Il megaprogetto porterà il gas russo all'Europa occidentale attraverso il Mar Nero e i Balcani occidentali. Restano fuori Grecia e Croazia. Josipovic: "Dove abbiamo sbagliato?".
Gazprom ha firmato con la Slovenia il
contratto per la costruzione della sezione slovena del gasdotto SouthStream. Nelle scorse settimane, il colosso energetico russo Gazprom
aveva firmato contratti simili con l'Ungheria e la Serbia. Proprio la
Serbia sarà il primo, tra i paesi coinvolti nel progetto, ad
avviare, già a dicembre prossimo, i lavori di costruzione del
proprio tratto di gasdotto lungo circa 470 chilometri, mentre in
Ungheria il governo ha attribuito all'opera lo status di progetto di
importanza nazionale. In Bulgaria, invece, il governo, riluttante a
rischiare grandi investimenti, ha autorizzato l'azienda energetica
statale Beh Ead ad adottare la decisione finale per l'investimento
per la costruzione del suo tratto di South Stream, ma con la
condizione che Bulgaria e Russia sottoscrivano un nuovo contratto per
la fornitura di gas naturale a partire dal 2013. Se Beh Ead non sarà
in grado di finanziare interamente la sua partecipazione al progetto,
il suo omologo russo Oao Gazprom dovrà fornire il denaro necessario,
senza modificare la quota azionaria di Beh Ead.
Fuori da South Stream resta invece la
Croazia: il gasdotto non avrà la diramazione verso il Mar adriatico,
a ovest, lungo il territorio croato, ma dalla Serbia proseguirà
direttamente verso l'Ungheria. “Dispiacere” per la decisione di
Gazprom è stato espresso dal presidente croato Ivo Josipovic secondo
il quale occorre chiedersi cosa è stato sbagliato: “Negli anni
recenti abbiamo avuto diverse volte una posizione sbagliata e debole
nei confronti degli investitori russi e questo è certamente il
prezzo che ci ritroviamo a pagare”, ha detto Josipovic. Anche la
Grecia resterà tagliata fuori: dal ramo bulgaro, infatti, non si
diramerà più la tratta che avrebbe dovuto attraversare il
territorio greco e il mar Adriatico per approdare in Puglia. Il capo
del progetto per Gazprom, Leonid Chugunov, ha spiegato che la
decisione di cancellare quel tratto è stata presa, con il pieno
accordo di Eni, per ragioni di sostenibilità economica. Il problema
non sono solo i consumi, in costante flessione in Italia, ma anche i
progetti alternativi in corso di realizzazione, come il TransAdriatic Pipeline (Tap), il gasdotto transadriatico che porterà il
gas proveniente dalla regione del mar Caspiola alle coste meridionali
dell’Italia passando attraverso la Grecia, l’Albania e il mar
Adriatico.
Il South Stream, dunque, procede e la
posa della prima pietra è prevista il prossimo 7 dicembre in Serbia.
Frutto di una joint venture tra Gazprom (50%) e l'italiana Eni (20%), successivamente allargata
alla partecipazione della francese Edf (15%) e della tedesca Wintershall (15%),
la nuova pipeline, secondo i piani, dovrebbe entrare in funzione nel
2015 per trasferire il gas russo in Europa occidentale attraverso il
Mar Nero e i Balcani occidentali. Lungo circa 3.600 km e con una
capacità prevista di 63 miliardi di metri cubi di gas l'anno,
costerà complessivamente circa 24 miliardi di euro. Il tracciato
partirà da Anapa, sulla costa russa del Mar Nero, e arriverà in
Austria e Italia, a Tarvisio, aggirando l'Ucraina, in passato
protagonista di un braccio di ferro con la Russia che mise in crisi
le forniture di gas di Gazprom ai Paesi dell'Europa occidentale.
Nonostante abbia rivisto i piani, il colosso russo continua quindi a
puntare sul South Stream e respinge gli scetticismi sull'utilità di
un progetto di queste dimensioni e di notevole complessità
costuttiva, in particolare nel tratto che passerà sotto al Mar Nero.
A Gazprom sono certi che, nonostante
l'attuale fase di contrazione dei consumi dovuti alla crisi
economica, la domanda da parte dell'Europa salirà sensibilmente nei
prossimi anni anche a causa dello stop al nucleare deciso da molti
Paesi dopo il disastro di Fukushima. Secondo le stime diffuse dalla
stessa Gazprom nel 2035 l'Europa dipenderà per l'85% del proprio
fabbisogno di gas dall'estero e dato che la Russia possiede un quarto
del totale mondiale dei giacimenti di gas naturale e ha, attualmente,
una capacità di estrazione giornaliera di oltre 10 milioni di barili
di petrolio, seconda soltanto all'Arabia Saudita, si capisce il peso
strategico che avrà sempre di più in futuro il controllo delle
fonti energetiche. Per questo Mosca punta a consolidare ed espandere
la posizioni predominanti che già oggi può vantare, attraverso i
progetti che vedono al centro colossi come Gazprom, Rosneft,
GazEnergoStroi.
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