domenica 10 febbraio 2013

IL "GIORNO DEL RICORDO" PER CONDIVIDERE ANCHE LE STORIE DEGLI ALTRI

Oggi è stato celebrato il Giorno del ricordo istituito nove anni fa per commemorare le vittime dei massacri delle foibe e dell'esodo della popolazione italiana dall'Istria e dalla Dalmazia dopo la fine della seconda guerra mondiale. La tragedia degli "infoibati" e le drammatiche vicende accadute sul confine orientale durante l'ultima fase della seconda guerra mondiale e negli anni immediatamente successivi sono stati prima oggetto di  un tentativo di rimozione dalla memoria storica del nostro Paese, e poi sono divenuti terreno di polemica politica troppo spesso piegata alla ragioni della propaganda.
La "pulizia etnica" (nozione per altro oggetto di controversie tra gli storici) di cui, tra il 1943 ed il 1945, furono vittime gli italiani (indipendentemente dal fatto che fossero fascisti o no), non va taciuta nella sua realtà e nelle sue dimensioni, ma va anche inquadrata nella contesto della politica che il Fascismo attuò nell'Italia orientale fin dai primi anni '20 e poi dell'occupazione nazi-fascista durante la guerra. Non per giustificare o sottacere, ma per comprenderne fino in fondo i caratteri e le conseguenze.
Il 10 febbraio dovrebbe servire, quindi, a ricordare tutto quello che accadde, senza rimuovere quello che da fastidio. Solo così si rende il giusto tributo alle vittime (a tutte le vittime), se ne onora la memoria e si aiuta la riconciliazione creando i giusti presupposti perché tutto ciò non succeda mai più.
Per cercare di andare oltre la pur doverosa commemorazione delle vittime di quelle tragiche vicende vi segnalo, quindi, l'intervista a Melita Richter, sociologa, saggista, mediatrice culturale, studiosa della realtà balcanica e della questione del confine tra Italia e Balcani, che realizzai per Radio Radicale in occasione della Giornata del ricordo di tre anni fa: un'interessante e utile riflessione sulle memorie individuali e sulla necessità di ascoltare e condividere anche le storie "degli altri".




A corredo di questo post ho deciso volutamente di usare la famosa foto mostrata da Bruno Vespa lo scorso anno nella puntata di Porta a Porta dedicata alle foibe e presentata come l'immagine di un plotone di militari jugoslavi che fucila dei civili italiani. Si tratta, al contrario, di militari in divisa italiana, facilmente riconoscibile, che fucilano alla schiena un gruppo di civili. Una foto che documenta le efferatezze commesse dalle nostre forze armate durante l'occupazione della Jugoslavia, dal maggio 1941 al settembre 1943. Per la cronaca la foto fu scattata a Dane, in Slovenia, il 31 luglio1942 e le vittime sono: Franc Žnidaršič, Janez Kranjc, Franc Škerbec, Feliks Žnidaršič e Edvard Škerbec. Va detto che Vespa non è stato l'unico a utilizzare questa immagine in maniera distorta: molti siti Internet, blog, articoli di giornale e manifesti commemorativi di vari comuni italiani hanno usato e usano la medesima immagine associandola alla tragedia delle foibe e al dramma dell'esodo delle popolazioni italiane di Istria e Dalmazia, invece che ai crimini di guerra commessi dai militari e dai fascisti italiani.


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