Il clamore suscitato dalle esequie per
Erik Priebke ha messo nell'ombra una notizia che invece secondo me
meriterebbe un po' di attenzione. Si tratta delle indagini avviate
dalla procura militare di Roma nei confronti di ex militari tedeschi,
ma anche italiani, responsabili di crimini di guerra compiuti nei
Balcani, in particolare in Grecia e in Albania, durante la seconda
guerra mondiale. La conferma è stata data dallo stesso procuratore
militare, Marco De Paolis, che però ha anche precisato che "non
ci sono allo stato indagati", limitandosi a dire che queste
nuove inchieste dimostrano che "l'attivita' investigativa
continua, nonostante il lungo tempo trascorso dai fatti, a 360 gradi: non solo nei confronti dei
criminali di guerra tedeschi, ma anche dei militari italiani che si
sono macchiati di gravi crimini", durante l'occupazione dei
Balcani. Non solo Cefalonia, dunque, e non solo i tanti eccidi
commessi dai nazisti in Italia, con la complicità dei fascisti di
Salò.
Per quanto riguarda i crimini di guerra
compiuti dai soldati italiani, l'attenzione della procura militare
sarebbe focalizzata su un episodio particolarmente efferato: la
strage di 150 civili greci uccisi per rappresaglia il 16 febbraio
1943 a Domenikon. Nei pressi di questo villaggio della Tessaglia, un
attacco dei partigiani greci contro un convoglio italiano aveva
provocato la morte di nove militari. Come reazione, il generale
Cesare Benelli, ordinò una rappresaglia secondo l'esempio nazista:
centinaia di soldati circondarono il villaggio, rastrellarono la
popolazione e catturarono più di 150 uomini dai 14 agli 80 anni,
tenendoli in ostaggio fino a che, durante la notte, li fucilarono.
Quello di Domenikon, purtroppo, non restò un caso isolato: altre
località della Tessaglia e della Grecia interna furono teatro di
eccidi e repressioni da parte dei militari italiani, secondo il
principio per cui, per annientare i partigiani bisognava colpire le
comunità locali.
Dopo quello che finalmente, in anni
recenti, si è cominciato a raccontare sulla colonizzazione italiana
del nord Africa, nonostante le tante reticenze e i silenzi di
convenienza che pure permangono, sarebbe ora che si cominciasse a
fare piena luce anche sui crimini compiuti dagli italiani contro la
popolazione civile nei Balcani durante la seconda guerra mondiale.
Oltre che una doverosa opera di verità storica e di almeno parziale
riparazione nei confronti delle tante vittime innocenti
dell'occupazione italiana, sarebbe anche un modo per restituire
dignità agli altri soldati italiani, quelli che non ebbero altra
colpa se non quella di essere mandati al macello sulle montagne
balcaniche da un regime assassino e da una monarchia imbelle. C'era
“brava gente” anche tra gli italiani: basta non chiudere gli
occhi davanti alle verità scomode.
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