di Luca Leone, giornalista e scrittore
Le elezioni amministrative bosniache
hanno confermato in sella chi già amministrava prima. Nulla di
fatto, dunque, e un’altra occasione sprecata per mandare a casa
ladri, corrotti e incapaci di tutti e tre i partiti nazionalisti. A
candidarsi per questa tornata erano stati oltre tremila aspiranti
amministratori, appartenenti a un’ottantina di partiti.
Un’aberrazione per un Paese in cui sono state chiamate alle urne
solo 3,2 milioni di persone. La maggioranza delle quali non è andata
a votare, poiché il 44 per cento degli aventi diritto ha deciso di
restare a casa domenica 7 ottobre, lanciando un messaggio chiarissimo
alla politica. Messaggio che, come in tutti i Paesi del mondo, non
sarà naturalmente colto, poiché l’obiettivo dei nazionalisti
bosniaci delle tre parti non è quello di riavvicinare il Paese alla
politica ma quello di papparsi il Paese tenendo più lontani
possibile i cittadini dalla politica. Anzi, la stampa internazionale
ha fatto la fila per “bersi” e diffondere la velina del potere
bosniaco per la quale l’affluenza alle urne sarebbe addirittura
superiore a quella della tornata amministrativa precedente, essendo
passata dal 55 al 56 per cento. Davvero un dato significativo su una
popolazione di dimensioni così limitate… senza contare che una
parte dei voti sono stati espressi per corrispondenza dall’estero,
e quindi sono difficilmente controllabili in sede di spoglio.
È vero che il tasso di astensionismo è
alto ormai in tutte le democrazie cosiddette occidentali, ma la
Bosnia non è certamente classificabile come tale, al livello magari
degli Stati Uniti. La Bosnia è anzi una “democrazia giovane”, in
cui normalmente il tasso di partecipazione al voto dovrebbe essere
molto alto. Invece… Il tasso di astensionismo è un sintomo
chiarissimo di disaffezione e di sfiducia e la percentuale sarebbe
stata molto più alta se in alcune città, come Visoko (dove tanto –
e inutilmente – si è parlato della neoeletta sindaco musulmana
Amra Babic, la prima donna sindaco con la hijab, o velo, della
Bosnia) e Srebrenica, la chiamata alle urne non avesse assunto i toni
di una specie di assurda crociata per tutte le parti coinvolte.
Nessuno dei partiti nazionalisti ha
ricevuto 1.400.000 voti puliti, pari al numero di bosniaci che non è
andato a votare a queste amministrative. Questo è il dato più
significativo di questa tornata elettorale, che allontana sempre di
più i bosniaci dalla politica e la Bosnia dall’Europa. I posti che
dovevano essere assegnati ai raccomandati sono stati assegnati,
ancora una volta la missione è stata condotta a termine e i soldi
dei cittadini per i prossimi cinque anni potranno essere dragati
nelle tasche di quelli che, in nome del partito, una poltrona la
devono avere per forza. Facile ora dare la colpa alla legge
elettorale e alla frammentazione, entrambe figlie della volontà dei
partiti nazionalisti, che potrebbero in qualsiasi momento, numeri
alla mano e magari con l’aiuto dei deludenti socialdemocratici,
mettere mano alla legge elettorale e approvarne una nuova di pacca,
più funzionale, meno dispendiosa e capace di cambiare finalmente il
volto del Paese in bene. Ma perché i nazionalisti dovrebbero
suicidarsi?
Il secondo dato significativo di questa
tornata elettorale amministrativa è stato la lentezza, a tratti
sospetta, degli spogli. Troppo tempo, davvero, per conteggiare così
pochi voti. Troppo tempo per una democrazia presunta o di facciata.
Il che equivale a troppi sospetti.
Il terzo e ultimo dato è che non è
cambiato niente. E questo è l’aspetto più preoccupante, poiché
l’immobilismo politico di un Paese terribilmente corrotto e
litigioso – e in bancarotta – rischia di precipitare
definitivamente la Bosnia nel baratro della crisi economica.
Quest’ultima non è detto che non faccia comodo a chi, come i
nazionalisti serbo-bosniaci e quelli croato-bosniaci, da anni
sostiene che il Paese non abbia futuro, motivando così la loro
volontà di prendere altre strade. È evidente che non è la Bosnia a
non avere chance per andare avanti ma sono i politicanti nazionalisti
bosniaci ad adoperarsi da anni affinché il Paese non possa camminare
con le sue gambe. Non è esattamente la stessa cosa, anzi è molto
diverso, decisamente diverso.
Un ultimo dato va sottolineato, in
chiusura, ma in realtà si tratta del dato più rilevante: le
elezioni amministrative bosniache del 2012 sono coincise con la
chiusura di tutta una serie di musei e centri culturali che non hanno
più ricevuto finanziamenti per il veto incrociato dei partiti
nazionalisti in parlamento. I sacrifici, pagati in guerra col sangue
e nel dopoguerra con ritardi mostruosi nel pagamento degli stipendi,
di tanti uomini e donne per salvare il patrimonio culturale nazionale
sono definitivamente naufragati e simbolo ne è la chiusura con due
assi incrociate e inchiodate di molte porte di quelli che una volta
erano musei. Per i nazionalisti – figli e figliocci di quelli che
hanno bruciato i libri durante la guerra – questa è senz’altro
una nuova vigliacca medaglia da appuntarsi al bavero della giacca,
perché la cultura è uno degli elementi unitari e identitari
basilari per permettere ai bosniaci di dichiararsi tali; per i
cittadini normali si tratta di un’onta durissima da lavare, di una
vergogna nazionale, di un calcio in faccia alla speranza di un futuro
migliore per la quale in tanti hanno lottato e in molti sono anche
morti.
Questa è forse la vergogna più grande
dei nazionalisti bosniaci, a parte il fatto che stanno devastando
economicamente il Paese: stanno prosciugando le energie di tutti con
vigliaccate d’ogni genere per perseguire i loro obiettivi di
appropriazione, divisione e potere. E chi non se ne accorge e non lo
denuncia, fa semplicemente il loro gioco. Ma in tutto questo, non
dimentichiamo che siamo terribilmente vicini, e che italiani e
bosniaci non sono poi così differenti. La domanda finale allora è:
in questo sfacelo bosniaco che sa di sfacelo italiano, e viceversa,
quanto veramente è lontana l’Italia dell’ultimo ventennio da un
nero futuro come quello che i nazionalisti stanno costruendo,
tassello su tassello, per la Bosnia?
Per informazioni: Infinito Edizioni
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