Come lettura domenicale Passaggio a Sud Est propone oggi questa interessante analisi della situazione del Montenegro dal punto di vista della sua composizione etnica e culturale e delle influenze che questa ha sulla vita politica del Paese.
di Riccardo de Mutiis [*]
di Riccardo de Mutiis [*]
Il regionalismo, concetto che è stato
oggetto di diverse definizioni ed interpretazioni, può essere inteso
anche come rivendicazione della specificità di una determinata area
geografica e degli interessi della comunità che vi è insediata.
Diversi regionalismi convivono, e fatalmente confliggono, all’interno
di quasi tutti gli Stati del mondo: in altre parole la
contrapposizione tra nord e sud non è una esclusiva italiana. Gli
elementi che caratterizzano ogni regione sono sicuramente la natura
geografica, le vicende storiche ed il contesto socio-economico. E si
può senz’altro affermare che tra i primi due e l’ultimo esiste
un rapporto di causa ed effetto, nel senso che è proprio la natura
fisica del territorio, in uno con le vicende storiche che lo hanno
interessato, a determinare i caratteri socio economici della comunità
che vi vive.
A questa regola non sfugge nemmeno il più giovane Stato europeo, il Montenegro, sorto nel 2006 dalle ceneri dell’ex Jugoslavia. Anche nel Montenegro, infatti, vi è una evidente contrapposizione tra due regioni, quella interna e quella costiera. La zona interna, quella che i montenegrini definiscono il “nord” e costituiva il nucleo fondamentale sia dello stato montenegrino seicentesco dei principi vescovi che di quello dei Petrovic del XIX secolo, è caratterizzata geograficamente dalla presenza di una serie di alte ed impervie montagne che lo hanno isolato e quindi protetto dalle contaminazioni esterne: non a caso l’unica significativa dominazione subita da questo territorio, quella ottomana, è stata più breve e meno intensa che nel resto dei Balcani. E proprio la carenza di contatti con altri popoli , unita al fatto che il regime di occupazione di Bisanzio consentiva alle genti sottomesse di conservare le proprie abitudini , ha fatto sì che nel Montenegro interno le tradizioni delle origini, inclusa la sentita appartenenza alla chiesa ortodossa, si siano conservate fino ai giorni nostri.
Ben diversa la situazione sulla costa, non dotata di una protezione naturale come l’interno e quindi esposta ai contatti con quei popoli le cui flotte nel corso dei secoli hanno solcato il mare Adriatico ed il cui insediamento, soprattutto a Budva e Kotor, ha lasciato tracce evidenti nel tessuto socio culturale. L’appartenenza del Montenegro costiero alle province illiriche dell’impero romano a distanza di millenni non è stata dimenticata se è vero che Ivo Andric, nell’opera che gli è valsa il Nobel per la letteratura - Il ponte sulla Drina - definisce “maestri romani” gli scalpellini assunti per la costruzione del ponte, provenienti appunto dalla costa adriatica e guidate dal mastro Antonije di Dulcigno (l’odierna montenegrina Ulcinji). Ed il permanere di una certa relazione tra la civiltà romana e gli abitanti delle zone costiere è avvertito anche dai montenegrini dell‘interno, i quali, ancora oggi, definiscono i primi “lacmani”, parola intraducibile in italiano ma che richiama appunto il legame con la cultura latina.
La dominazione veneziana, poi, protrattasi per circa quattro secoli, è evidente soprattutto sotto il profilo architettonico: lo stile della Serenissima marca in modo inconfondibile gli stupendi centri storici di Budva e Kotor, i cui palazzi e le cui arcate sono spesso dominate dal leone di San Marco. La lunga presenza sulla costa occidentale dei veneziani, e quella successiva degli austro-ungarici, ha influito anche sulla situazione religiosa, lasciando in eredità una numerosa comunità cattolica, soprattutto a Kotor, in cui è particolarmente sentito il culto di San Trifone (Sveti Trifon), a cui è intitolata la più importante chiesa della città. Ed è interessante rilevare come la comunità cattolica della costa del Montenegro contigua al confine croato sia l’unica presente a sud est della Bosnia e sostanzialmente la sola in un’area caratterizzata dalla prevalenza ortodossa (Serbia, Bulgaria, Romania, Macedonia, Grecia) con isole musulmane (Kosovo ed Albania).
I caratteri geografici, poi, hanno influenzato anche l’ economia delle due diverse aree. La costa, soprattutto a partire dall'indipendenza, ha incentivato la sua vocazione turistica, presente anche ai tempi della Jugoslavia, ma allora non di fondamentale importanza, vista l’assenza all’epoca di un significativo flusso di turisti stranieri. Grazie ai massicci investimenti nel settore immobiliare, soprattutto di provenienza russa, la costa sta assurgendo a nuova meta del turismo internazionale. Infatti Budva ha ospitato, vincendo la concorrenza di più famose città europee, le tappe continentali dei tour musicali di cantanti come Madonna, Rolling Stones e Lenny Kravitz, Kotor, patrimonio mondiale Unesco, rappresenta lo scalo più importante dopo Venezia delle crociere nell’Adriatico, mentre Tivat si è dotata di un porto turistico all’avanguardia. Invece all’interno il carattere accidentato del territorio rende ancora oggi difficile l'esercizio di attività agricole e la programmazione economica dell’ex Jugoslavia aveva escluso iniziative di tipo industriale nell‘area: di conseguenza la popolazione maschile trovava il suo sbocco lavorativo soprattutto nella carriera militare e non a caso i vertici dell’Armata federale jugoslava ai tempi delle guerre di secessione croata e bosniaca erano prevalentemente montenegrini.
In sintesi, al Montenegro montuoso, tradizionale, chiuso alle influenze esterne, di rigida osservanza ortodossa e privo di strutture produttive di una certa importanza, si contrappone un Montenegro costiero, aperto alle contaminazioni esterne, con una significativa presenza cattolica, la cui industria turistica è in continua espansione. E proprio lo sviluppo turistico della costa, per il fatto di richiedere una forza lavoro che arriva in massima parte proprio dall’interno, appare un fenomeno in grado di facilitare l’integrazione tra le due comunità, le quali, a causa della difficoltà delle comunicazioni interne, della diversità del contesto socio-economico culturale e della diversità delle rispettive vicende storico politiche, ancora oggi non si comprendono del tutto l’un l’altra e forse nutrono delle diffidenze reciproche.
A questa regola non sfugge nemmeno il più giovane Stato europeo, il Montenegro, sorto nel 2006 dalle ceneri dell’ex Jugoslavia. Anche nel Montenegro, infatti, vi è una evidente contrapposizione tra due regioni, quella interna e quella costiera. La zona interna, quella che i montenegrini definiscono il “nord” e costituiva il nucleo fondamentale sia dello stato montenegrino seicentesco dei principi vescovi che di quello dei Petrovic del XIX secolo, è caratterizzata geograficamente dalla presenza di una serie di alte ed impervie montagne che lo hanno isolato e quindi protetto dalle contaminazioni esterne: non a caso l’unica significativa dominazione subita da questo territorio, quella ottomana, è stata più breve e meno intensa che nel resto dei Balcani. E proprio la carenza di contatti con altri popoli , unita al fatto che il regime di occupazione di Bisanzio consentiva alle genti sottomesse di conservare le proprie abitudini , ha fatto sì che nel Montenegro interno le tradizioni delle origini, inclusa la sentita appartenenza alla chiesa ortodossa, si siano conservate fino ai giorni nostri.
Ben diversa la situazione sulla costa, non dotata di una protezione naturale come l’interno e quindi esposta ai contatti con quei popoli le cui flotte nel corso dei secoli hanno solcato il mare Adriatico ed il cui insediamento, soprattutto a Budva e Kotor, ha lasciato tracce evidenti nel tessuto socio culturale. L’appartenenza del Montenegro costiero alle province illiriche dell’impero romano a distanza di millenni non è stata dimenticata se è vero che Ivo Andric, nell’opera che gli è valsa il Nobel per la letteratura - Il ponte sulla Drina - definisce “maestri romani” gli scalpellini assunti per la costruzione del ponte, provenienti appunto dalla costa adriatica e guidate dal mastro Antonije di Dulcigno (l’odierna montenegrina Ulcinji). Ed il permanere di una certa relazione tra la civiltà romana e gli abitanti delle zone costiere è avvertito anche dai montenegrini dell‘interno, i quali, ancora oggi, definiscono i primi “lacmani”, parola intraducibile in italiano ma che richiama appunto il legame con la cultura latina.
La dominazione veneziana, poi, protrattasi per circa quattro secoli, è evidente soprattutto sotto il profilo architettonico: lo stile della Serenissima marca in modo inconfondibile gli stupendi centri storici di Budva e Kotor, i cui palazzi e le cui arcate sono spesso dominate dal leone di San Marco. La lunga presenza sulla costa occidentale dei veneziani, e quella successiva degli austro-ungarici, ha influito anche sulla situazione religiosa, lasciando in eredità una numerosa comunità cattolica, soprattutto a Kotor, in cui è particolarmente sentito il culto di San Trifone (Sveti Trifon), a cui è intitolata la più importante chiesa della città. Ed è interessante rilevare come la comunità cattolica della costa del Montenegro contigua al confine croato sia l’unica presente a sud est della Bosnia e sostanzialmente la sola in un’area caratterizzata dalla prevalenza ortodossa (Serbia, Bulgaria, Romania, Macedonia, Grecia) con isole musulmane (Kosovo ed Albania).
I caratteri geografici, poi, hanno influenzato anche l’ economia delle due diverse aree. La costa, soprattutto a partire dall'indipendenza, ha incentivato la sua vocazione turistica, presente anche ai tempi della Jugoslavia, ma allora non di fondamentale importanza, vista l’assenza all’epoca di un significativo flusso di turisti stranieri. Grazie ai massicci investimenti nel settore immobiliare, soprattutto di provenienza russa, la costa sta assurgendo a nuova meta del turismo internazionale. Infatti Budva ha ospitato, vincendo la concorrenza di più famose città europee, le tappe continentali dei tour musicali di cantanti come Madonna, Rolling Stones e Lenny Kravitz, Kotor, patrimonio mondiale Unesco, rappresenta lo scalo più importante dopo Venezia delle crociere nell’Adriatico, mentre Tivat si è dotata di un porto turistico all’avanguardia. Invece all’interno il carattere accidentato del territorio rende ancora oggi difficile l'esercizio di attività agricole e la programmazione economica dell’ex Jugoslavia aveva escluso iniziative di tipo industriale nell‘area: di conseguenza la popolazione maschile trovava il suo sbocco lavorativo soprattutto nella carriera militare e non a caso i vertici dell’Armata federale jugoslava ai tempi delle guerre di secessione croata e bosniaca erano prevalentemente montenegrini.
In sintesi, al Montenegro montuoso, tradizionale, chiuso alle influenze esterne, di rigida osservanza ortodossa e privo di strutture produttive di una certa importanza, si contrappone un Montenegro costiero, aperto alle contaminazioni esterne, con una significativa presenza cattolica, la cui industria turistica è in continua espansione. E proprio lo sviluppo turistico della costa, per il fatto di richiedere una forza lavoro che arriva in massima parte proprio dall’interno, appare un fenomeno in grado di facilitare l’integrazione tra le due comunità, le quali, a causa della difficoltà delle comunicazioni interne, della diversità del contesto socio-economico culturale e della diversità delle rispettive vicende storico politiche, ancora oggi non si comprendono del tutto l’un l’altra e forse nutrono delle diffidenze reciproche.
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