e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.
Questo testo, molto conosciuto e molto
citato, viene spesso attribuito a Bertolt Brecht, ma l'autore è
invece il teologo e pastore protestante tedesco, Martin Niemöller,
che fu inizialmente favorevole a Hitler, ma cominciò in seguito ad
opporsi fino a quando, nel 1937 fu arrestato dalla Gestapo. Sopravvissuto a otto anni di prigionia in vari campi di concentramento, tra cui Sachsenhausen
e Dachau, dopo la guerra si impegnò per
la pace e la riconciliazione.
L'origine esatta della composizione non
è chiara. Il testo originale non fu mai fissato e lo stesso
Niemöller lo usava nei suoi discorsi e sermoni variandolo secondo la
necessità del momento. Questa sua caratteristica e la struttura
sintetica e flessibile ha permesso di variare e adattare facilmente i
soggetti citati adattandoli all’occasione. Ma al di là delle sue
versioni, ciò che conta è ciò che vuole dire.
L'apatia politica e intellettuale è la
migliore alleata di chi vuole imporre un pensiero unico e
totalitario a scapito di chi la pensa diversamente e dei gruppi etnici e sociali che di volta in volta
sono individuati come capri espiatori e additati come nemici, soprattutto
nei periodi incertezza, di crisi e di timore diffuso per il futuro.
E' questo che ha consentito i pogrom e i genocidi che hanno
costellato il XX secolo.
E' accaduto. Siamo davvero sicuri che
non possa accadere ancora?
E se la prossima volta toccasse a noi?
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