Foto Petar Petrov/AP |
La Bulgaria è in piena crisi politica
e sociale, con le piazze piene di cittadini arrabbiati e il governo di centrodestra di Boiko
Borisov che ha finito anzitempo il suo mandato rassegnando le
dimissioni la scorsa settimana. Venerdì il presidente della
repubblica, Rosen Plevneliev, come stabilito dalla Costituzione, ha
consultato tutti i partiti rappresentati in Parlamento per costituire
un governo incaricato della normale amministrazione. Solo il
movimento di estrema destra Ataka ha boicottato l'incontro con il
capo dello Stato. La Costituzione obbliga il presidente a dare prima
il mandato al partito di maggioranza e, se questo rifiuta, al secondo
partito. Nel caso di ulteriore rifiuto, il presidente deve nominare
un governo tecnico, che non può durare più di due mesi, e fissare
la data delle elezioni anticipate. Il Gerb ha rifiutato di formare un
governo e Borisov ha invitato i due principali partiti
dell'opposizione, il Partito socialista e il Movimento turco per i
diritti e la libertà, a formare loro il governo.
Anche la Bulgaria risente della crisi
economica globale, con una crescita rallentata, stipendi e pensioni
basse, disoccupazione e nessuna soluzione concreta al problema della
diffusissima corruzione. Per questo le proteste di piazza, iniziate
per manifestare contro l'aumento della bolletta elettrica, si sono
quasi subito allargate alla politica economica del governo. Ieri per
le strade di Sofia, oltre 100mila persone hanno dato vita a una nuova
massiccia manifestazione. Lo stesso Plevneliev è sceso in piazza per
parlare ai dimostranti, ma le urla e la tensione che si è creata
nella folla lo hanno consigliato di non tentare oltre. Alcuni
osservatori fanno notare che per ora le varie anime dell'indignazione
popolare non sono però riuscite a trovare elementi comuni capaci di
dare unità al movimento di protesta.
Una situazione, dunque, niente affatto
semplice che non promette di chiarirsi nemmeno andando alle elezioni
anticipate che sembra ormai dovrebbero tenersi ad aprile. Il Paese
rischia quindi di avvicinarsi a questa scadenza senza una prospettiva
chiara e credibile per superare la crisi e mettere mano ai problemi
che l'ex premier Borisov si è dimostrato incapace di risolvere
nonostante le tante promesse che lo avevano fatto eleggere quasi “a
furor di popolo”. Oggi di quel furore, di segno opposto, è
diventato lui stesso un bersaglio.
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