Ma la scarsa affluenza alle urne
dimostra che per i croati i problemi maggiori sono altri
Come ampiamente previsto e
preannunciato dai sondaggi, ieri la Croazia con un referendum ha
approvato una modifica della Costituzione che di fatto impedirà in
futuro l'introduzione di una legge che legalizzi le unioni tra
persone dello stesso sesso. Il 66% circa di coloro che si sono
recati alle urne ha risposto "sì" alla proposta di
inserire nella Costituzione della definizione del matrimonio come
"l'unione tra un uomo e una donna". La decisione del
parlamento di convocare un referendum sul tema era arriva su
richiesta del gruppo conservatore "In nome della famiglia"
che ha raccolto oltre 700mila firme di cittadini.
A favore della proposta si erano
schierati, oltre alla Chiesa cattolica, le minoranze religiose
ortodosse e islamiche e i partiti del centro-destra. L'obiettivo dichiarato era quello di bloccare
l'intenzione del governo di centro-sinistra di presentare in
parlamento una legge sulle coppie omosessuali. Contraria, invece, la
maggioranza di centro-sinistra che sostiene il governo: il premier,
Zoran Milanovic, aveva definito questo referendum "triste e
insensato". "Spero che sia l'ultima volta che organizziamo
un voto simile, in questa maniera e su questo argomento", aveva
detto alla vigilia il primo ministro.
Gli attivisti per i diritti civili si
dicono preoccupati per l'ampia vittoria del fronte conservatore. "Si
tratta di un passo pericolo per la società, perché un istituto
democratico è stato utilizzato per nuocere alla democrazia", ha
dichiarato Zoran Pusic, personalità di riferimento della società
civile progressista. “Questo emendamento è contro lo spirito della
Costituzione che dovrebbe proteggere e garantire l'uguaglianza, la
libertà e la giustizia", ha aggiunto, facendo notare che
l'esito del referendum colpisce i diritti di una minoranza che da
parte sua invece non minaccia i diritti delle altre. "Questo
referendum è un passo indietro, chi ha votato 'sì' l'ha fatto per
sottrarre ad altre persone i loro diritti", si indigna Dragan
Zelic, militante dei diritti civili.
A guardare i numeri del voto, però si
possono fare anche delle altre considerazioni. Ieri si è recato alle
urne il 38% degli aventi diritto che erano circa 3,8 milioni: in
termini assoluti significa meno di un milione e mezzo di persone. Il
67% ha votato “sì”, ovvero circa 965 mila persone, cioè circa
250 mila in più di coloro che avevano sottoscritto la richiesta di
referendum. L'affluenza ai seggi è stata inferiore a quella già
bassa registrata in occasione del referendum sull'adesione all'Unione
Europea che fu del 43%. E' evidente che la gente è concentrata su
altri problemi, innanzitutto quelli economici, probabilmente. Dunque,
se da un lato la mancanza del quorum blocca la possibilità di
introdurre il matrimonio gay e l'esito del voto conferma che la
Croazia resta un Paese cattolico e conservatore, dall'altra è lecito
chiedersi fino a quando?
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