lunedì 22 novembre 2010

I BALCANI DA VUKOVAR A BRUXELLES


La definitiva pacificazione dei Balcani occidentali, premessa indispensabile per la loro integrazione nell'Unione Europea, passa inevitabilmente dal difficile, lungo e complesso cammino di riconciliazione dopo le tragedie delle guerre jugoslave degli anni '90. Croazia e Serbia, per merito dei rispettivi presidenti Ivo Josipovic e Boris Tadic, hanno compiuto recentemente passi importanti, ma molta strada resta ancora da fare, soprattutto per la Serbia che deve al più presto assicurare alla giustizia internazionale i due ultimi super latitanti Ratko Mladic e Goran Hadzic.
Qui di seguito la trascrizione della parte dedicata al tema della corrispondenza di Marina Szikora per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 20 novembre a Radio Radicale.

Il presidente serbo BorisTadic e quello croato Ivo Josipovic
in occasione del loro primo incontro il 24 marzo 2010

19 anni dopo la caduta di Vukovar
Quando si parla di collaborazione regionale e dell'impegno per la stabilita' nella regione, il maggiore passo ultimamente e' stato compiuto dalla Croazia e dalla Serbia per superare tutte le ferite ancora fortemente presenti come conseguenza della guerra di occupazione serba contro la Croazia. Ma giovedi', 18 novembre, tutta la Croazia si e' fermata in ricordo della piu' atroce vicenda di questa guerra, la caduta della citta' martire Vukovar. E proprio Vukovar e la fattoria Ovcara, nelle sue vicinanze sono stati i luoghi del recente incontro tra i due presidenti, Boris Tadic ed Ivo Josipovic per rendere omaggio alle vittime che ad Ovcara furono brutalmente uccise dalle forze serbe. E' stata la prima volta che un presidente della Serbia si e' inchinato davanti alle vittime porgendo scuse a nome del suo popolo che ha compiuto questi pesanti crimini di guerra e contro l'umanita'. Ma Vukovar e' tutt'ora una realta' in cui le conseguenze delle sofferenze sono ancora ben impresse nella memoria dei suoi cittadini e l'attesa convivenza e' ancora molto molto difficile. Mancano all'appello oltre mille persone scomparse e molti crimini aspettano ancora il giudizio contro gli esecutori. «Non c'e' pace senza giustizia» ha detto il presidente croato Ivo Josipovic che insieme alla premier Jadranka Kosor ha visitato nel giorno dell'anniversario della caduta di Vukovar anche Skabrnja, altro luogo di un massacro dei civili croati. Giovedi', in ogni canto della Croazia c'erano candele accese e rose rosse in memoria di Vukovar, della citta' e dei suoi abitanti che 19 anni fa subirono crimini inimmaginabili per mano degli agressori serbi. Quest'anno l'omaggio alla citta' ed agli eroi di Vukovar hanno reso circa 20 mila persone arrivate da tutta la Croazia. Nella tradizionale marcia hanno camminato 5,5 chilometri fino al Cimitero memoriale delle vittime della Guerra per la Patria. Nella marcia hanno preso parte anche il capo dello stato Ivo Josipovic, il presidente del Parlamento Luka Bebic, la premier Jadranka Kosor, il presidente della Conferenza episcopale croata Marin Srakic, nonche' ministri e deputati del Sabor mentre la marcia e' stata capeggiata dai membri della Societa' croata di prigionieri dei campi di concentramento serbi. Marciando, il presidente Josipovic ha detto che «Vukover e' stata grande nella sua vittima ma anche nella sua capacita' di perdonare». Ha sottolineato che il sacrificio di Vukovar e' qualcosa che il popolo croato custodira' per sempre nella sua memoria. «Ci ricordiamo con rispetto e ammirazione, ma al tempo stesso dobbiamo guardare al futuro per vedere come vivranno i giovani che vogliono rimanere in questa citta' – questo e' il messaggio odierno di Vukovar» ha detto il president del Parlamento Luka Bebic. La premier Jadranka Kosor ha ricordato che si rende omaggio a circa 1700 difensori croati e civili uccisi nella difesa di Vukovar nel 1991. «Ci ricordiamo di loro ma anche di circa 4000 feriti e circa 500 di coloro che si trovano ancora sulla lista di persone scomparse e tenute prigionieri» ha detto Kosor. L'ultimo comandante della difesa della citta' e della brigata di Vukovar, Branko Borkovic ha detto che dopo 19 anni dalla guerra «pare che sia arrivato finalmente il tempo in cui l'opinione pubblica croata pone le giuste domande sulla difesa di Vukovar». Ha valutato che ci si arrivera' di sicuro alla riconciliazione in Vukovar ma ne' piu' velocemente ne' piu' lentamente della riconciliazione tra, ad esempio, i francesi ed i tedeschi dopo la Seconda guerra mondiale.
Da ricordare che la lotta per Vukovar inizio' il 25 agosto 1991 quando l'ex esercito jugoslavo, JNA e le forze paramilitari serbe iniziarono l'attacco contro la citta'. La Vukovar assediata fu difesa da circa 1800 membri della guardia popolare croata e dalle forze di polizia nonche' da volontari arruolati nella brigata 204. dell'esercito croato. La difesa della citta' fu sconfitta il 18 novembre1991. La difesa di Vukovar contro le forze armat serbe durata sorprendentemente tre lunghi mesi e' la vicenda chiave della storia contemporanea croata poiche' i dati militari, politici ed internazionali testimoniano che senza Vukovar del 1991 non ci sarebbe stato lo stato attuale croato. Secondo le stime dell'ospedale di Vukovar, durante l'agressione e l'occupazione di Vukovar furono uccini o morirono circa 3600 difensori e civili. Circa 7000 difensori e civili croati furono portati nei campi di concentramento serbi mentre dalla citta' furono cacciati via circa 22.000 croati e altri non serbi. Sulla lista dei prigionieri e scomparsi nella Guerra per la Patria ci sono 310 persone della regione di Vukovar.

Skabrnja: un crimine senza giustizia
E sempre 19 anni fa, i membri dell'esercito jugoslavo e le forze paramilitari serbe, aiutate dall'aviazione, dai carri armati e dall'artiglieria del cosidetto corpo di Knin sconfissero la resistenza di difensori debolmente armati. Fu occupata cosi' Skabrnja. In questo luogo vennero uccise donne, bambini ed anziani. Durante l'occupazione durata diversi anni fino alla liberazione con l'operazione militare 'Tempesta' nel 1995 il numero delle vittime di Skabrnja aumento' ad 86. Altri sei abitanti di questo luogo morirono dopo la guerra a seguito di esplosioni di mine. Quest'anno per la prima volta alla commemorazione delle vittime di Skabrnja c'erano il presidente Ivo Josipovic e la premier Jadranka Kosor. Le rappresentanti dell'Associazione delle donne della guerra davanti alla chiesta di Santa Maria Vergine hanno collocato 86 sacchi neri con scritte di nomi delle vittime. Con questo gesto volevano avvisare i vertici dello Stato che per i crimini in questo piccolo luogo solo una persona, Zorana Banic, aveva scontato una perna carceraria di 6 anni. Nessuno di quelli che avevano ordinato questo crimine non sono stati portati mai davanti alla giustizia. I diciasette perpetratori di crimini sono stati invece accusati in contumacia ma nessuno di loro non e' ancora stato consegnato alla giustizia croata. Per questo motivo, in occasione della commemorazione, il presidente Josipovic ha detto ai tanti presenti che «non vi e' pace senza giustizia e che non basta che i crimini siano condannati in contumacia». «E' obbligo di tutti noi in Croazia che il crimine non sia dimenticato e la vittoria qui ottenuta e' la colonnna sulla quale bisogna costruire la pace» ha detto Josipovic. «Da Vukovar fino a Skabrnja, in 143 luoghi di fosse comuni stiamo ancora cercando 1024 difensori e civili», ha ricordato a Skabrnja la premier Jadranka Kosor.

Tribunale internazionale, Brammertz: Mladic molto probabilmente e' in Serbia
A proposito di crimini di guerra in ex Jugoslavia, il procuratore generale dell'Aja, Serge Brammertz ha dichiarato giovedi' all'Aja che il principale accusato del Tpi, Ratko Mladic o si nasconde con successo grazie ad una buona rete di sostenitori oppure la ricerca non e' abbastanza efficace, informa l'agenzia di stampa serba Beta. Brammertz ha detto ai giornalisti all'Aja di non pensare che oggi ci sono informazioni assolutamente affidabili sul luogo dove si trova Mladic e su chi e' quello che lo sostiene. «Se si nasconde, e' chiaro che non lo puo' fare da solo e che ci sia qualcuno ad aiutarlo. La domanda e' se si nasconde dalle mani della giustizia con successo e se ha una rete di sostenitori oppure la caccia al ricercato non e' sufficiente» ha detto il procuratore dell'Aja. Brammertz ha sottolineato che non c'e' dubbio che la chiave della soluzione e l'arresto dei super ricercati, Mladic e Hadzic, si trovi a Belgrado, che molto probabilmente loro si trovano in Serbia ma che c'e' sempre anche la possibilita' che Mladic e Hadzic non siano in Serbia. Considerando il fatto che Mladic e' un generale, Brammertz ha affermato che c'e' senso indagare sul possibile sostegno da parte delle strutture militari e di sicurezza, ma che non ci sono dati concreti a confermarlo. Il procuratore generale dell'Aja ha sottolineato che si e' mancato all'occasione di catturare Mladic nel 2006 e che in base alle informazioni disponibili si e' fallito in questa occasione volutamente. Secondo Brammertz e' molto importante che contro la rete di sostenitori ci sia un processo penale che servira' a rafforzare la pressione sugli ultimi due latitanti dell'Aja. Il procuratore capo ha aggiunto che rimarrebbe «una macchia scura» nell'eredita' del Tribunale dell'Aja se Mladic e Hadzic non saranno catturati e portati davanti alla giustizia.
Mercoledi', Brammertz ha inviato al Consiglio di Sicurezza dell'Onu il suo rapporto sulla collaborazione della Serbia con il Tribunale dell'Aja, scrive il quotidiano di Belgrado 'Blic'. L'informazione arriva dallo stesso Brammertz che presentera' il rapporto ufficialmente il prossimo 6 dicembre. Il procuratore generale ha precisato che il suo rapporto e' la continuazione di quanto elaborato lo scorso giugno con in piu' le raccomandazioni su come migliorare le azioni di ricerca dei fuggitivi. Brammertz ha spiegato inoltre che il rapporto inviato al Consiglio di sicurezza e' stato finalizzato a seguito della sua visita lunedi' a Belgrado ma non specifica nessun detaglio relativo al documento. Il capo dell'Ufficio del governo serbo per la collaborazione del Tribunale dell'Aja, Dusan Ignatovic ha detto per l'agenzia Tanjug, che anche se non ha avuto modo di leggere il rapporto, non si aspetta che questo documento sara' notevolmente diverso rispetto a quello precedente.
Nella sua valutazione sulla situazione relativa a Mladic, Brammertz ha sottolineato che tutti si aspettavano che dopo l'arresto di Radovan Karadzic, anche l'ex generale serbo bosniaco Mladic sarebbe stato arrestato presto. Ma da allora sono passati due anni e mezzo e ci deve essere una ragione perche' cio' non e' ancora avvenuto ha detto Brammertz aggiungendo che Mladic e' stato rivisto per l'utima volta in Serbia nel 2006.
                                                   

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