giovedì 29 novembre 2012

I MEDIA IN SERBIA SULL'ASSOLUZIONE DI ANTE GOTOVINA E MLADEN MARKAC


La sentenza di assoluzione definitiva emessa dal Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia nei confronti degli ex generali croati Ante Gotovina e Mladen Markac, accusati dei crimini di guerra e contro l'umanità compiuti durante l'Operazione Tempesta che portò alla riconquista della Kraijna, condannati in primo grado a pesanti pene detentive, ha suscitato dure reazioni in Serbia che però non sono andate al di là delle prevedibili dichiarazioni delle maggiori autorità di Belgrado. La gran parte dell'opinione pubblica serba, pur non condividendo, con tutta probabilità, la decisione dei giudici dell'Aja, non si è fatta coinvolgere dalle proteste dei gruppi ultranazionalisti. Qui di seguito un breve resoconto di Riccardo De Mutiis su come soprattutto i media serbi hanno commentato la notizia.

La Corte d’appello del Tribunale penale per l’ex Yugoslavia, come è noto, ha assolto i generali croati Gotovina e Markac dai crimini loro ascritti contro la popolazione serba della Kraijna, con un verdetto di stretta misura (3 voti a 2): il confronto in camera di consiglio deve essere stato duro e serrato se uno dei giudici, Fausto Pocar, di gran lunga il più autorevole del collegio giudicante, ha espresso pubblicamente il suo dissenso dalla decisione, affermando che la stessa contraddice ogni principio di giustizia. Ci si potrebbe addentrare su questioni giuridiche, quali quella delle lacune procedurali dei giudizi che si svolgono all’Aja o quella della insufficienza, a livello internazionale, delle norme incriminatrici poche e generiche. Ci si potrebbe soffermare sulle modalità di composizione delle giurie, le quali, in nome del principio della rappresentanza di tutte le nazioni nei vari organismi, prevedono in molti casi la partecipazione di magistrati che, a causa della loro provenienza e quindi della natura dei procedimenti che trattano nel loro Paese, non hanno alcuna familiarità con i casi giudicati all’Aja: è paradigmatico, in questo senso l’inserimento nel collegio che ha giudicato gli appelli proposti da Gotovina e Markac, di un magistrato giamaicano, Patrick Robinson. E’ tuttavia impossibile, allo stato attuale, procedere ad una corretta ed approfondita esegesi della sentenza d’appello e ciò in quanto la stessa richiederebbe la conoscenza di tutti gli atti processuali. Si preferisce quindi esaminare la questione sotto una diversa angolazione e cioè si intende concentrare l’attenzione sul modo in cui in Serbia è stata vissuta e commentata la sentenza della Corte d’appello dell’Aja.

La reazione serba alla sentenza è stata naturalmente di segno negativo, ma a Belgrado ha dato particolarmente fastidio anche l’enfasi con cui la vicenda è stata vissuta in Croazia. Il collegamento televisivo in diretta con L’Aja per la lettura della sentenza, il tappeto steso ai piedi dei due generali al loro arrivo all’ aeroporto di Zagabria, il loro ricevimento ufficiale da parte del presidente Josipovic e la messa di ringraziamento celebrata nella cattedrale gotica della capitale hanno, in un certo senso, acuito la frustrazione dei serbi per una sentenza che essi sentono come profondamente ingiusta. Allo stesso modo, le immagini trasmesse dalla televisione pubblica croata, in particolare il ringraziamento pubblico tributato a Gotovina e Markac in Trg Jelacic, con i reduci della guerra di liberazione in tuta mimetica, non hanno aiutato ad abbassare il livello di tensione. I politici serbi, con il Presidente Nikolic in testa, parlano di una sentenza politica e sottolineano come essa renda più problematici i rapporti con la Comunità Internazionale ed il cammino della Serbia verso l’integrazione europea. Merita tuttavia di essere evidenziata la presa di posizione del primo ministro Dacic, il quale, dando ancora una volta prova di quel pragmatismo che gli ha consentito di essere nominato a capo dell'esecutivo nonostante il suo partito non raggiunga nemmeno il 16% dei voti, ha affermato, dopo avere anch’egli criticato la sentenza, che la stessa va accettata, è un fatto compiuto su cui la Serbia non può incidere e bisogna quindi guardare avanti. La reazione popolare nei confronti della sentenza non è andata al di là di un generale dissenso e della solita bandiera croata data alle fiamme e non deve ingannare l'imponente spiegamento di forze dell’ordine disposto dalle autorità a Belgrado per la giornata di sabato 17 novembre: più che per controllare le manifestazioni di protesta contro la sentenza, i militari erano presenti per gestire l’ordine pubblico in occasione del derby calcistico tra Partizan e Crvena Zvezda (Stella Rossa).

Ovviamente i media, è il loro mestiere, si sono gettati sulla notizia. L’organo di stampa che ha seguito con maggiore attenzione l’evento è stata Prva srpska televiziia, l’emittente privata che, con Al Jazeera Balkans, rappresenta sicuramente la novità più interessante del panorama televisivo dei Paesi dell’ex Yugoslavia. Prva televiziia, infatti, per diversi giorni ha effettuato un collegamento permanente con il suo corrispondente all’Aja, alternando, in un cocktail ben riuscito, le impressioni di coloro che si trovavano nella città olandese, testimoni e giornalisti, con gli interventi degli ospiti dello studio belgradese. Di particolare effetto, poi, è stato il titolo che l’emittente ha dato alla trasmissione, Oluja Harska (La tempesta dell’Aja), espressione particolarmente indovinata perché da un lato evidenzia l’effetto, tempestoso, che è seguito in Serbia alla sentenza e dall’altro richiama il nome in codice dell’operazione militare croata, appunto Oluja, a cui presero parte Gotovina e Markac. E’ poi da sottolineare che i media serbi hanno dato particolarmente rilievo alle dichiarazioni di una loro nemica storica, Carla Del Ponte, la quale aveva sostenuto vittoriosamente, in qualità di procuratrice, l’accusa nel giudizio di primo grado e si è detta particolarmente sorpresa dell'esito del giudizio d’appello. Per finire, può essere interessante sottolineare l’esagerazione con cui alcuni quotidiani hanno cavalcato l'evento, facendo presagire conseguenze del tutto irreali. E’ il caso del montenegrino Blic, secondo cui la sentenza avrebbe potuto generare disordini anche nell’ambito sportivo e preannunciava probabili scontri tra la tifoseria del Cibona di Zagabria e quella della Crvena Zvezda di Belgrado nel match in programma a Zagabria il 25 novembre per la Alba liga di basket (il campionato che riunisce le migliori formazioni dei Paesi della ex Jugoslavia). Il giornale parlava infatti di partita ad alto rischio (“visok rizik”) e di una tifoseria serba che si stava preparando a rispondere alle provocazioni croate basate sull’assoluzione dei due generali (“za zvezda sprema odgovoris na provokacija generalima”). Inutile dire che l’incontro di basket si è svolto in modo del tutto normale e non si sono verificati i disordini profetizzati da Blic.

Riccardo De Mutiis, esperto di relazioni internazionali, conoscitore della realtà balcanica anche per aver partecipato a diverse missioni patrocinate da istituzioni internazionali. Passaggio a Sud Est ha già pubblicato diversi suoi pezzi: per ritrovarli utilizzare il motore di ricerca interno del blog (vedi nella colonna a destra) usando come chiave di ricerca il nome dell'autore.  


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