La sentenza di assoluzione definitiva
emessa dal Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia nei confronti
degli ex generali croati Ante Gotovina e Mladen Markac, accusati dei
crimini di guerra e contro l'umanità compiuti durante l'Operazione
Tempesta che portò alla riconquista della Kraijna, condannati in
primo grado a pesanti pene detentive, ha suscitato dure reazioni in
Serbia che però non sono andate al di là delle prevedibili
dichiarazioni delle maggiori autorità di Belgrado. La gran parte
dell'opinione pubblica serba, pur non condividendo, con tutta
probabilità, la decisione dei giudici dell'Aja, non si è fatta
coinvolgere dalle proteste dei gruppi ultranazionalisti. Qui di
seguito un breve resoconto di Riccardo De Mutiis su come soprattutto
i media serbi hanno commentato la notizia.
La Corte d’appello del Tribunale
penale per l’ex Yugoslavia, come è noto, ha assolto i generali
croati Gotovina e Markac dai crimini loro ascritti contro la
popolazione serba della Kraijna, con un verdetto di stretta misura (3
voti a 2): il confronto in camera di consiglio deve essere stato duro
e serrato se uno dei giudici, Fausto Pocar, di gran lunga il più
autorevole del collegio giudicante, ha espresso pubblicamente il suo
dissenso dalla decisione, affermando che la stessa contraddice ogni
principio di giustizia. Ci si potrebbe addentrare su questioni
giuridiche, quali quella delle lacune procedurali dei giudizi che si
svolgono all’Aja o quella della insufficienza, a livello
internazionale, delle norme incriminatrici poche e generiche. Ci si
potrebbe soffermare sulle modalità di composizione delle giurie, le
quali, in nome del principio della rappresentanza di tutte le nazioni
nei vari organismi, prevedono in molti casi la partecipazione di
magistrati che, a causa della loro provenienza e quindi della natura
dei procedimenti che trattano nel loro Paese, non hanno alcuna
familiarità con i casi giudicati all’Aja: è paradigmatico, in
questo senso l’inserimento nel collegio che ha giudicato gli
appelli proposti da Gotovina e Markac, di un magistrato giamaicano,
Patrick Robinson. E’ tuttavia impossibile, allo stato attuale,
procedere ad una corretta ed approfondita esegesi della sentenza
d’appello e ciò in quanto la stessa richiederebbe la conoscenza di
tutti gli atti processuali. Si preferisce quindi esaminare la
questione sotto una diversa angolazione e cioè si intende
concentrare l’attenzione sul modo in cui in Serbia è stata vissuta
e commentata la sentenza della Corte d’appello dell’Aja.
La reazione serba alla sentenza è
stata naturalmente di segno negativo, ma a Belgrado ha dato
particolarmente fastidio anche l’enfasi con cui la vicenda è stata
vissuta in Croazia. Il collegamento televisivo in diretta con L’Aja
per la lettura della sentenza, il tappeto steso ai piedi dei due
generali al loro arrivo all’ aeroporto di Zagabria, il loro
ricevimento ufficiale da parte del presidente Josipovic e la messa di
ringraziamento celebrata nella cattedrale gotica della capitale
hanno, in un certo senso, acuito la frustrazione dei serbi per una
sentenza che essi sentono come profondamente ingiusta. Allo stesso
modo, le immagini trasmesse dalla televisione pubblica croata, in
particolare il ringraziamento pubblico tributato a Gotovina e Markac
in Trg Jelacic, con i reduci della guerra di liberazione in tuta
mimetica, non hanno aiutato ad abbassare il livello di tensione. I
politici serbi, con il Presidente Nikolic in testa, parlano di una
sentenza politica e sottolineano come essa renda più problematici i
rapporti con la Comunità Internazionale ed il cammino della Serbia
verso l’integrazione europea. Merita tuttavia di essere evidenziata
la presa di posizione del primo ministro Dacic, il quale, dando
ancora una volta prova di quel pragmatismo che gli ha consentito di
essere nominato a capo dell'esecutivo nonostante il suo partito non
raggiunga nemmeno il 16% dei voti, ha affermato, dopo avere anch’egli
criticato la sentenza, che la stessa va accettata, è un fatto
compiuto su cui la Serbia non può incidere e bisogna quindi guardare
avanti. La reazione popolare nei confronti della sentenza non è
andata al di là di un generale dissenso e della solita bandiera
croata data alle fiamme e non deve ingannare l'imponente spiegamento
di forze dell’ordine disposto dalle autorità a Belgrado per la
giornata di sabato 17 novembre: più che per controllare le
manifestazioni di protesta contro la sentenza, i militari erano
presenti per gestire l’ordine pubblico in occasione del derby
calcistico tra Partizan e Crvena Zvezda (Stella Rossa).
Ovviamente i media, è il loro
mestiere, si sono gettati sulla notizia. L’organo di stampa che ha
seguito con maggiore attenzione l’evento è stata Prva srpska
televiziia, l’emittente privata che, con Al Jazeera Balkans,
rappresenta sicuramente la novità più interessante del panorama
televisivo dei Paesi dell’ex Yugoslavia. Prva televiziia, infatti, per diversi
giorni ha effettuato un collegamento permanente con il suo
corrispondente all’Aja, alternando, in un cocktail ben riuscito, le
impressioni di coloro che si trovavano nella città olandese,
testimoni e giornalisti, con gli interventi degli ospiti dello studio
belgradese. Di particolare effetto, poi, è stato il titolo che
l’emittente ha dato alla trasmissione, Oluja Harska (La tempesta
dell’Aja), espressione particolarmente indovinata perché da un
lato evidenzia l’effetto, tempestoso, che è seguito in Serbia alla
sentenza e dall’altro richiama il nome in codice dell’operazione
militare croata, appunto Oluja, a cui presero parte Gotovina e
Markac. E’ poi da sottolineare che i media serbi hanno dato
particolarmente rilievo alle dichiarazioni di una loro nemica
storica, Carla Del Ponte, la quale aveva sostenuto vittoriosamente,
in qualità di procuratrice, l’accusa nel giudizio di primo grado e
si è detta particolarmente sorpresa dell'esito del giudizio
d’appello. Per finire, può essere interessante sottolineare
l’esagerazione con cui alcuni quotidiani hanno cavalcato l'evento,
facendo presagire conseguenze del tutto irreali. E’ il caso del
montenegrino Blic, secondo cui la sentenza avrebbe potuto generare
disordini anche nell’ambito sportivo e preannunciava probabili
scontri tra la tifoseria del Cibona di Zagabria e quella della Crvena
Zvezda di Belgrado nel match in programma a Zagabria il 25 novembre
per la Alba liga di basket (il campionato che riunisce le migliori
formazioni dei Paesi della ex Jugoslavia). Il giornale parlava
infatti di partita ad alto rischio (“visok rizik”) e di una
tifoseria serba che si stava preparando a rispondere alle
provocazioni croate basate sull’assoluzione dei due generali (“za
zvezda sprema odgovoris na provokacija generalima”). Inutile dire
che l’incontro di basket si è svolto in modo del tutto normale e
non si sono verificati i disordini profetizzati da Blic.
Riccardo De Mutiis, esperto di
relazioni internazionali, conoscitore della realtà balcanica anche
per aver partecipato a diverse missioni patrocinate da istituzioni
internazionali. Passaggio a Sud Est ha già pubblicato diversi suoi
pezzi: per ritrovarli utilizzare il motore di ricerca interno del
blog (vedi nella colonna a destra) usando come chiave di ricerca il
nome dell'autore.
Nessun commento:
Posta un commento