lunedì 2 dicembre 2013

CROAZIA: AL REFERENDUM VINCE IL “NO” AI MATROMONI GAY

Ma la scarsa affluenza alle urne dimostra che per i croati i problemi maggiori sono altri

Come ampiamente previsto e preannunciato dai sondaggi, ieri la Croazia con un referendum ha approvato una modifica della Costituzione che di fatto impedirà in futuro l'introduzione di una legge che legalizzi le unioni tra persone dello stesso sesso. Il 66% circa di coloro che si sono recati alle urne ha risposto "sì" alla proposta di inserire nella Costituzione della definizione del matrimonio come "l'unione tra un uomo e una donna". La decisione del parlamento di convocare un referendum sul tema era arriva su richiesta del gruppo conservatore "In nome della famiglia" che ha raccolto oltre 700mila firme di cittadini.

A favore della proposta si erano schierati, oltre alla Chiesa cattolica, le minoranze religiose ortodosse e islamiche e i partiti del centro-destra. L'obiettivo dichiarato era quello di bloccare l'intenzione del governo di centro-sinistra di presentare in parlamento una legge sulle coppie omosessuali. Contraria, invece, la maggioranza di centro-sinistra che sostiene il governo: il premier, Zoran Milanovic, aveva definito questo referendum "triste e insensato". "Spero che sia l'ultima volta che organizziamo un voto simile, in questa maniera e su questo argomento", aveva detto alla vigilia il primo ministro.

Gli attivisti per i diritti civili si dicono preoccupati per l'ampia vittoria del fronte conservatore. "Si tratta di un passo pericolo per la società, perché un istituto democratico è stato utilizzato per nuocere alla democrazia", ha dichiarato Zoran Pusic, personalità di riferimento della società civile progressista. “Questo emendamento è contro lo spirito della Costituzione che dovrebbe proteggere e garantire l'uguaglianza, la libertà e la giustizia", ha aggiunto, facendo notare che l'esito del referendum colpisce i diritti di una minoranza che da parte sua invece non minaccia i diritti delle altre. "Questo referendum è un passo indietro, chi ha votato 'sì' l'ha fatto per sottrarre ad altre persone i loro diritti", si indigna Dragan Zelic, militante dei diritti civili.

A guardare i numeri del voto, però si possono fare anche delle altre considerazioni. Ieri si è recato alle urne il 38% degli aventi diritto che erano circa 3,8 milioni: in termini assoluti significa meno di un milione e mezzo di persone. Il 67% ha votato “sì”, ovvero circa 965 mila persone, cioè circa 250 mila in più di coloro che avevano sottoscritto la richiesta di referendum. L'affluenza ai seggi è stata inferiore a quella già bassa registrata in occasione del referendum sull'adesione all'Unione Europea che fu del 43%. E' evidente che la gente è concentrata su altri problemi, innanzitutto quelli economici, probabilmente. Dunque, se da un lato la mancanza del quorum blocca la possibilità di introdurre il matrimonio gay e l'esito del voto conferma che la Croazia resta un Paese cattolico e conservatore, dall'altra è lecito chiedersi fino a quando?

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