Ahmet Davutoglu (Foto: Reuters) |
Di Marina Szikora [*]
In vista della visita ufficiale del
ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, a Belgrado, l'analista
politico serbo Miloš Marković commenta che questo e' un tentativo
di Ankara, dopo una serie di fallimenti in Medio Oriente, di
guadagnare punti almeno nei Balcani, dove la Turchia, negli anni
precedenti, aveva ottenuto successi significativi. In questo suo
commento pubblicato nel settimanale Nedeljnik, con il titolo "La
Serbia come l'ultimo asso turco", Marković indica che dopo
l'elezione di Tomislav Nikolić a presidente della Serbia e
nonostante l'evidente interessamento mediatico per la Turchia e
frequenti critiche nei confronti di questo paese, le relazioni
serbo-turche non hanno subito nessun danno. Dopo voti negativi dovuti
al fallimento nella crisi siriana, Davutoglu ha bisogno almeno di un
successo per presentarsi al premier Erdogan, prosegue l'analista
serbo sostenendo che questo successo il ministro turco forse lo
potrebbe trovare proprio in Serbia. "Si potrebbe pensare che la
Turchia dopo un intero anno di passivita', nuovamente, a grandi
porte, torna nei Balcani Occidentali", scrive Marković.
Secondo questo osservatore politico,
per il ministro degli Esteri turco la posta in gioco sono anche le
prossime elezioni presidenziali in Turchia nel 2014 quando si attende
la vittoria di Erdogan, mentre Davutoglu potrebbe aspirare
all'incarico di premier. Va ricordato che anche se il progetto del
ministro degli Esteri turco era quello del "2012 anno della pace
nei Balcani", il che doveva potenziare l'importanza della
diplomazia turca nella regione e in qualche modo ufficializzare il
ruolo chiave della Turchia, nel mirino delle attivita' del ministro
degli Esteri turco l'anno scorso si e' trovato pero' del tutto il
Medio Oriente, vale a dire la crisi siriana. Ma tuttavia, la Turchia
non e' scomparsa dai Balcani e adesso i Balcani potrebbero tornare
nel centro dell'attenzione della politica estera turca. Dall'altra
parte, l'anno scorso, vi e' stato un numero significativo di
convegni, conferenze, articoli giornalistici che hanno dimostrato un
evidente interessamento in Serbia per la politica estera turca, tra
questi anche una conferenza parallela dedicata alla politica estera
turca svoltasi a Belgrado e a Banja Luka, capitale della Republika
Srpska (l'entità serba della Bosnia Erzegovina), lo scorso novembre.
Secondo l'analista Marković, i buoni
conoscitori della scena politica turca difficilmente trascureranno il
fatto che la Serbia con il Partito del progresso, il partito del
presidente Nikolic, che ha preso le distanze dal passato estremista,
ha una formazione politica che ricorda moltissimo l'avvicinamento di
Erdogan e Gul (l'attuale presidente turco) ai circoli politici
influenti e alla lobby ebraica di Washington per poi rompere il lungo
legame con il suo mentore islamista, Necmetin Erbacan. Con la
politica verso la Siria, Ankara in modo significativo ha limitato il
suo spazio di manovra e si e' confrontata non soltanto con il
presidente siriano Assad, bensi' anche con i Paesi quali la Russia,
l'Iran, la Cina e l'Iraq che hanno le loro ragioni per cui vogliono
ostacolare o almeno rinviare la caduta del regime di Assad. Quando si
tratta della possibilita' di un riorientamento economico-politico
della Turchia su altre regioni, senza dubbio, oltre la crisi in
Siria, il maggiore ostacolo e' la "lettura" curda della
primavera araba, conclude Marković e afferma che una tale mossa
potrebbe ancora maggiormente accelerare l'ulteriore escalation della
questione curda nella regione. Va precisato che l'autore di questo
commento che volevamo illustrarvi in questa trasmissione e'
collaboratore del Centro europeo per la cooperazione regionale e si
occupa di politica estera turca nonche' di vita politica in Turchia.
[*] Corrispondente di Radio Radicale.
Il testo è tratto dalla corrispondenza per la puntata di Passaggio aSud Est andata in onda giovedì 7 febbraio a Radio Radicale.
Nessun commento:
Posta un commento