Europeisti serbi sostenitori di Tadic (Foto Maitresinh/Flickr) |
La decisione era attesa a Belgrado anche se il primo commento a caldo del presidente Boris Tadic è stato improntato all'understatement: si tratta di un riconoscimento “non epocale, ma grande. Sarà epocale quando avremo compiuto i due passi restanti, quando avremo la data di inizio dei negoziati e quando entreremo a far parte dell'Ue". Questo primo passo, tuttavia, assume particolare importanza in chiave elettorale, per l'attuale leadership democratica guidata dal presidente Tadic che affronterà le elezioni legislative di maggio e che attualmente si trova in svantaggio, stando ai sondaggi, rispetto al partito conservatore di Tomislav Nikolic. Forse per questo Tadic ha voluto rivolgere le sue “congratulazioni a tutti i cittadini della Serbia” che “hanno sopportato il peso delle riforme strutturali del nostro Paese per divenire più democratico e per una società basata sulla legalità, nella quale sono confermati il rispetto dei diritti umani e delle minoranze, così come i valori europei”. Secondo il capo di stato serbo la candidatura all'adesione all'Ue “condurrà innanzitutto sicurezza economica poiché il nostro Paese ora ha una garanzia che è sicuro per gli investimenti stranieri ed aumenta la possibilità dell'arrivo di nuovi investitori, di crescita di lavoro e maggiori opportunità lavorative per tutta la nostra gente”.
Il processo di integrazione europea della Serbia è legato strettamente alla normalizzazione delle relazioni con il Kosovo di cui Belgrado continua a rifiutare l'indipendenza insistendo nel fare riferimento alla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza come unico terreno per una soluzione della questione. Il recentissimo accordo con Pristina sulla rappresentanza internazionale del Kosovo (che ha spianato la strada alla candidatura all'Ue) può apparire come un ulteriore cedimento di Belgrado alle pressioni internazionali: per questo Tadic ha difeso la sua politica "sia Kosovo che Ue", finalizzata a perseguire l'obiettivo dell'adesione, senza sacrificare la battaglia contro l'indipendenza di quella che Belgrado continua a considerare una sua provincia, per quanto autonoma. “Penso che questa politica, nonostante tutte le sfide e gli ostacoli abbia passato il suo test internazionale e sono convinto che non vi sia un'altra opzione migliore”, ha detto Tadic in queste ore. “Dobbiamo prenderci cura dei nostri cittadini, dei loro standard di vita e ciò, attraverso la difesa dei nostri interessi nazionali, contribuisce alla riconciliazione politica e a procedere verso l'Unione europea per il futuro dei nostri figli”. In effetti, l'attuale situazione di crisi economica unita alla questione del Kosovo potrebbe costituire una miscela esplosiva per l'attuale fronte democratico ed europeista e regalare all'opposizione conservatrice e nazionalista i voti degli contenti e dei delusi alle prossime elezioni. [RS]
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