Intanto è crisi diplomatica tra Turchia e Israele. Tel Aviv non si scusa per il blitz, Ankara giudica "inaccettabili" le conclusione della relazione, espelle l'ambasciatore isaeliano e sospende tutti i contratti militari ed energetici.
La Turchia ha espulso l'ambasciatore d'Israele e sospeso tutti i contratti militari dopo il rifiuto del governo di Tel Aviv di scusarsi per i fatti della Mavi Marmara. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, aggiungendo la riduzione della rappresentanza diplomatica turca in Israele. La Turchia giudica "inaccettabili" le conclusioni dell'inchiesta Onu sul blitz israeliano. Davutoglu ha annunciato la sospensione anche dei contratti in campo energetico.
La Mavi Marmara al suo rientro a Istanbul nel dicembre 2010 (Foto Afp) |
Il rapporto chiesto dalle Nazioni Unite per accertare i fatti e le responsabilità di quanto avvenuto il 31 maggio 2010 durante l’attacco israeliano alla “Freedom Flotilla” diretta a Gaza, anticipato ieri dal New York Times, conferma le indiscrezioni trapelate negli ultimi tempi: i commandos israeliani hanno fatto un uso eccessivo della forza, ma il blocco navale imposto da Israele non è illegale. Inoltre, i militari israeliani intervenuti sulla Mavi Marmara hanno dovuto affrontare una "resistenza organizzata e violenta".
La nave, battente bandiera turca, faceva parte di un convoglio che intendeva rompere il blocco israeliano sulla striscia di Gaza, portando aiuti alla popolazione palestinese della Striscia. Le navi furono intercettate da un commando della marina israeliana. Nove attivisti turchi rimasero uccisi nel raid. L'incidente provocò la condanna internazionale di Tel Aviv e portò a una disputa diplomatica tra Israele e Turchia, inasprendo ulteriormente i rapporti già molto tesi dopo l’operazione militare israeliana “Piombo fuso” dell’inverno precedente contro Hamas.
Secondo la relazione, la decisione di Israele di bloccare le navi con un’azione di forza, a grande distanza dalla zona sottoposta al blocco e senza nessun avvertimento immediatamente prima dell’abbordaggio, è stata eccessiva e irragionevole. L’inchiesta condotta dall’ex primo ministro neozelandese Geoffrey Palmer, ha aggiunto tuttavia che il blocco navale era legale e appropriato, perché mirava a prevenire l'importazione di armi nella Striscia di Gaza via mare.
Il New York Times ha scritto che mentre il governo israeliano ritiene che la relazione gli renda giustizia, quello turco è furente con la conclusione sulla validità giuridica del blocco navale israeliano. Ankara insiste che non riprenderà pienamente le relazioni fino a quando Tel Aviv non si scuserà per i morti. Per il ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, il rapporto delle Nazioni Unite è l'ultima possibilità di Israele per scusarsi e che i rapporti tra i due Paesi potrebbero deteriorarsi ulteriormente. Hamas, da parte sua, condanna la relazione giudicandola "ingiusta e squilibrata". "Permetterà all'occupante [Israele, n.d.r.] di sottrarsi alle sue responsabilità," ha detto il portavoce Sami Abu Zuhri all’agenzia France Presse.
Israele, del resto, non pare avere alcuna intenzione di chiedere scusa. Il venerdì, un alto funzionario israeliano, sempre all’Afp ha detto che Israele avrebbe accettato le conclusioni del Rapporto Palmer "con specifiche riserve" e il ministero degli esteri ha annunciato che i commenti ufficiali saranno fatti dopo il rilascio ufficiale della relazione. Lo scorso mese di gennaio, l'inchiesta ordinata dal governo di Tel Aviv aveva concluso che il raid era stato legittimo secondo il diritto internazionale, ma queste conclusioni erano state respinte dal primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, che aveva definito il rapporto “privo di credibilità”.
L’impressione è che il “Rapporto Palmer”, voluto dal Palazzo di vetro per cercare di ricomporre il dissidio nelle relazioni turco-israeliane, in realtà potrebbe rendere la riconciliazione più difficile.
Nessun commento:
Posta un commento