Belgrado: protesta contro il Tpi (Foto Ap/Darko Vojinovic) |
Di Marina Szikora, corrispondente di
Radio Radicale
Dopo la sentenza del Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia dell'Aja
che ha assolto i generali croati, Ante Gotovina e Mladen Markač da
ogni responsabilita' per i crimini di guerra commessi durante
l'operazione Tempesta, non cessano le analisi i commenti e le
reazioni relativi alla questione. In questi giorni si sono potute leggere
anche le dichiarazioni di Nataša Kandić, direttrice del
Humanitarian Law Center di Belgrado, importante organizzazione non
governativa, e prestigiosa esponente della lotta per i diritti umani
in Serbia. A proposito della sentenza ai generali croati che in
Serbia ha provocato reazioni politico-emotive, Nataša Kandić ha
ricordato che il Tribunale dell'Aja ha pronunciato molte sentenze che
in Serbia, tranne che nei circoli estremisti, non hanno causato
particolari reazioni. Si e' aspettata, dice Kandić, reazioni anche
piu' forti a Belgrado, da manifestazioni fino alla rottura delle
relazioni con la Croazia. Ma secondo Kandić, le reazioni politiche
sono state comunque controllate e secondo lei questo ha a che fare
con il fatto di chi si trova al potere, vale a dire quelli che sono
responsabili per l'inizio della guerra e di quello che nel corso di
questa guerra e' accaduto. Sono responsabili, ha detto Kandić, di
12.000 vittime in Croazia, 10.500 in Kosovo e 95.000 in Bosnia Erzegovina e ha
aggiunto che nella Republika Srpska le formazioni militari non
avrebbero potuto commettere cosi' tanti crimini se non ci fosse stata
la partecipazione della Serbia. Oggi al potere in Serbia ci sono i
responsabili della difficile eredita' del passato e per questo la
loro reazione e' piu' modesta di quella che poteva portare la Serbia
nel caos e limitare notevolmente le relazioni regionali, ha
dichiarato la direttrice del HLC. Nataša Kandić ha menzionato anche
i nuovi atti di accusa per crimini di guerra in Croazia che il
procuratore serbo per i crimini di guerra, Vladimir Vukčević ha
annunciato subito dopo le sentenze dell'Aja. Secondo Kandić si
tratta di incriminazioni assolutamente politiche.
Al contrario di quanto dichiarato da
Nataša Kandić, le rezioni piu' dure da Belgrado si sono potute
sentire proprio in questi giorni quando uno forse si aspettava piu'
calma a mente fredda. Prima le dichiarazioni domenica scorsa
pronunciate durante la liturgia ortodossa a Belgrado da parte del
capo della chiesa ortodossa serba, il patriarca Irinej. "Con la
senteza di assoluzione ai generali croati il Tribunale dell'Aja ha
tolto la maschera e mostrato finalemtne che si tratta di un tribunale
politico, a cui mancano le principali norme giuridiche ed etiche, il
cui obiettivo e' quello di proclamare innocenti i colpevoli mentre le
vittime innocenti diventano colpevoli" ha detto Irinej
celebrando la liturgia nella principale chiesa ortodossa di Belgrado
dedicata alle vittime serbe degli anni novanta. Il patriarca serbo
ritiene che le sentenze hanno compromesso la giustizia e la legge e
che si tratta di interessi dei potenti di questo mondo e di questo
tempo. Secondo le sue parole, per la logica del Tribunale dell'Aja
nessuno deve rispondere di 200.000 persone cacciate via dalle loro
case e di migliaia di persone uccise. Ad ascoltarlo in chiesa anche
il premier serbo Ivica Dačić, il suo vice, Aleksandar Vučić, il
presidente del Parlamento serbo Nebojša Stefanović, ministri,
deputati e altri rappresentanti delle istituzioni statali. Come
riportato dai media serbi, il patriarca Irinej ha detto anche che la
Serbia rispetta l'Europa e vuole esserne parte, ma non a prezzo di
rinunciare alla sua terra santa, il Kosovo. Il capo della chiesa
ortodossa serba ha raccomandato quindi ai vertici serbi di realizzare
relazioni piu' strette possibili con la Russia, con il "grande
popolo fratello slavo, con il quale esiste un legame di sangue e di
fede". "Loro sono il nostro sostegno e speranza e sono
stati con noi ogni qualvolta ne abbiamo avuto bisogno, oggi abbiamo
bisogno di loro piu' che mai" ha rilevato Irinej.
In risposta a quanto afferamto dal
patriarca Irinej, il premier serbo Ivica Dačić ha detto invece che
oggi e' sicuro che l'attuale potere non consegnera' il Kosovo, ne'
tradira' il paese, ma la Serbia adesso non e' nella situazione di
tenersi il Kosovo poiche' il Kosovo e' gia' stato rapito. Commentando
inoltre le raccomandazioni del patriarca serbo di rifiutare
l'ingresso nell'Ue se cio' comporta il rinunciamento al Kosovo, Dačić
ha rilevato che la Serbia puo' dire di non voler aderire all'Ue ma
nemmeno allora il Kosovo non le verra' restituito. "Noi siamo
riusciti a tornare al tavolo dei negoziati e sarebbe completamente
sbagliato abbandonarlo adesso" ha detto il premier serbo. "La
Serbia va verso l'Ue, questa e' la nostra scelta perche' e' buono per
i cittadini della Serbia" ha ribadito Dačić. Il premier serbo
ha aggiunto che le buone relazioni con la Russia sono la priiorita'
ma esse si devono appena rafforzare e costruire a fin di utilizzare
l'autorita' della Federazione Russa. Per quanto riguarda l'azione militare
croata Tempesta, in sintonia con il patriarca ortodosso serbo, Dačić
e' dell'opinione che si tratti "di uno dei piu' grandi crimini
dopo la Seconda guerra mondiale" in cui sono state cacciate via
dalle loro case 200.000 persone e oltre migliaia di uccisi ma ha
indicato che la collaborazione con il Tribunale dell'Aja sara'
continuata. La sentenza di assoluzione a Gotovina e Markač, ha detto
Dačić, e' "uno schiaffo e suicidio" e ha rilevato che i
procuratori dell'Aja, Serge Brammertz e l'ex procuratore capo Carla
del Ponte hanno parlato di questa sentenza "con una dosi di
inaccettabilita'". Dačić ha aggiunto che la Serbia appoggera'
tutte le attivita' per trovare il modo legale che possa condananre i
crimini contro i serbi ed ha sottolineato che sarebbe meglio se i
generali croati fossero stati condannati almeno ad un giorno di
carcere piuttosto che essere assolti.
Il culmine delle accuse serbe è
arrivato con le dichirazioni del presidente della Serbia Tomislav
Nikolić. In una intervista per il giornale 'Kurir' rilasciata
lunedi' Nikolić afferma che le relazioni con la Croazia "paese
che festeggia il suo crimine" non vanno bene e il recente
appello del generale Ante Gotovina ai serbi profughi di ritornare in
Croazia ha qualificato come cinici. Nikolić ha precisato di aver avuto
grandi progetti per stabilire con la Croazia e la BiH buone relazioni
ma adesso la situazione con la Croazia non va bene. Ha accusato il
presidente croato Josipvić di "aver aspettato questa sentenza e
adesso vuole il dialogo: io in quanto presidente del popolo che aveva
commesso crimini e lui come presidente del popolo che non e'
condannato di nulla". Evidentemente, ha aggiunto Nikolić, con
un paese che glorifica i suoi crimini non potete collaborare
sinceramente, apertamente e cordialmente. Per quanto riguarda
l'invito di Gotovina ai serbi profughi di tornare in Croazia, il capo
dello stato serbo oltre a giudicarlo cinico si e' chiesto se Gotovina
forse vuole radunare i serbi per poterli nuovamente cacciare via e
uccidere? "Oso dire – e' questo il modo di comprendere la
verita', Dio e giustizia dei due popoli – quello serbo e quello
croato?" ha detto Nikolić paragonando la posizione serba e
croata verso i crimini. "Il popolo croato e' sulla via
sbagliata, un popolo che forse oggi fucilerebbe i suoi individui che
direbbero – fermatevi, si e' trattato di crimine" ha
proseguito Nikolić rilevando che non va bene che l'Ue non ha voluto
appesantire la Croazia con la sentenza contro i generali nel momento
del vicino ingresso del Paese nell'Ue. Infine, il presidente serbo ha
osservato che e' "maleducato tenere la Serbia da parte e
accogliere invece la Croazia nell'Ue".
"Non posso assolutamente credere
che tali dichiarazioni arrivano dal politico a capo di un paese che
vuole essere europeo" ha replicato subito il presidente croato
Ivo Josipović. "La Croazia si impegna per la riconciliazione e
costantemente abbassa la palla per terra, ma Nikolić evidentemente
vede diversamente la situazione. Queste prese di posizione non
contribuiscono a buone relazioni e alla riconciliazione. La Croazia
non cedera' ad un tale isterismo" ha detto fermamente Ivo
Josipović in replica al presidente della Serbia. A causa di tali
dichiarazioni di Nikolić, Josipović valuta che c'e' poco spazio per
ritirare le accuse per genocidio presentate davanti alla Corte di
giustizia. Per quanto riguarda l'osservazione di Nikolić che sarebbe
maleducato accogliere la Croazia nell'Ue, Josipović ha replicato che
"per fortuna su questo non decide Nikolić bensi' l'Ue e la
decisione sara' positiva". Nel caso di Gotovina e Markač il
Tribunale dell'Aja ha constatato che queste due persone non sono
responsabili per crimini di guerra commessi durante la guerra in
Croazia e che nell'operazione Tempesta non si e' trattato di una
impresa criminale congiunta. Sia il presidente croato che il
comunicato del Ministero degli esteri e affari europei croato,
rilasciato a proposito delle dichiarazioni del presidente Nikolić,
ribadiscono che cio' non significa negare i crimini che gli individui
hanno commesso sul territorio croato, sia dalla parte croata che
quella serba. Gli alti esponenti croati avevano sottolineato che né
i crimini, ne' i responsabili hanno nazionalita', anzi e' vero il
contrario: ogni autore di crimini, nonostante la nazionalita', verra'
punito per cio' che ha commesso.
[*] Il testo è tratto dalla corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud est andata in onda oggi a Radio Radicale
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