giovedì 25 ottobre 2012

A JOSIPOVIĆ E TADIĆ IL PREMIO EUROPEO PER LA TOLLERANZA E LA RICONCILIAZIONE

Il Consiglio europeo per la tolleranza e la riconciliazione (Ectr), presieduto dall'ex presidente polacco Aleksander Kwasniewski, ha conferito il prestigioso riconoscimento all'attuale presidente croato e all'ex presidente serbo per “aver contribuito alla verità, alla tolleranza e alla riconciliazione”, nonché per “aver riconosciuto pubblicamente ed espresso scuse per le sofferenze provocate dai cittadini dei loro Stati”. La motivazione del premio sottolinea anche che le storiche visite e le parole pronunciate dei due presidenti in quelle occasioni hanno “rafforzato la base per lo sviluppo di una cultura della memoria e della tolleranza nell'Europa sudorientale e le fondamenta per la futura democratizzazione e riconciliazione”.Il riconoscimento è stato consegnato al presidente croato e all'ex presidente serbo lo scorso 16 ottobre in una cerimonia al Parlamento Europeo a Bruxelles. Nella puntata di Passaggio a Sud Est della scorsa settimana, per motivi di tempo e spazio, non abbiamo potuto parlare di questo evento che ha una sua indubbia importanza per l'Europa sudorientale e per la regione balcanica. A Bruxelles si sono sentite in effetti molte belle parole sui due leader per come hanno promosso il processo di riconciliazione delineando un nuovo cammino nelle relazioni tra Croazia e Serbia. Gli indirizzi che sembra voler prendere la nuova leadership di Belgrado sembrano però mettere a rischio questa linea.

Josipovic e Tadic ricevono il premio al Parlamento Europeo (Foto Afp/Pixsell)

Di Marina Szikora [*]
Dopo otto anni di incarico presidenziale in Serbia, come sappiamo, Boris Tadić ha perso sia le elezioni presidenziali che quelle parlamentarei. Ora si e' in attesa delle prossime elezioni nel suo partito, il Partito Democratico che per lui potrebbero essere un'altra sconfitta. Va precisato che Tadić si trova alla guida del Pd da quando e' stato ucciso il suo predecessore, l'ex premier Zoran Đinđić. Tempi quindi non facili per il leader serbo che in tutti questi anni e' stato visto dall'Occidente come la maggiore voce proeuropea in Serbia. Alla fine della cerimonia al Parlamento Europeo, Tadić ha rilasciato una lungaintervista al quotidiano croato 'Večernji list'.

Secondo l'ex presidente della Serbia, molte parole pronunciate ultimamente dall'attuale leadership serba non sono per niente incoraggianti. Tadić spera pero' che si tratti di un iniziale posizionamento della nuova leadership politica in Serbia e una ricerca di identita' specifica dopo aver assunto i nuovi incarichi. Ha giudicato particolarmente pericolose le parole dell'attuale premier Ivica Dačić, alcune delle quali mettono in questione il futuro europeo della Serbia. La Serbia, afferma Tadić, potrebbe trovare una nuova destinazione politica ed e' questo che lo impaurisce maggiormente. Se i suoi avversari politici continueranno la via europea della Serbia, allora anche la politica da lui iniziata avra' successo, in caso contrario, il patrimonio lasciato sara' negativo, precisa l'ex presidente serbo. "Il mio impegno dipende dai miei avversari. Molto strana e' la natura della politica", dice Tadić.

Alla cerimonia di consegna di questo riconoscimento europeo a Ivo Josipović e Boris Tadić, il presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, ha detto che grazie all'ex presidente la Serbia ha ottenuto lo status di candidato. Adesso, nel nuovo rapporto della Commissione europea sull'avanzamento della Serbia, Belgrado non ha ottenuto la data dell'inizio dei negoziati di adesione. "Večernji list" ne ha chiesto il perche' a Tadić il quale indica che negli ultimi dodici anni la Serbia ha avuto delle accelerazioni e dei rallentamenti sul cammino europeo. E' un paese diverso dai suoi vicini perche', secondo Tadić, ha avuto due grandi pesi. All'inizio, come la Croazia, lo era la collaborazione con il Tribunale dell'Aja, ma anche il problema del Kosovo che e' internazionalizzato. Nessun paese nella regione, afferma Tadić, ha avuto un tale problema. E se si aggiunge la dissoluzione della federazione tra Serbia e Montenegro, i rallentamenti, e' l'opinione dell'ex presidente serbo, sono stati naturali.

"Una specie di rilassamento, l'inespressa responsabilita' per non aver ottenuto una data rapita per i negoziati, e' qualcosa che mi preoccupa molto", afferma Tadić e aggiunge che non lo dice soltanto per la Serbia ed i suoi cittadini ma per tutta la regione balcanica. Per quanto riguarda le ultime affermazioni del presidente Nikolić che l'Ue non sara' piu' l'obiettivo per la Serbia se la condizione sara' il riconoscimento del Kosovo, l'ex capo dello stato serbo osserva che nemmeno lui, quando e' stato presidente, era pronto a riconoscere l'indipendenza di Priština ma bisogna far di tutto affinche' la Serbia con riforme profonde e qualitative dimostri perfino a quei paesi che insistono sul riconoscimento del Kosovo, che la Serbia e' necessaria all'Ue come fattore di stabilita' e di sviluppo della regione molto di piu' rispetto ad un formale atto di riconoscimento di uno stato nuovo che non ha i presupposti fondamentali per la stabilita'. Quindi, e' l'opinione di Tadić, le dichiarazioni di Nikolić sono inutili alla Serbia e perfino pericolose per il popolo serbo. Dall'altra parte vanno a favore proprio di quelli che si oppongono all'allargamento perche' cosi' hanno una ottima spiegazione del perche' la Serbia non dovrebbe ottenere la data dell'apertura dei negoziati.

Tadić ha rilevato anche che se un popolo viene definito con una politica nazista, allora cio' significa dire che tutti i cittadini di questo popolo sono nazisti. Un popolo, ha sottolineato Tadić, non puo' essere criminale, ma lo sono sempre gli individi. L'allusione, nuovamente, è alle dichiarazioni della attuale leadership serba che accusa gli sconfitti della Seconda guerra mondiale e autori dei crimini di guerra nazisti, i tedeschi, di essere oggi i principali a condizionare ed ostacolare l'ingresso della Serbia nell'Ue. "Se voi oggi definite un popolo con la politica nazista della Seconda guerra mondiale, allora dite che tutti gli appartenenti a questo popolo, il popolo stesso, sono nazisti. Primo, sappiamo che un popolo non puo' essere criminale, ma lo sono sempre gli individui. Dall'altra parte, con questo, in effetti, trasportate il peso delle accuse anche sul popolo serbo, per i crimini commessi a Srebrenica, Vukovar ed altrove. E non solo sul popolo serbo, ma anche su quello croato e bosgnacco per i crimini che avevano commesso i rappresentanti di questo popolo. Queste dichiarazioni.... hanno un effetto distruttivo... Ivica Dačić nemmeno per sogno poteva immaginarsi di fare simili dichiarazioni quando faceva parte della precedente coalizione, mentre adesso evidentemente ha trovato lo spazio di manovra in cui pensa di poter dire quello che gli pare", critica fermamente l'ex presidente della Serbia.

Tornando al premio ricevuto dal Consiglio europeo per la tolleranza e la riconciliazione, Tadić ha ricordato il momento in cui, con il suo collega croato Ivo Josipović, si e' recato a Vukovar per esprimere scuse e parole di cordoglio per i crimini che sono stati commessi: "I nostri rapporti sono intrecciati, anche se molti credono che si tratti di una circostanza sbagliata. Ma e' cosi', anche se abbiamo il diritto ad identita' diverse ed esistenza indipendente, il che e' buono ed utile in questo momento. Ma la cosa piu' insensata che ci può accadere e' di compiere crimini gli uni contro gli altri. Questo e' qualcosa di cui mi vergogno personalmente anche se non ho contribuito nemmeno per un istante a questi crimini". Tadić racconta che a Vukovar pero' non ha vissuto quello che ha dovuto subire a Srebrenica. Alcune delle madri di Srebrenica, nel loro dolore, gli andavano incontro accusandolo di essere un assassino. "A Srebrenica ci sono state parole pesanti. Non accuso nessuno perche' so che la mia missione in quanto presidente della Serbia era quella. L'ho fatto perche' lo ritenevo mio dovere. E tutti lo hanno se qualcuno, a nome del suo popolo, ha commesso dei crimini. Nemmeno oggi in Serbia mi capiscono", spiega Tadić ricordando il momento in cui da presidente della Serbia si e' recato a Srebrenica.

Secondo l'ex presidente serbo l'Ue sta affrontando difficolta' sul piano interno, di natura economica, soprattutto collegate con la politica macroeconomica e il consolidamento del deficit di bilancio in quasi ogni singolo paese europeo. Questo produce tensioni interne. I cittadini in questi paesi, prosegue Tadić, non guardano con entusiasmo al processo di allargamento il che non succedeva negli anni novanta, soprattutto dopo il 2000 quando molti paesi hanno aderito all'Ue senza che i criteri di adesione fossero completamente adempiuti. Da qui l'inasprimento dei criteri per i paesi che hanno aspirazioni all'adesione. La Serbia e' tra questi paesi. Dall'altra parte, osserva Tadić, in Serbia vi e' stata tutta una serie di dichiarazioni completamente irresponsabili da parte dei funzionari dello Stato. Sono stati compromessi i criteri per trattare i criminali di guerra, poi il cammino della Serbia verso l'Ue con posizioni che la Serbia non si apprestera' verso l'adesione e questo e' contro gli interessi dei cittadini della Serbia. Per quanto riguarda la coalizione nell'ex governo con i socialisti, Tadić spiega che se non ci fosse stata la riconciliazione con i socialisti, non ci sarebbe stato il Governo del 2008 e la Serbia sarebbe precipitata in una forma politica piu' che aggressiva e che sicuramente non avrebbe portato alla riconciliazione nella regione bensi' a nuove tensioni. Non ci sarebbe stato nemmeno lo status di candidato all'adesione. Infine, sulla necessita' di relazioni di buon vicinato con il Kosovo e la richiesta di rispetto dell'integrita' territoriale del Kosovo, Tadić e' dell'opinione che le posizioni politiche si dovevano esprimere diversamente e non parlare di divisione del Kosovo.

Alla domanda sul proprio partito, il Partito Democratico e sul suo futuro, Tadić ritiene che esso sia l'unica forza politica in grado di cambiare la societa' serba nonostante gli errori commessi. Il Partito Democratico deve avere un orientamento ideologico chiaro e un obiettivo chiaro. "Non insisto su me stesso come presidente del PD bensi' sulla missione del partito che non deve essere cambiata ma esiste il pericolo che cio' accada", conclude Tadić l'intervista al quotidiano croato 'Večernji list".

[*] Corrispondente di Radio Radicale. Il testo è la trascrizione di parte della corrispondenza andata in onda nella puntata odierna di Passaggio a Sud Est


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