L'ex presidente serbo, Boris Tadic, ha
annunciato che lascerà anche la guida del suo Partito democratico
(Ds), dopo la sconfitta elettorale della primavera scorsa. Dopo una
lunga riunione domenicale della direzione del partito, Tadic ha
annunciato che al prossimo congresso del Ds, previsto per la fine del
mese, non presenterà la sua candidatura alla presidenza: “Con ogni
probabilità manterrò la carica di presidente onorario", ha
aggiunto l'ex capo dello Stato.
Filo europeista convinto, sostenitore
del processo di adesione di Belgrado all'Unione Europea, dopo essere
stato eletto presidente della repubblica nel 2004, fu riconfermato
nel 2008 dopo un testa a testa con Tomislav Nikolic, allora numero
due dell'ultrazionalista Partito radicale serbo il cui leader,
Vojslav Seselj, è sotto processo all'Aja per crimini di guerra.
Negli otto anni di presidenza Tadic, la Serbia ha portato avanti, non
senza battute d'arresto e contraddizioni, il processo di integrazione
europea: dalla progressiva collaborazione con il Tribunale
internazionale all'arresto di tutti i sospetti criminali di guerra
latitanti, dal riavvicinamento con la Croazia allo status ufficiale
di Paese candidato all'adesione Ue.
Nonostante i successi nelle relazioni
internazionali (esclusa la questione del Kosovo sulla quale Tadic ha
mantenuto la posizione del non riconoscimento proponendo l'ambigua
formula “più dell'autonomia, meno dell'indipendenza”) e l'arrivo
di importanti investitori esteri, come la Fiat a Kragujievac e i
cinesi per importanti infrastrutture, Tadic ha finito per scontare la
crisi economica globale che ha colpito duro anche in Serbia facendo
peggiorare le condizioni di vita dei cittadini. Così il
cinquantaquattrenne Tadic lo scorso maggio ha dovuto cedere al
ballottaggio all'eterno rivale Nikolic, nel frattempo approdato su
posizioni nazionaliste-moderate, mentre il suo Partito democratico ha
perso le elezioni legislative e si è ritrovato per la prima volta
all'opposizione dalla caduta di Slobodan Milosevic, nel 2000.
Il flop elettorale, che ha smentito i
sondaggi della vigilia, anche se in effetti era stato previsto da
autorevoli analisti, è costato anche il forte crollo di consenso
interno al partito e la leadership di colui che era considerato
l'erede naturale di Zoran Djindjic, il leader dell'opposizione
democratica a Milosevic, primo premier della Serbia democratica
assassinato nel 2003 da un killer al soldo della criminalità
politico-mafiosa legata al passato regime. Il favorito alla
successione di Tadic, secondo voci insistenti, sarebbe ora Dragan
Djilas, attuale sindaco di Belgrado (carica che nella nomenclatura
politica serba equivale alla terza carica dello Stato), e politico in
forte ascesa nella nuova leadership democratica.
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