giovedì 5 dicembre 2013

CROAZIA: IL 'SI' AL REFERENDUM E' UN 'NO' AI MATRIMONI GAY

Ma il parlamento sta per discutere una proposta del governo per la regolarizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso

Un'immagine del Pride di Zagabria dello scorso giugno
di Marina Szikora
L'esito del referendum del 1 dicembre che ha introdotto nella Costituzione la definizione del matromonio come “unione di un uomo e di una donna”, ha suscitato commenti e polemiche di ogni tipo. C'e' perfino chi ha giudicato che il solo fatto che in Croazia e' stato indetto un referendum sul matrimonio, rappresenta la sconfitta della democrazia, o che dal giorno dopo il referendum la Croazia sara' comunque un paese diverso. Ci sono poi quelli che in tutti i modi hanno cercato di difendere il diritto di ogni bambino ad entrambi i genitori, madre e padre, l'insostituibile valore della famiglia tradizionale e dell'unione tra uomo e donna come unico vero matrimonio. Quale che siano stati gli argomenti pro e contro, i cittadini croati domenica scorsa si sono recati alle urne per votare al referendum sul matrimonio, il terzo referendum nella storia della Croazia, decretando la vittoria del 'si'. Mentre i primi due referendum sono stati politici - il primo ha riguardato la decisione dei cittadini di vivere in uno stato indipendente in cui la stragrande maggioranza ha deciso a favore della Croazia libera ed indipendente, il secondo e' stato quello del 'si' all'ingresso del Paese nell'Ue - questo terzo riguardava innanzitutto il pensiero, il modo di vivere, ma per molti e' diventato anche una battaglia politica.

Il risultato, anche secondo chi vi informa, non e' una grande sorpresa, gia' i sondaggi lo annunciavano. La Croazia continua ad essere un paese tradizionalista, un paese in cui il valore della famiglia tradizionale e' ancora molto forte e in cui comunque la fede cattolica ha una prevalenza molto rilevante. Non condividerei alcune opinioni mediatiche che la Croazia del 'si' a questo referendum e' una Croazia ultranazionalista e perfino fascista. Anche queste sono delle valutazioni molto pericolose e commenti del genere sono sicuramente inutili. E' indubbiamente vero che la decisione di inserire nella Costituzione la definizione del matrimonio in quanto unione esclusivamente tra uomo e donna e' una decisione che ci allontana dai valori europei, siamo il paese ultimo entrato nell'Ue, abbiamo problemi molto piu' pesanti quali la situazione economica e il grave peso della crisi, un grande tasso di disoccupazione, non c'e' assolutamente tempo da perdere per quanto riguarda i problemi che sono davvero vitali. L'allontanamento verso posizioni di discriminazione e dove la maggioranza non rispetta ogni tipo di minoranza e' un argomento da tener ben presente e senz'altro da valutare soprattutto per quanto riguarda l'attuale governo di sinistra governato dai socialdemocratici di Zoran Milanović.

Tra i primi a commentare i risultati e' stato il capo dello stato Ivo Josipović. Secondo il presidente croato l'esito del referendum non e' una sorpresa ma senza dubbio una delusione. “Mi aspetto che questo referendum, che e' stato inutile, domani non diventi un ostacolo per la sicurezza legale e per i pari diritti delle coppie dello stesso sesso ovvero alla legge che garantira' l'uguaglianza a tutte le unioni. Spero che la nostra societa' su questo argomento sara' unita”, ha detto il presidente Josipović. Il capo dello stato croato si e' detto ancora fiducioso che il risultato del referendum non porti a nuove divisioni nella societa' croata, atteggiamenti ostili verso quelli che sono diversi poiche' l'esaurimento nelle divisioni ideologiche non va bene, ci sono molte questioni piu' importanti, soprattutto quelle economiche. Per la ministro degli esteri croata Vesna Pusić si tratta di un campanello d'allarme poiche' il solo 35% che ha riconosciuto nella domanda referendaria una discriminazione nascosta e un attacco alla liberta' di ogni cittadino e' una percentuale insufficiente ed invita a molto lavoro e molta riflessione.

Tutto sommato, i valori tradizionali hanno prevalso contro gli appelli del governo, del presidente della Repubblica, di una larga parte dei media croati, del mondo accademico che nel poco tempo quanto e' durata la campagna referendaria hanno incitato i cittadini ad esprimersi contro questa forma di discriminazione e di divisione. Va sottolineato che l'iniziativa dell'associazione 'Nel nome della famiglia', promotore di questo referendum, ha avuto un forte appoggio da parte della Chiesa cattolica croata. Vi e' stato un esplicito invito dei vescovi alle omelie domenicali ai fedeli di esprimersi a favore della definizione cristiana del matrimonio. Resta pero' il dubbio della legittimita' democratica del referendum poiche' il tasso di affluenza e' stato molto basso anche se questo fatto pero' non compromette la validita' dato che non era richiesto nessun quorum. Stesso allora si potrebbe giudicare per quanto riguarda il precedente referendum sull'ingresso della Croazia all'Ue che ha avuto altrettanto un'affluenza alle urne molto bassa. Dal governo croato arriva pero' un altro tipo di risposta: una precisazione che tra brevissimo, vale a dire il 6 dicembre si conclude il dibattito sulla Proposta della legge sulle unioni civili tra le persone dello stesso sesso. La proposta andra' quindi nella procedura del governo e cio' vuol dire che il tema si potrebbe trovare in Parlamento ancora prima della pausa invernale che inizia il 15 dicembre, ha detto il ministro della pubblica amministrazione Arsen Bauk, responsabile della regolamentazione per le unioni dello stesso sesso. La futura legge prevede che alle coppie siano garantiti tutti i diritti di quelle sposate, ad eccezione dell'adozione dei figli.

Il testo è tratto dalla corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 5 dicembre a Radio Radicale


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