martedì 26 febbraio 2013

IL TRIBUNALE INTERNAZIONALE HA CONTRIBUITO ALLA RICONCILIAZIONE IN EX JUGOSLAVIA?

Il Tribunale ha fatto il tribunale, ma non è riuscito a raggiungere le società attraversate dai conflitti. Continua il dibattito on-line promosso da Osservatorio Balcani e Caucaso in occasione del prossimo ventennale della costituzione dell'ICTY.

Qui di seguito una prima sintesi della discussione di Andrea Rossini dal sito dell'Osservatorio.


“L'obiettivo principale del Tribunale dell'Aja non è la riconciliazione” (Lejla). “Il Tribunale deve portare di fronte alla giustizia presunti autori di gravi crimini e processarli in maniera equa” (Tolbert). “Un tribunale è un tribunale” (Vukušić).
Avendo riconosciuto tutto questo, è ancora possibile chiedersi se questo tribunale ha aiutato la riconciliazione o se i processi che vi si sono tenuti hanno aperto la strada ad un percorso di riconciliazione in ex Jugoslavia?
“Ovviamente nessun tribunale penale internazionale può portare la riconciliazione ad un'intera regione dopo anni di una guerra fratricida e violenta” (Irene). “Un numero limitato di processi penali, da soli, non possono avere come conseguenza la riconciliazione in una regione attraversata da profondi conflitti” (Tolbert). “Sarebbe troppo aspettarsi che il Tribunale dell'Aja possa anche portare la riconciliazione” (Moratti).
Tuttavia, “certamente questi procedimenti possono aiutare a creare un archivio per affrontare il passato” (Tolbert) e “dal momento che il Tribunale dell'Aja ha giudicato così tanti politici e militari di alto grado, ha certamente aiutato ad aprire la strada per la riconciliazione” (Lejla).

Nel nostro sondaggio, ad oggi il 57% ha dichiarato che il Tribunale non ha contribuito al processo di riconciliazione in ex Jugoslavia, mentre il 40% è di opinione contraria (3% indecisi). Nel dibattito, tuttavia, alcuni hanno escluso la possibilità di valutare il lavoro del Tribunale in termini di riconciliazione nel Sud Est Europa, pur ammettendo il ruolo di una corte penale all'interno di un processo di giustizia transizionale.
Una parte della confusione potrebbe derivare dal modo in cui il Tribunale dell'Aja è stato presentato alle società coinvolte nei conflitti, e alle aspettative che sono state create: “Naturalmente gli avvocati, i giudici e quanti altri abbiano lavorato per il Tribunale hanno fatto del loro meglio, comprendendo le aspettative limitate che si possono avere nei confronti di un sistema penale. Il Tribunale dell'Aja, però, non è stato venduto in questo modo al pubblico della ex Jugoslavia” (Donovan).

Anche il concetto di riconciliazione, del resto, è problematico.

“Come vogliamo definire la riconciliazione in società che devono affrontare un passato così problematico? Il fatto di cercare di avere gli stessi legami culturali, sociali e di amicizia come prima delle ostilità? Che ci chiediamo scusa gli uni gli altri e andiamo avanti? Come?” (Lejla).
Clark dà una definizione di riconciliazione nel suo testo di apertura del dibattito, come anche Hodžić, negando che un tale processo [di riconciliazione] si sia ancora manifestato in ex Jugoslavia. Alcuni nel dibattito hanno fatto riferimento a forme di “memorie condivise” (Eugenio). Altri hanno sottolineato le dinamiche esistenti tra processi individuali e collettivi. La giustizia penale si occupa di singoli individui, e anche la riconciliazione è considerata da molti come una questione puramente individuale. Entrambe queste categorie, tuttavia, in contesti di post conflitto trascendono la dimensione individuale per andare verso una collettiva, e possono aiutare a colmare la distanza esistente tra narrazioni del passato completamente divergenti. “Il corso della riconciliazione può andare dal livello individuale a quello collettivo. La differenza principale è che la giustizia produce una qualche forma di vittoria, la riconciliazione invece produce una narrazione, o una sequenza di verità esistenziali” (Miki).
La categoria della “narrazione” ci porta più vicini ad un'idea di riconciliazione come “confronto con il passato” (Jaspers, Arendt). Molti interventi in questo dibattito sembrano concordare con il fatto che il ruolo di una corte penale avrebbe dovuto essere complementare ad altre istanze, per consentire una partecipazione più ampia alle vittime e in generale alle società attraversate dai conflitti. Strumenti di questo tipo, tuttavia, quali ad esempio Commissioni per la Verità e la Riconciliazione, non si sono affacciati allo scenario del dopoguerra nei Balcani. Perché questo non è avvenuto in ex Jugoslavia e il Tribunale è rimasto solo nello sforzo di affrontare il passato?

Secondo alcuni “per un lungo periodo, in Bosnia c'era l'impressione che il Tribunale dell'Aja e le Commissioni per la Verità fossero in competizione”, e “il Tribunale si è presentato come l'unica organizzazione incaricata di affrontare il passato, frustrando de facto altri sforzi che avrebbero potuto essere complementari al suo lavoro aumentandone l'efficacia” (Moratti).
Tuttavia, quale dovrebbe essere il rapporto tra giustizia penale e altri strumenti di confronto con il passato? Il sopravvissuto di un campo di concentramento in Bosnia Erzegovina è intervenuto esprimendo un chiaro punto di vista contro eventuali strumenti extra giudiziali di confronto con il passato: “Se 15 anni fa avessimo avuto una Commissione per la Verità che avesse potuto anche solo discutere la possibilità di un'amnistia, credo che questo avrebbe minato alla base il lavoro del Tribunale e Milošević, Mladić e Karadžić molto probabilmente non sarebbero mai finiti all'Aja. La natura della guerra, inoltre, sarebbe ancora più contestata di quanto non lo sia oggi. La nostra arma più forte sono i fatti, non la giustizia. Nel nostro caso, la ex Jugoslavia, sembra che non siamo ancora pronti per una Commissione per la Verità e la Riconciliazione e nei momenti immediatamente successivi al conflitto non ci potevamo permettere nessun rischio” (Pervanić). Il sopravvissuto di un altro crimine di guerra in ex jugoslavia ha invece parlato dell'importanza del riconoscimento del crimine, e dei suoi autori, da parte di una corte, anche se si è trattato di una corte locale e non del Tribunale dell'Aja (Zanotti).

Ma il Tribunale dell'Aja è stato davvero “territoriale” nell'affrontare il passato della ex Jugoslavia? Venti anni dopo la sua creazione, se i fatti accertati nei processi che vi si sono tenuti hanno aperto la strada alla riconciliazione, quando dovrebbe cominciare questo processo? Potrebbe essere lo stesso Tribunale, alla fine del suo mandato, ad innescare questo processo di riconciliazione? Le iniziative della società civile dovrebbero avere maggiore spazio (e fondi)? Come la verità giudiziaria può diventare verità storica?
Alcuni partecipanti al dibattito hanno già cominciato a postare proposte, ad esempio quella del rafforzamento delle strutture regionali per la comunicazione tra il Tribunale e il pubblico (outreach, Lejla) o di sostenere processi di elaborazione del conflitto in spazi pubblici adeguati (Seka). Continuate a inviare le vostre proposte. C'è tempo fino al 5 marzo prima della pubblicazione dei rilievi conclusivi da parte di Clark e Hodžić. Osservatorio presenterà infine i risultati del dibattito al Tribunale dell'Aja.

Nel frattempo, ringraziamo tutti quelli che finora hanno condiviso le proprie opinioni, esperienze, memorie.


Il dibattito prosegue fino al 5 marzo ed è aperto a tutti. Basta andare sul sito di Osservatorio Balcani e Caucaso e scrivere il proprio intervento.


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