che siamo stati ingannati" ha detto Dačić aggiungendo che e' stato accordato: l'accordo di Bruxelles, l'implementazione di questo accordo e poi la decisone positiva sull'inizio dei negoziati con l'Ue.
Anche il presidente Tomislav Nikolić, incontrando lunedi' a Belgrado il premier polacco Donald Tusk, ha dichiarato che se l'Ue non incorraggera' la Serbia, sara' piu' difficile se non del tutto ostacolata l'implementazione dell'accordo raggiunto tra Belgrado e Priština. "Se l'Ue non ci incorraggera', verranno chiuse molte vie che abbiamo costruito pazientemente durante lo scorso anno e soprattutto il raggiungimento dell'unita' e riconciliazione dei popoli di tutta l'area" ha detto Nikolić. Il capo dello stato serbo ha sottolineato che adesso vi e' una occasione storica per realizzare l'amicizia permanente con il popolo tedesco e per migliorare e rafforzare notevolmente le relazioni tra i due popoli.

Ma la Germania resta incerta sull'apertura dei negoziati con Belgrado
Al Bundestag tedesco si e' discusso anche della questione Serbia e Kosovo. Il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle nel suo intervento al Parlamento ha detto che la sua impressione e' che sia Belgrado che Priština vogliono un accordo e che, anche se bisogna essere cauti, si potrebbe dire che la leadership politica della Serbia ha preso una decisione strategica. "Essi vogliono la normalizzazione delle relazioni con Kosovo... dobbiamo dare a loro il nostro sostegno" ha detto il ministro tedesco aggiungendo che percio' e' stato ed e' corretto collegare la questione dell'inizio dei negoziati di adesione della Serbia con il problema della normalizzazione delle relazioni serbo-kosovare. "Il nostro messaggio e' del tutto chiaro: l'integrita' territoriale dei paesi dei Balcani Occidentali non deve essere messa in questione" ha detto Westerwelle indicando che con "un equilibrio dell'approccio politico e sostegno militare si puo' raggiungere molto" alludendo al ruolo della Kfor in quanto "colonna vertebrale" della sicurazza kosovara negli anni precedenti, di cui anche i soldati tedeschi fanno parte. Westerwelle ha precisato che la situazione in Kosovo, nel suo complesso e' pacifica e stabile. Incidenti sono ancora possibili poiche' si sa che si tratta parzialmente di criminalita' organizzata. Esiste una forma di estremismo... per questo e' importante restare attenti, ha rilevato il capo della diplomazia tedesca.