Nel quasi totale disinteresse della
grande stampa internazionale centinaia di detenuti curdi stanno
conducendo uno sciopero della fame, alcuni sin dal 12 settembre, in
decine di carceri della Turchia Chiedono al governo di avviare
trattative con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), di
potersi difendere nella propria lingua madre, il diritto
all’istruzione in lingua curda e che il loro leader Abdullah Ocalan
(che dal 1999 è detenuto sull'isola di Imrali, in mezzo al Mar di
Marmara) posssa finalmente incontrare i suoi avvocati mettendo così
fine all'isolamento che dura ormai da più di 14 mesi. Fra i detenuti
in sciopero ci sono anche alcuni dirigenti del Bdp, il Partito curdo
per la democrazia e la pace e che in questo momento conta dietro le
sbarre 30 sindaci, 6 deputati e 56 membri del consiglio direttivo,
accusati di essere fiancheggiatori dei guerriglieri del Pkk.
Amnesty International è intervenuta
dopo che nei giorni scorsi erano circolate notizie secondo le quali i
detenuti in sciopero della fame nelle carceri di Silivri e Sakran
erano stati posti in isolamento e che in quella di Tekirdag le
guardie carcerarie avrebbero sottoposto a maltrattamenti quelli che
stanno prendendo parte alla protesta. Secondo le denunce, le autorità
penitenziarie avrebbero inoltre, in alcuni casi, limitato l'accesso
all'acqua, allo zucchero e alle vitamine con cui i prigionieri si
garantiscono la sopravvivenza. Lo sciopero della fame, ha ricordato
Amnesty, è una protesta pacifica e le autorità turche devono
rispettare il diritto alla libertà d'espressione dei prigionieri,
compreso quelli di avvalersi di questa forma di lotta. Per questo
chiede che non vengano prese sanzioni nei confronti dei detenuti in
sciopero della fame e che sia rispettato il divieto assoluto di
tortura e di altri maltrattamenti. Amnesty chiede inoltre che i
detenuti abbiano accesso a cure mediche qualificate e che siano
avviate indagini approfondite ed imparziali su punizioni e
maltrattamenti che sarebbero stati inflitti ai detenuti in sciopero
della fame.
Il governo turco, da parte sua, ha
chiesti ai detenuti curdi di interrompere la loro protesta, senza
però indicare l'intenzione di discutere le loro richieste. Il
ministro della Giustizia, Sadullah Ergin, si è recato in visita al carcere di
Sincan, alla periferia di Ankara, incontrando i detenuti in sciopero
della fame. Il ministro ha poi dichiarato che il governo è al lavoro
per "fare in modo che questo genere di azioni non siano più
necessarie in Turchia", ma senza spiegare se intende rispondere
alle rivendicazioni. Intanto, sabato scorso si sono aggravate le
condizioni di quattro detenute in sciopero della fame da oltre un
mese e mezzo: il loro corpo comincia a rifiutare ora anche i liquidi.
Nonostante ciò hanno dichiarato di voler continuare la protesta, una
scelta che potrebbe diventare senza ritorno. Per questo
intellettuali, scrittori e attori come Sezen Aksu, Yasar Kemal, Rakel
Dink e Ipek Çalisar chiedono alle autorità di rispondere prima che
sia troppo tardi.
purtroppo l'Italia si è accodata alla politica europea per quanto riguarda la Turchia..pochi giorni fa ho postato un mio articolo per Osservatorioiraq.it sulla drammatica situazione dei prigionieri politici curdi http://www.osservatorioiraq.it/turchia-il-gigante-dai-piedi-dargilla
RispondiEliminaIo direi piuttosto che l'Unione Europea ha perso l'occasione storica dell'adesione della Turchia che avrebbe avuto effetti positivi sulla questione curda e sull'evoluzione democratica interna. Purtroppo l'attuale classe politica europea manca del tutto di quella capacità di "visione" che seppero invece avere i "padri fondatori" dell'Ue dopo la seconda guerra mondiale.
RispondiEliminaGrazie per la segnalazione del post.