mercoledì 31 ottobre 2012

TURCHIA: CENTINAIA DI DETENUTI CURDI IN SCIOPERO DELLA FAME NEL SILENZIO DEI MEDIA

Nel quasi totale disinteresse della grande stampa internazionale centinaia di detenuti curdi stanno conducendo uno sciopero della fame, alcuni sin dal 12 settembre, in decine di carceri della Turchia Chiedono al governo di avviare trattative con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), di potersi difendere nella propria lingua madre, il diritto all’istruzione in lingua curda e che il loro leader Abdullah Ocalan (che dal 1999 è detenuto sull'isola di Imrali, in mezzo al Mar di Marmara) posssa finalmente incontrare i suoi avvocati mettendo così fine all'isolamento che dura ormai da più di 14 mesi. Fra i detenuti in sciopero ci sono anche alcuni dirigenti del Bdp, il Partito curdo per la democrazia e la pace e che in questo momento conta dietro le sbarre 30 sindaci, 6 deputati e 56 membri del consiglio direttivo, accusati di essere fiancheggiatori dei guerriglieri del Pkk.

Amnesty International è intervenuta dopo che nei giorni scorsi erano circolate notizie secondo le quali i detenuti in sciopero della fame nelle carceri di Silivri e Sakran erano stati posti in isolamento e che in quella di Tekirdag le guardie carcerarie avrebbero sottoposto a maltrattamenti quelli che stanno prendendo parte alla protesta. Secondo le denunce, le autorità penitenziarie avrebbero inoltre, in alcuni casi, limitato l'accesso all'acqua, allo zucchero e alle vitamine con cui i prigionieri si garantiscono la sopravvivenza. Lo sciopero della fame, ha ricordato Amnesty, è una protesta pacifica e le autorità turche devono rispettare il diritto alla libertà d'espressione dei prigionieri, compreso quelli di avvalersi di questa forma di lotta. Per questo chiede che non vengano prese sanzioni nei confronti dei detenuti in sciopero della fame e che sia rispettato il divieto assoluto di tortura e di altri maltrattamenti. Amnesty chiede inoltre che i detenuti abbiano accesso a cure mediche qualificate e che siano avviate indagini approfondite ed imparziali su punizioni e maltrattamenti che sarebbero stati inflitti ai detenuti in sciopero della fame.

Il governo turco, da parte sua, ha chiesti ai detenuti curdi di interrompere la loro protesta, senza però indicare l'intenzione di discutere le loro richieste. Il ministro della Giustizia, Sadullah Ergin, si è recato in visita al carcere di Sincan, alla periferia di Ankara, incontrando i detenuti in sciopero della fame. Il ministro ha poi dichiarato che il governo è al lavoro per "fare in modo che questo genere di azioni non siano più necessarie in Turchia", ma senza spiegare se intende rispondere alle rivendicazioni. Intanto, sabato scorso si sono aggravate le condizioni di quattro detenute in sciopero della fame da oltre un mese e mezzo: il loro corpo comincia a rifiutare ora anche i liquidi. Nonostante ciò hanno dichiarato di voler continuare la protesta, una scelta che potrebbe diventare senza ritorno. Per questo intellettuali, scrittori e attori come Sezen Aksu, Yasar Kemal, Rakel Dink e Ipek Çalisar chiedono alle autorità di rispondere prima che sia troppo tardi.


2 commenti:

  1. purtroppo l'Italia si è accodata alla politica europea per quanto riguarda la Turchia..pochi giorni fa ho postato un mio articolo per Osservatorioiraq.it sulla drammatica situazione dei prigionieri politici curdi http://www.osservatorioiraq.it/turchia-il-gigante-dai-piedi-dargilla

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  2. Io direi piuttosto che l'Unione Europea ha perso l'occasione storica dell'adesione della Turchia che avrebbe avuto effetti positivi sulla questione curda e sull'evoluzione democratica interna. Purtroppo l'attuale classe politica europea manca del tutto di quella capacità di "visione" che seppero invece avere i "padri fondatori" dell'Ue dopo la seconda guerra mondiale.
    Grazie per la segnalazione del post.

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