Dalle due parti ripetuti appelli a fare dell'incontro "la partita della pace"
Stimac: "Abbiamo una
grande chance di mostrare a tutila nostra vera natura". Mihajlovic: "Ci aspetta una
partita di calcio, non una guerra".
Una partita di calcio può avere un
forte valore simbolico. Lo sappiamo bene noi in Italia, ma c'è un
luogo, i Balcani, in cui una partita può caricarsi di ulteriori
valenze etniche e politiche. E' quanto accadrà questa sera a
Zagabria, dove la Croazia incontra la Serbia in un incontro valido
per le qualificazioni ai Mondiali di Calcio in Brasile. Sarà il
primo incontro dalla fine dalle guerre jugoslave degli anni Novanta.
Guerre che ebbero il preludio proprio a Zagabria allo stadio Maksimir
in occasione dell'incontro tra la Dinamo Zagabria e la Stella Rossa
di Belgrado.
L'episodio risale al 13 maggio 1990 e
viene considerato uno degli episodi più emblematici della fine della
Jugoslavia. I due club, tradizionalmente rivali, per anni erano stati
ai vertici del campionato jugoslavo e molto spesso si erano disputati
il titolo nazionale. L'incontro non ebbe nemmeno inizio a causa dei
disordini scoppiati sugli spalti tra gli ultras della Dinamo(i BBB,
“Bad Blue Boys”) e quelli della Stella Rossa Belgrado (Delije).
Gli scontri divampati dentro lo stadio si estesero anche fuori.Un anno dopo, nel maggio del 1991, a
pochi mesi dallo scoppio della guerra, la squadra croata dell'Hajduk
si presentò a Belgrado, per affrontare la Stella Rossa, con il lutto
al braccio in memoria dei 12 poliziotti croati uccisi sul confine con
la Serbia. Vinse l'Hajduk e fu l'ultima partita tra una squadra croata e una serba nella storia
della Jugoslavia.
Con queste premesse è evidente che
l'allarme sicurezza a Zagabria è altissimo: la polizia croata è da
giorni in regime di massima allerta e ha lavorato in cooperazione con
quella serba, mentre dalle due parti si sono moltiplicati gli appelli
per fare di questo incontro la "partita della pace". Perché
se il passato continua a pesare, e se gli ultras di entrambi i Paesi
sono stati colpiti più volte dalle sanzioni dell'Uefa per ripetuti
episodi di violenza e di razzismo, la speranza è che il match possa
segnare una svolta in positivo, in linea con la
politica ufficiale di disgelo in corso da mesi tra Zagabria e
Belgrado dopo il freddo degli ultimi mesi.
L'allenatore della Croazia, Igor Stimac, ha lanciato un appello perché i tifosi "sostengano la nazionale con amore e non con l'odio per gli avversari. Abbiamo una grande chance di mostrare a tuti, incluse la Uefa e la Fifa, quale è la nostra vera natura", ha dichiarato. "Ci aspetta una partita di calcio, non una guerra", ha detto da parte sua il collega serbo, Sinisa Mihajlovic. Il caso ha voluto che Stimac e Mihajlovic siano gli stessi che quel giorno di maggio del 1991 furono protagonisti di un acceso litigio. Stimac era il capitano della squadra croata, mentre Mihajlovic giocava nella Stella Rossa. Vennero entrambi espulsi e ancora oggi si rifiutano di rivelare cosa si dissero (l'ipotesi che circola è quella di reciproche minacce di morte). Proprio per questo si adoperano da tempo per cercare di abbassare la tensione. Tre mesi fa, per esempio, si sono presi un caffè insieme in Polonia per "chiarire un po' di cose", come ha poi detto Mihajlovic che ha poi assicurato che "quella vecchia storia oggi è storia, e basta".
Stasera le loro squadre si
incontreranno davanti ad uno stadio esaurito: 40mila biglietti
venduti in pochissimo tempo, malgrado i tifosi serbi non potranno
entrare nello stadio. Anche i posti di frontiera sono stati allertati
da giorni per bloccare gli ultras. E a Belgrado è stata rafforzata
la sorveglianza di rappresentanze diplomatiche e di "obiettivi
religiosi". La speranza è che non succeda nulla.
Diversamente, vedremo da noi per l'ennesima volta, articoli di
giornali e servizi televisivi che ci racconteranno che i Balcani non
cambiano mai, che la guerra non è mai finita e che in definitiva si
tratta di Paesi e popoli inaffidabili e pericolosi. Speriamo che
questa sera "quella vecchia storia sia storia, e basta".
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