In gergo sportivo si potrebbe dire che Djukanovic ha vinto ma non ha convinto: “Montenegro Europeo”, la coalizione di cui è leader, ha preso il 45% dei voti, ma per la prima volta dal 2001 non ha la maggioranza assoluta del parlamento di Podgorica e perde circa 9 punti rispetto alle
elezioni del 2009. All'opposizione, il risultato
del “Fronte Democratico”, che proponeva come candidato Miodrag Lekić, ex- ambasciatore jugoslavo ed ex-docente universitario alla Luiss di Roma, ha avuto un successo superiore alle aspettative.
I partiti delle minoranze nazionali
diventano decisivi per determinare la maggioranza di governo che guiderà il Montenegro nei prossimi quattro anni nei quali si svolgeranno i negoziati per l'adesione all'Unione Europea.
Nella precedente legislatura queste formazioni avevano dato l’appoggio esterno al governo ed è probabile che sarà così anche ora con la differenza che il solo Partito Bosgnacco, con i suoi 3 seggi, garantirebbe la
maggioranza alla coalizione di Djukanovic e potrebbe diventare l’ago della bilancia.
"Nella mancata conferma della maggioranza assoluta socio-demo-liberale,
ma soprattutto nel buon risultato del Fronte Democratico e di altre
forze d’opposizione", scrive Sasso, "si può leggere un segnale di avvertimento (ancorché timido) verso il dominio incontrastato di Milo Djukanović", anche se bisogna riconoscere che, nell’Europa della
crisi, quella di Djukanovic "è una delle pochissime coalizioni di governo uscenti
capaci di riconfermarsi alla guida di un paese".
Dunque, Djukanović è ancora in sella ma dovrà riconquistare
la fiducia dei cittadini che "non appare piu’
incondizionata. dopo le proteste degli ultimi mesi e il responso delle
urne".
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